“Parlerò, e dirò cose terribili, ma giuste. Questa volta sono venuto ben preparato, pronto
a parlare, a urlare, a interrompere, a insultare gli oratori, se qualcuno parla di altro che
non sia la pace”. Così si espresse Diceopoli, un piccolo proprietario, all’assemblea di
Atene, secondo la più antica commedia di Aristofane che si sia conservata (425 a. C.).
Da “ATENE”, di Luciano Canfora ( Ed. Laterza, 2011).
Il cibo è un’arma di guerra come missili, droni e armi nucleari. L’utilizzo del cibo come
arma può provocare innumerevoli morti tra i civili, ma a differenza delle armi nucleari,
che non sono più state impiegate dopo Hiroshima e Nagasaki, a volte viene utilizzato in
guerra. Questo è evidente in luoghi come la Striscia di Gaza, Haiti e Sudan, dove milioni di
civili sono sull’orlo della carestia. In Siria, durante la guerra civile, il regime di Bashar
al-Assad ha vietato l’ingresso di cibo nelle aree ritenute rifugio delle forze ribelli. Nello
Yemen, i combattenti hanno preso di mira la produzione agricola e ostacolato gli aiuti
umanitari.
L’uso della fame come un’arma risale a tempi lontani. Assedi in cui si sia usato il taglio
dei viveri e dell’acqua agli assediati non mancano. Qualche esempio: lo storico Giuseppe Flavio, relativamente all’assedio di Gerusalemme, racconta che la fame spingeva a mangiare roba immonda, anche le cinghie dei calzari e il cuoio dagli scudi bolliti.
Dal 408 al 410, il re visigoto Alarico pose l’assedio alla città di Roma per tre volte. La
popolazione affamata fu costretta a cibarsi di gatti, topi e cani (proprio come,
secondo Donald Trump, farebbero gli immigrati haitiani negli Stati Uniti). Si citano
anche alcuni episodi di cannibalismo.
Secondo Raul de Cahen, i Crociati facevano bollire i pagani adulti nelle marmitte,
infilavano i bambini in spiedi e li divoravano una volta posti ad arrostire.
In Ucraina negli anni 1932-33, sotto il regime sovietico, morirono per fame circa 4
milioni di persone, perché i contadini non accettavano la collettivizzazione e si
rifiutavano di consegnare allo Stato le quote di grano necessarie per sfamare le città.
1942-44: nell’assedio di Leningrado, circondata da 31 divisioni tedesche, si ebbero 1
milione di morti, 750.000 per fame.
Il nesso tra crisi alimentari e guerre è indubbiamente stretto ed è proprio il Segretario
Generale delle Nazioni Unite a osservare che nel 2016 ben dieci delle più gravi crisi
alimentari al mondo sono state fomentate da una guerra.
Tornando a noi, anche a Gaza la fame diventa un’arma. Come è noto, il 7 ottobre 2023 un attacco di Hamas ha causato l’uccisione di 859 civili israeliani, 278 soldati (307 secondo altre fonti) e 57 membri delle forze dell’ordine; circa 250 persone, sono state rapite come ostaggi. La rappresaglia di Israele per sconfiggere Hamas ha provocato stragi immense. A metà luglio, secondo il Ministero della Salute di Gaza, sono morti oltre 40.000 abitanti di
Gaza, per lo più donne e bambini, e quasi 300 operatori umanitari. Secondo l’UNWRA
1,9 milioni, circa l’80 per cento della popolazione, sono sfollati. Circa l’80 percento delle
infrastrutture civili di Gaza come case, ospedali, strutture idriche e sanitarie, è stato
distrutto o danneggiato, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Belazel Smotrich, Ministro della Finanze di Israele, ha detto che Israele sarebbe
giustificato se affamasse fino alla morte i palestinesi.
Il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant ha ordinato “un assedio completo alla
Striscia”, affermando che nell’enclave non sarebbero più stati forniti “né elettricità, né
cibo, né carburante”, mentre il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir ha
dichiarato che “nessun aiuto dovrebbe entrare a Gaza finché Hamas non libera i
prigionieri” presi in ostaggio.
Secondo le valutazioni del Famine Review Committee, la Striscia di Gaza è sull’orlo
della carestia.
Le Nazioni Unite hanno dichiarato che tra il 1° gennaio e il 15 febbraio più del 50%
delle spedizioni degli aiuti nelle aree a nord di Wadi Gaza sono state negate dalle forze
israeliane. Il 5 febbraio l’ONU ha riferito che le forze israeliane hanno sparato contro
uno dei suoi convogli che trasportavano scorte alimentari nel centro di Gaza.
Il 29 febbraio durante la distribuzione di aiuti umanitari sono state uccise 118 persone..
Lo Human Rights Watch ha detto che Israele ha “imposto una punizione collettiva alla
popolazione civile, privandola degli oggetti indispensabili alla sopravvivenza e ha
impiegato l’affamamento dei civili come arma di guerra”. Le organizzazioni umanitarie hanno lanciato un appello ai governi affinché chiedano a Israele di porre fine all’ostruzione degli aiuti. “Chiediamo un cessate il fuoco immediato e duraturo e il libero flusso di aiuti umanitari all’interno e in tutta Gaza” ha dichiarato Jolien Veldwijik, Direttore di CARE in Cisgiordania e Gaza.
L’utilizzo della fame come arma di guerra, proibito dal diritto internazionale dal 1977, è
stato definito da convenzioni, statuti e risoluzioni come crimine di guerra.
Nel 1998, lo Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale conferma che “affamare
intenzionalmente i civili privandoli di oggetti indispensabili alla loro sopravvivenza,
compreso l’ostacolare intenzionalmente le forniture di soccorso” è un crimine di guerra
(Articolo 8). Nel 2018 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato la
Risoluzione 2417 che condanna fermamente l’uso della fame come metodo di guerra. La CPI sta attualmente valutando la richiesta del procuratore di mandati di arresto per Netanyahu e il ministro della difesa israeliano, Yoav Gallant, nonché per tre alti funzionari di Hamas.
Per completare il quadro:
La segretaria generale di Amnesty International, Agnès Callamard, ha dichiarato:
“Israele deve rispettare immediatamente la risoluzione ritirando le sue forze armate dalla
Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est, annessa illegalmente, e dalla Striscia di Gaza,
occupate dal 1967. Inoltre deve smantellare gli insediamenti nella Cisgiordania,
compresa Gerusalemme Est”.
Il 18 settembre l’Assemblea generale dell’ONU ha confermato la sentenza della Corte
internazionale di giustizia secondo cui l’occupazione prolungata di parte della Cisgiordania
costituisce un’annessione di fatto e quindi una violazione del “principio di non acquisizione
di territorio con la forza”. La risoluzione chiede a Israele di porre fine, entro 12 mesi,
alla presenza illegale nel Territorio palestinese occupato, L’Italia si è astenuta..