Referendum contro l’autonomia differenziata, Toscana generosa: 60mila firme, 700 banchetti

Iniziativa pubblica il 13 settembre in occasione del Meeting antirazzista

Firenze – Raccolta firme perfetta. Anzi, entusiasmante. A dirlo, è Cinzia Niccolai, del Comitato promotore toscano del referendum abrogativo della legge sull’autonomia differenziata, ma la sensazione è generale. “Abbiamo visto persone determinate, che volevano firmare, non c’è stato neppure bisogno di invitarle a firmare: le persone erano già informate e consapevoli di ciò che è in gioco”, ovvero, secondo il Comitato (e le migliaia di cittadino che sono corsi ad apporre la propria firma) , l’unità stessa dell’Italia, il suo riconoscersi come nazione costituita da Nord, Centro e Sud. Col Sud abbandonato, se la legge passasse , al suo destino. Già, perché si sta parlando della campagna del referendum abrogativo della legge sull’autonomia differenziata, dal momento che si sta entrando negli ultimi sette giorni della raccolta firme in forma cartacea (per le firme online invece si potrà firmare sul sito referendumautonomiadifferenziata.com fino al 25 settembre) e, cogliendo l’occasione, stamane si è fatto il punto della situazione nella sede della Cgil regionale; lo stesso sindacato essendo uno dei soggetti che formano il Comitato promotore. Gli altri: Acli, Ali, Anpi, Arci, Avs, Cdc, Cgil, Cittadinanzattiva, Cnca, Legambiente, Libera, Magistratura Democratica, M5S, Pd, Prc, Sce, Uil. “Evidentemente il segnale d’allarme è molto forte e la popolazione ha risposto come doveva rispondere”, dice ancora Niccolai.

I numeri fotografano senz’altro questo senso di emergenza che sembra serpeggiare nella popolazione, perlomeno regionale: le firme cartacee raccolte in Toscana sono ad ora oltre 30mila, oltre 30mila quelle online. A livello nazionale non siamo lontani dall’obiettivo del milione di euro di firme. Grande presenza sul territorio: 600 i banchini fatti ad ora, probabile siano mille a fine campagna. .

Dal punto di vista formale, la legge sull’autonomia dovrebbe procedere alla realizzazione pratica del Titolo V della Costituzione, modificato nel 2001 dalla riforma messa in atto dalla maggioranza di centrosinistra (che dette copertura costituzionale alla svolta avvenuta negli anni ’90, prima con la L. n. 142/1990, che ha dettato il nuovo ordinamento delle autonomie locali, ma soprattutto con la L. n. 59/1997, meglio conosciuta come “Legge “Bassanini” e il successivo decreto attuativo D. Lgs. 112/1998) , che modificò l’art.5, introducendo contemporaneamente, negli articoli 116 e 117 del Titolo V, la previsione di ulteriori forme di autonomia regionale, di fatto aprendo la porta a proposte come la legge Calderoli.

“La riforma del Titolo V è una legge di riforma costituzionale molto dibattuta e infelice, diciamolo pure. Ma al di là di questo, l’applicazione della legge Calderoli scombinerebbe completamente l’assetto costituzionale, ma non solo, anche funzionale del Paese. Questa è una legge voluta per i governatori del Nord, per agevolarli e far sì che l’Italia diventi un Paese a due, anzi tre velocità, visto che il Centro non è poi così “veloce” – continua Niccolai – in realtà, ciò metterebbe in ginocchio lo stesso Nord, in quanto non sarebbe più possibile avere un rapporto con l’Europa contrassegnato da una certa autorevolezza, ritrovandoci suddivisi in 20 repubblichette, ad esempio; ma pensiamo anche a come sarebbero le leggi sui lavori pubblici, le infrastrutture, la sicurezza, l’ambiente, il commercio estero, come hanno segnalato i governatori del centrodestra del Sud. Non si tratta quindi di voler essere conservatori per quanto riguarda la Costituzione, che comunque per noi rimane il programma economico, sociale e politico più avanzato e attuale esistente; ma la nostra contrarietà è quella di chi è consapevole che la legge in questione ci farebbe precipitare indietro nella storia”.

Una battaglia, quella sostenuta dal Comitato, che si combatte su vari fronti: dal referendum, ai ricorsi presentati da 4 regioni alla Corte Costituzionale (Puglia, Sardegna, Toscana e Campania) , senza scordare che “l’Emilia Romagna che non era più in tempo, ha intentato ricorso ex art. 127 della Costituzione”.

Di “campagna mobilitante” e di legge “spacca Italia”, parla Gianfranco Francese, Cgil, già direttore dell’Ires, che, oltre a sottolineare la spontaneità dei cittadini che si sono recati a firmare e la spinta alla frammentazione del Paese che la legge comporta (“Si introdurrebbe un regime di diritti a geometrie variabili, diversi a seconda di regione”) , sottolinea in particolare la pericolosità della stessa riguardo al mondo del lavoro. “Sarebbe un salto indietro pesantissimo – spiega – rispetto anche al contratto nazionale. E’ evidente che, essendoci la possibilità di legiferare anche in questo campo, sarebbe una iattura totale; avremmo davvero un paese debole e ininfluente, poiché, mentre si sta pensando alla dimensione europea, noi torniamo ad avere un paese piccolo e regionale. Una scelta antistorica, che ci riporterebbe al 1861, prima dell’Unità d’Italia. I tentativi della destra sono quelli di edulcorare la pillola, ma registriamo che anche in quel campo qualche cervello non è andato all’ammasso , in particolare presso i governatori di centrodestra del Sud, che hanno cominciato a rendersi conto di ciò che sta per verificarsi”.

