Per commemorare il centenario dalla nascita di Eugenio Scalfari (1924-2022), fondatore del quotidiano “La Repubblica”, il 18 ottobre 2024 si è tenuto nella magnifica Bibliothèque Historique de l’Hôtel de Ville il convegno bilingue franco-italiano “Eugenio Scalfari, le pouvoir des mots” (“Eugenio Scalfari, il potere delle parole”).
Organizzato dall’Association Italiques, il premio della quale Scalfari vinse nel 2013, e dal Comune di Parigi (Ville de Paris) il convegno è stato animato tra gli altri dagli interventi di Donata Scalfari, Walter Veltroni e Valdo Spini, presidente della Fondazione Circolo Rosselli.
La relazione di Spini, intitolata ‘Eugenio Scalfari tra politica e giornalismo negli anni Sessanta‘, ha scandagliato il ruolo di Scalfari nell’elaborazione del programma del centrosinistra in quel decennio. Non dobbiamo infatti dimenticarci che Scalfari nel quadriennio 1968-1972 fu deputato eletto nelle liste del Psi.
Nel secondo dopoguerra, Eugenio Scalfari era “un liberale di sinistra”. Nel 1955 curò gli atti del convegno La lotta contro i monopoli del gruppo “Amici del Mondo”, formato da esponenti della sinistra liberale, da ex azionisti che non avevano condiviso la scelta socialista come Ugo La Malfa e da liberal-socialisti come Guido Calogero.
Il 1955 fu un anno fondamentale anche per un altro motivo: venne infatti fondato il settimanale “L’Espresso” di cui Scalfari divenne direttore dal giugno 1963 ancorandolo al centrosinistra riformatore.
Nel frattempo Scalfari, si avvicinò al Psi e nel 1961 fu relatore del convegno dell’Eliseo (Roma, 28-29 ottobre) delle sei riviste dell’area laica e socialista attorno al tema delle “Prospettive di una nuova politica economica”. Come si può notare quindi Scalfari ebbe un ruolo chiave come punto di “sutura tra l’area laica e quella socialista” del dibattito politico facendosi portavoce di un modello di “sviluppo bilanciato” su base liberal-socialista.
In pieno boom economico (fattore che acuì lo squilibrio Nord-Sud e le migrazioni verso il Settentrione) il convegno, ricorda Spini, “preparò la svolta del governo Fanfani IV, di centrosinistra con l’appoggio esterno del Psi” i cui frutti maggiori furono “la nazionalizzazione dell’energia elettrica e la scuola media unica”. In quell’occasione i tre filoni (cattolico-democristiano, laico liberal-interventista e socialista) dimostrarono quindi di poter convergere nella richiesta di una svolta nella politica economica che utilizzasse i risultati del boom economico per riformare l’economia e la società italiana.
Nel 1967 “L’Espresso”divenne il campo di battaglia di Scalfari e di Lino Jannuzzi; spiega Spini che “avanzarono infatti la tesi della minaccia di un colpo di stato che sarebbe stata portata avanti dal comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, Giovanni De Lorenzo, in qualche modo in collegamento con l’allora Presidente della Repubblica Antonio Segni”. Condannati per diffamazione un anno dopo, sia Scalfari che Jannuzzi furono candidati al Parlamento nelle elezioni del 1968 e Scalfari divenne deputato della Camera.
Nel 1976 Scalfari fondò quindi il quotidiano “La Repubblica” nel cui nome risuonava il “giornale portoghese di orientamento socialista – “Republica” – protagonista della “rivoluzione dei garofani,” che spazzò via la dittatura Salazarista nel 1974” e che si “smarcò” dal tentativo del PC portoghese di impossessarsene. Da qui iniziò “un percorso (…) di avvicinamento di Eugenio Scalfari sul piano politico all’esperienza anche personale di Enrico Berlinguer”: molti lettori de “l’Unità” si riversarono infatti su “la Repubblica”, la quale trattava vicende del PCI in modo più “libero e spregiudicato” e in molte situazioni “la Repubblica” contò più di un partito e anzi riuscì a condizionare talvolta la linea del PCI.
In ogni caso a Scalfari rimasero sempre cari i valori del socialismo liberale: basti pensare, ricorda Spini, che per l’Ottantesimo anniversario dell’uccisione dei fratelli Rosselli, il 9 giugno 2017, Scalfari dedicò un lungo e commosso articolo sulla portata etico-politica di Carlo Rosselli e del suo Socialismo Liberale.
In breve, Scalfari, “ che aveva iniziato la sua attività politica nel secondo dopoguerra col gruppo degli “Amici del Mondo”, che successivamente era stato eletto deputato nelle liste del Psi e poi aveva fiancheggiato Enrico Berlinguer e il suo Pci impegnato nel compromesso storico, pur nella tensione tra politica e giornalismo, pur nei mutamenti profondi della politica italiana nei lunghi decenni della sua attività, ha mantenuto una fedeltà di fondo al suo filone ideale e culturale, quello liberal-interventista o, come lui stesso avrebbe poi detto, liberal-socialista”.
In conclusione Scalfari, oltre ad essere stato “un grande innovatore nel campo del giornalismo”, “dimostrò l’importanza che possono avere i media – ai suoi tempi della carta stampata – nella politica”: quella di Scalfari è un’eredità ricca di spunti nel panorama mediatico attuale, il quale nel suo essere virtuale e “social”, guarda a nuove forme di partecipazione, di comunicazione e di elaborazione politica.
In foto Eugenio Scalfari