Assemblea sulle rinnovabili gremita, sul tavolo il nodo delle “aree idonee”

Contestazione degli agricoltori, “Sì transizione ma non sacrificando terreni fertili”

Firenze – Assemblea pubblica alla sede del circolo Arci in via Maccari, Isolotto. Sala stracolma, gente che assiste da fuori, guardando attraverso i vetri delle finestre. Oggetto, la legge regionale che dovrà essere approvata entro gennaio  sulle aree idonee agli impianti rinnovabili. Una legge che, pur registrando “la buona volontà della Regione”, per le 18 associazioni presenti all’incontro e per le decine di cittadini, è ancora troppo timida. In particolare, di fronte allo scorrere inesorabile del tempo che ci rimane per fare qualcosa, se non arrestare, l’ora X che ci porta verso la catastrofe ambientale. Evidente che la lunga ombra degli incendi californiani si riflette anche sull’assemblea dell’Isolotto, con tutto il suo carico di preoccupazione per il futuro. Del resto, come dice il presidente regionale Fausto Ferruzza nel suo intervento d’inizio, che dà il quadro non solo di una situazione generale gravemente compromessa (il 2024 è ufficialmente il primo anno in cui a temperatura media globale ha sfondato la soglia di un grado e mezzo di riscaldamento rispetto alla temperatura media pre-industriale) ma anche dei tre punti critici della legge che il consiglio regionale va a discutere ed approvare, il vero problema è che nessuno ci aspetterà, l’urgenza è ormai la nota di fondo di qualsiasi discussione e azione. Per quanto riguarda i tre punti critici, cruciali per la transizione rinnovabile,  in vista dell’obiettivo regionale di  +4,2 GW di potenza installata al 2030,  le richieste e le proposte sono legate al tema dell’energia eolica, “che soffre di un grave ritardo sia in Toscana che a livello nazionale, a causa degli iter legislativi che arrivano fino a8-9 anni. Ènecessario invece contemplare anche per questa fonte aree idonee, per rendere il percorso meno contorto e accidentato di quanto non sia adesso, rispettando lo standard europeo di 18 mesi”.

La seconda proposta riguarda l’agrivoltaico, ossia l’uso di un terreno sia per realizzare attività agricole e zootecniche sia per produrre energia fotovoltaica. La richiesta è quella di una maggiore libertà, “senza ingessature in forme societarie rigide, che renderebbero sostanzialmente impraticabile la collaborazione e il rischio finanziario per un imprenditore agricolo toscano medio”.

L’ultimo punto riguarda l’installazione del fotovoltaico sui tetti. Sul punto, nessun tentennamento: va liberalizzata ovunque, rendendola obbligatoria per le coperture dei parcheggi e degli edifici pubblici, stimolando così i comuni a rivedere urgentemente i propri regolamenti edilizi.

Infine, un punto che sta diventando chiave per qualsiasi politica volta alla transizione ecologica del Paese, ovvero il ruolo, le modalità d’azione, le tutele e gli incentivi per le Cer, ovvero le comunità energetiche, che possono diventare i gangli fondamentali del nuovo meccanismo, svincoli e punti scambiatori di una sorta di rete energetica che fonda insieme varie rinnovabili per fornire non solo energia, ma anche distribuzioni e accessi più equi alle comunità.

Fra i temi toccati da Ferruzza nell’aprire la discussione, anche il punto sull’accelerazione, inevitabile vista l’urgenza. Accelerazione che “non deve essere intesa come deregolamentazione, ma come urgenza dell’agire collettivo. non si tratta neppure di aggressione all’agricoltura, ma di aiutare anche l’agricoltura”, che, del resto, è una delle prime vittime del cambiamento climatico in atto.

Un punto tuttavia su cui le tensioni non mancano. Un gruppo di agricoltori della Val di Cornia ha infatti messo in scena una contestazione con tanto di striscione e anche qualche surriscaldamento degli animi, che riguarda proprio la modalità con cui si pensa, da parte di istituzioni e associaizoni, all’agrivoltaico e al fotovoltaico in generale a tema agricolo. In buona sostanza , la contestazione non nasce dalla necessità ben chiara al comitato degli agricoltori (tutti piuttosto giovani) della transizione ecologica, ma sulle modalità di attuaizone. “I progetti presentati, le ipotesi future – dicono i giovani agricoltori – riguardano ettari di terre fra le più fertili della Val di Cornia. Terre su cui abbiamo investito, abbiamo lavorato, ci stiamo creando, a dispetto dell’indifferenza di istituzioni locali e centrali, un futuro. Allora, la domanda è: perché ipotizzare o mettere in campo filari di eolico in siti fertili e di eccellenza, senza prima individuare aree dismesse, abbondonate, inadatte alla coltivazione, senza fare una massiccia operazione di fotovoltaico sui tetti delle case, delle stalle, degli annessi agricoli, prima di andare a impiantare sui terreni d’eccellenza della nostra terra?”. Non solo. Il problema riguarda anche i benefici dell’agrivoltaico. “Senza entrare troppo nel tecnico, spiegano gli agricoltori, “il problema, quando ci si trova in campo fila di pannelli con corridoi di due metri fra una fila e l’altra, è intanto l’agibilità del lavoro, poi, vista anche la mobilità dei pannelli, la dubbia utilità per quanto riguarda il raffrescamento del terreno”. I timori, d’altro canto, è che tutto vada in mano a multinazionali che innescherebbero una delle “peggiori speculazioni mai viste sul nostro territorio”, che in realtà, dicono gli agricoltori “dissidenti”, porterebbe non solo alla mutazione del paesaggio a livello fisico, ma a una mutazione più pericolosa, la mutazione di chi se ne occupa. Insomma, dal mondo agricolo che già soffre un lungo declino economico, la preoccupazione è duplice e va dal consumo dei terreni fertili d’eccellenza, al timore che lo spazio della costruzione di impianti fotovoltaici ed eolico venga occupato da grandi soggetti privati, capaci di scalzare alla base un mondo già in sofferenza.

D’altro canto, se non si vuole tradire una delle ultime occasioni per cercare di portare avanti la transizione ecologica necessaria a rallentare l’orologio del cambiamento climatico, un’alleanza fra agricoltura e fotovoltaico/eolico, è necessaria. Ne è convinto Mauro Romanelli, di Ecolobby, lunga militanza contrassegnata dalla sensibilità alle tematiche ambientali. “Bisogna riconoscere che questo testo di legge contiene alcune cose buone, come la rilevanza data alle Cer – dice Romanelli – tuttavia ci sono ancora alcuni punti in cui è necessario il miglioramento, come la questione dell’eolico. L’eolico è riciclabile al 96%, e ci sono paesi che da tempo lo utilizzano, Spagna, Grecia, Portogallo tanto per citare paesi mediterranei. E’ inaccettabile che la legge preveda che la Toscana sia al 70% non idonea all’eolico, o che l’iter burocratico per impiantare l’eolico vada dai 7 agli 8 anni, quando l’UE prevede il termine in 18 mesi. E si dichiari che non è possibile accorciarlo Tutto ciò non è coerente”. Per quanto riguarda l’agrivoltaico è senz’altro necessario che la questione vada vista con una forte partecipazione da parte del mondo agricolo. Del resto, come ricorda Gaia Pedrolli nel suo intervento, senza partecipazione è impossibile calare norme dall’alto su un territorio. Ma tuttavia, e questo è un punto decisivo, bisogna decidere da che parte stare. E gli incendi di Los Angeles sono un monito sinistro.

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