Nel mondo del cinema travolto dalla nuova supertecnologia dell’intelligenza artificiale resta irrinunciabile che alla base di tutto vi sia il talento e la creatività degli autori, che per questo lavoro devono percepire una giusta remunerazione.
La questione cruciale del rispetto del diritto d’autore nell’attività audiovisiva è stata al centro di un confronto fra rappresentanti degli autori italiani e francesi che si è svolto nell’ambito di France Odeon, il festival del cinema francese in corso di svolgimento a Firenze.
Titolo dell’incontro “Regole naturali per intelligenze artificiali. Il diritto d’autore nell’utilizzo della IA”, che intendeva fare il punto sullo stato di attuazione di cinque proposte che erano state definite in un convegno sullo stesso tema svoltosi nell’edizione 2023 della rassegna.
Eccole: 1) un obbligo generale di trasparenza nell’uso delle opere da parte dell’IA, che deve necessariamente avvenire previo consenso esplicito degli autori; 2) lo sviluppo di strumenti adeguati per garantire un’immediata identificazione delle opere create interamente o parzialmente dall’intelligenza artificiale; 3) il riconoscimento di un metodo rapido ed efficace per comunicare il rifiuto di adesione degli autori, noto come Opt-out; 4) garantire il rispetto dei diritti morali ed economici degli autori e 5) la necessità di regolamentare l’uso delle opere da parte delle piattaforme di IA.
Il direttore sezione cinema della SIAE, Andrea Marzulli, e il segretario generale della SACD, Patrick Raude hanno interloquito con i rappresentati di altre associazioni del settore: Giorgio Glaviano di WGI, Francesca Comencini di 100autori, Toni Biocca di AIDAC e Mimmo Calopresti di ANAC. Hanno partecipato anche la Presidente dell’Associazione Nazionale Autori Radiotelevisivi Linda Brunetta e il presidente di France Odeon Enrico Castaldi e il Console generale di Francia a Firenze Guillaume Rousson.Il dibattito è stato moderato dal direttore di France Odeon Francesco Ranieri Martinotti.
L’intelligenza artificiale è già fra noi ma se ne parla come se fosse uno scenario futuribile. Al contrario, la velocità con la quale si sta imponendo è tale che diventa sempre più difficile imporre altrettanto rapidamente regole e clausole normative che riescano a salvaguardare il lavoro artistico, cinematografico e musicale. Soprattutto nel momento in cui, come è stato rilevato, la sfida della IA è al centro della competizione internazionale nella quale chi è più avanzato nello sviluppo della tecnologia cerca di imporre attraverso di essa i propri valori e la volontà di potenza. La prospettiva è dunque quella di una nuova grande battaglia fra occidente e nuovo fronte russo-asiatico a colpi di algoritmi e insinuanti messaggi “dal profondo”.
C’è in primo piano anche la questione sollevata da Francesca Comencini che tutto quell’enorme materiale informativo sul quale opera l’IA solo in minima parte contiene il punto di vista femminile, storicamente prodotto com’è da mano maschile.
In questo contesto si pone la salvaguardia del diritto d’autore. Patrick Raude ha sottolineato le difficoltà della battaglia dei francesi per regolamentare riconoscimento dei diritti e trasparenza delle opere, facendo studi e controlli sulle poche normative esistenti a livello internazionale, con l’obiettivo di fornire delle linee guida generali ed efficaci. In particolare la difesa del principio che il diritto d’autore deve essere rispettato nel momento in cui le opere frutto della creatività umana sono utilizzate per “allenare” l’IA : i motori di ricerca – ha detto – devono ottenere dagli autori l’autorizzazione a usarle. Un primo passo è stato fatto dalla SACD che ha modificato lo statuto, per inserire nei contratti di cessione dei diritti e nelle licenze specifiche clausole che consentano agli autori di scegliere se opporsi o meno all’uso della loro opera da parte di sistemi di intelligenza artificiale.
Un problema complicato è infatti quello del cosiddetto opt out (punto 3) , cioè la decisione dell’autore di vietare l’autorizzazione a usare la sua opera o di ritirarla dall’IA. Più facile da regolamentare l’opt in che può essere trattato con il sistema delle licenze, fra cui per esempio il modello della cosiddetta “copia privata”. Per quanto riguarda l’identificazione delle opere create dall’intelligenza artificiale (punto 2), l’AI- Act dell’Unione europea indica linee guida su come deve essere la pubblicazione e a che livello di dettaglio. In ogni caso ci vuole una normativa contrattuale che riesca a catturare tutti gli aspetti dell’opera e del suo uso, la loro precisa identificazione e la loro protezione: clausole per il doppio riconoscimento e la remunerazione. In Francia Le Monde e altri media hanno messo in campo un fronte contrattuale comune, ma le trattative si sono arenate perché le reti hanno chiesto una formula di abbonamento annuale.
Andrea Marzulli ha ribadito il fatto che finora la formula della licenza non copriva l’uso delle opere per l’addestramento dell’IA . C’è poi la questione dell’uso dell’intelligenza artificiale da parte di un autore che ha la facoltà di usarla come assistente più che come generatrice di contenuti. In generale la licenza deve essere a tempo e la questione è sempre quella di come “far disimparare l’opera” al language model dopo che è stata usata.
Per dotare l’IA di un contesto giuridico chiaro si dovrebbe poter seguire il processo operativo, cioé identificare quali pezzi di opera vengono utilizzati e come proteggerli, ha aggiunto. Ma – ha sottolineato Giorgio Glaviano – se sotto ci sono algoritmi dei quali non si riesce a seguire il processo di elaborazione, come può essere garantita la trasparenza? (punto 1), Inoltre bisogna avere la conoscenza della creazione di valore, cioè i modelli di business delle piattaforme IA dato che c’è un flusso di denaro che ora resta sotto traccia (punto 5). Le associazioni degli autori mettono in evidenza anche il fatto che l’IA porterà inesorabilmente alla riduzione di professionisti nella realizzazione delle opere cinematografiche. Anche da questo punto di vista occorre una tutela.
Fra le novità che provengono dalla giurisprudenza internazionale la sentenza della Internet Court di Pechino che ha riconosciuto il diritto d’autore di un’immagine generata dall’intelligenza artificiale: l’“originalità” dell’immagine consta quindi nella selezioni con cui l’autore ha regolato ripetutamente i parametri per ottenere un’immagine che riflettesse la sua “scelta estetica e il suo giudizio personalizzato”. In poche parole i giudici cinesi hanno spostato l’intervento del diritto d’autore non al dopo l’uso dell’IA, ma al prima, sul modello della macchina fotografica: chi fa click è il depositario del diritto, non la foto che ha scattato. “E’ una sentenza di prospettiva”, hanno commentato gli intervenuti.
L’ostacolo per raggiungere un quadro di regolamentazione che riesca a mettere in equilibrio questi aspetti viene dalle grandi società internazionali che sviluppano l’intelligenza artificiale e che puntano a regole le più semplici e definitive possibili. Ma queste spesso vanno a danno degli autori.
In foto Francesca Comencini