Danza, Thomas Hauert: l’ospite inatteso è quello che vince

A Cango “Troglodyte – Zaungast/Zaunkoenig” del coreografo e danzatore svizzero

Firenze – Papageno è di nuovo fra noi, ma stavolta non ha bisogno di alcun strumento magico per raggiungere la felicità. All’uccellatore di Mozart basta imitare lo Zaunkoenig, il re del recinto, nome tedesco dello scricciolo che osserva, canta sul limite della staccionata e se ne va via di colpo. Quasi uno sberleffo per chi sta là, nel recinto e trova conforto nel conformismo.  

Il concetto artistico della performance “Troglodyte – Zaungast/Zaunkoenig” che Thomas Hauert ha presentato a Cango nell’ambito della rassegna “La Democrazia del corpo”, ideata e diretta da Virgilio Sieni, sta nella forza (e anche nell’accettazione della precarietà della ricerca) che porta alla  liberazione dai lacci dell’inconscio e dagli obblighi sociali. Lo scricciolo è il re degli uccelli ripudiato per la sua astuzia, come racconta la fiaba celtica recitata dall’artista, e vive nelle grotte: è il troglodita, definizione che tra gli umani ha assunto il significato dispregiativo di selvaggio e ignorante, ma che per Hauert è l’idiota di Dostoewski, l’ingenuo sapiente che osserva dall’esterno le follie umane.  Lui è lo Zaungast, letteralmente l’ospite inatteso del recinto, l’imbucato alla festa, quello che non c’entra nulla, osserva dall’esterno e non si integra con il contesto nel quale si trova.

Nel recinto infatti vige la legge della ragione, ma “la ragione non è altro che ragione e soddisfa soltanto la parte razionale della natura umana”, non può superare le pulsioni segrete della persona: è la citazione da Dostoewski (Ricordi dal Sottosuolo) che conclude la performance di Hauert, un medley multimediale di parole, danza, video e musica.  

Lo scricciolo è protagonista dei video che si alternano con la danza e i recitativi dell’artista. Dentro e fuori il recinto si svolge la performance che parte dalle note del “discorso di Yuri Gagarin” di Mauro Lanza. Il primo grande osservatore del mondo dall’esterno, l’outsider per eccellenza. Il danzatore veste un costume alla Papageno che cerca invano di avere ragione di forme euclidee che si muovono nello spazio. Quando ci riesce si trova in una posizione di discente seduto al banco di scuola, alla quale rifiuta di sottomettersi.

Preferisce andare a vedere cosa succede direttamente all’interno del recinto, che è lui stesso a crearsi, ma vi trova solo inquietudine e dramma. L’inconscio si ribella alle imposizioni razionali. La danza si fa dura e spezzata, esprime il disagio interiore. La soluzione è fare come lo scricciolo, restare sul limite del recinto e poi ritirarsi all’improvviso.

La musica accompagna le varie fasi di questo itinerarium corporis,  dapprima spezzata e inquietante poi più misurata: da Lanza e Sciarrino, a Jonny Greenwood, all’adagio della nona sinfonia di Gustav Mahler, al pezzo synth-pop dei Talk Talk, uno dei gruppi più conflittuali con le etichette discografiche, alle sonorità rarefatte create da Duval Timothy & Rosie Lowe di Gonna Be: io sarò.

Thomas Hauert, svizzero, ha fondato la compagnia ZOO a Bruxelles nel 1998. Cows in Space è stato il primo pezzo. Da allora, la sua compagnia ha creato più di 21 opere. Oltre al suo lavoro coreografico, Thomas Hauert sviluppato un metodo di insegnamento riconosciuto a livello internazionale basato sulla ricerca sul movimento condotta con tutti i membri dello ZOO. Dal 2013 è direttore artistico del Bachelor in Danza Contemporanea presso la Manufacture – Haute Ecole des Arts de la Scène di Losanna.

Foto di Bert vam Dijk

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