Di forte preoccupazione parla Paolo Fantappiè, segretario generale della Uil Toscana, per il quale si tratta di una legge che “riporta indietro l’Italia di 100 anni, con conseguenze devastanti su una serie di temi, come il lavoro ma anche la scuola, la sanità, gli stessi salari, argomenti che er loro natura devono avere carattere nazionale e non territoriale. E’ una legge che va a dividere l”Italia, non ad unire”. La seconda parte, dice ancora Fantappiè, è quella che concerne “portare i cittadini a votare il referendum, e votare l’abrogazione”.

Paolo Gozzani, Cgil Toscana, sottolinea un dato interessante: quello del campo largo, o meglio, del “campo costituzionale” che si è venuto a creare con il Comitato promotore. Un dato per certi versi politico, come dice Gozzani: “Abbiamo lavorato insieme con i nostri valori, quelli del soggetto collettivo, della solidarietà, sotto la chiave del lavorare insieme per il bene comune. Una pratica che ha preso il via, positiva, da perseguire”.

Stefania Lio, vicesegretaria regionale del Pd, non ha dubbi: la legge va bloccata. “Si tratta di un provvedimento antistorico, sconveniente e ingiusto – dice – antistorico innanzitutto perché, come abbiamo visto, lo stesso PNRR va verso la coesione territoriale; sconveneinte perché è un provvedimento che crea venti piccole Italie, e quindi colpisce anche la competitività del nostro Pese, su uno scenario di integrazione globale, mentre va a inficiare politiche strutturali, ambientali, del lavoro, come è evidente sulla sicurezza;, oltre alla regionalizzazione dei contratti. Inaccettabile. Il provvedimento è profondamente ingiusto , perché già siamo in una situazione di forte divario territoriale e questa legge va ad ampliare e rafforzare le disuguaglianze fra cittadini e divari territoriali fra le Regioni, il che crea cittadini di serie A e di serie B, mentre nella nostra Costituzione. c’è scritto tutt’altra cosa”.

Occorre tuttavia, proprio sulla scorta di questa decisa (senza se e senza ma, si sarebbe detto una volta) presa di posizione del Pd di Schlein, ricordare che pesa un’altra presa di posizione, o meglio condotta politica tenuta nel 2001, ovvero il sostegno alla riforma già ricordata che aprì una porta nella formulazione degli articoli 116 e 117 Cost, e anche la presa di posizione, che in epoche più recenti apparve tuttavia altrettanto decisa, di due presidenti di regione governate dal centrosinistra, ovvero Giani e Bonaccini; favorevoli entrambi; in particolare l’Emilia Romagna, che con Veneto e Lombardia, già nel 2018 , governo Gentiloni, a tre giorni di distanza dalle elezioni politiche, firmarono una prima intesa di più larga competenza; nel maggio del 2019, il governo Conte 1 stipulò separatamente, con le tre regioni, un’ulteriore bozza di intesa che riguardava il dettaglio delle competenze fornite; nel febbraio 2020, il governo Conte 2 integrò con nuove materie l’intesa raggiunta con le tre regioni, come ha ricordato anche su queste pagine  Beniamino Deidda, già Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Firenze (https://www.thedotcultura.it/autonomia-differenziata-perche-il-ddl-calderoli-e-incostituzionale/) . Insomma, l’autonomia sembra avere molti padri, citando sempre Deidda, e non solo dalle parti della Lega e di Fratelli d’Italia (tralasciando l’atteggiamento paradossale dei “patrioti ” del tricolore, che tuttavia badano piuttosto a portare a casa la riforma sul premierato, portatrice d’altra parte di un afflato di accentramento del potere che va in contraddizione a sua volta con l’autonomia differenziata di stampo leghista).

Sulla questione interviene Francese, che ricordando che “non tutti quelli che fanno parte del Comitato erano a favore delle posizioni espresse a quel tempo dal centrosinistra, anzi, una buona parte non le condividevano affatto, anzi , ritenevano quella ipotesi di riforma un’ipotesi che inseguiva la retorica federalista”, tuttavia dice anche che “negli anni questo tema è rimasto sempre carsico, che compariva e riscompariva a seconda delle stagioni politiche, fino a quando è stato riproposto”. Sull’onda di una maggioranza strabordante della Destra, però. “Un elemento che ha prodotto, anche rispetto a una discussione ante Meloni, un’accelerazione e un approfondimento sugli elementi secessionisti, che non era stata spinta fino in fondo, fino a quel momento. Nel momento in cui la discussione viene portata alle estreme conseguenze, che da questo punto di vista va anche oltre le teorizzazioni del professor Miglio, primo teorico e ideologo della Lega, diventa un elemento di recupero di consapevolezza anche di quelle regioni a guida del centrosinistra che si erano mostrate in qualche modo aperte rispetto alla possibilità di una legiferazione concorrente; ma qui il tema non è più la legiferazione concorrente in quanto tale; il tema è quello che questa norma, così com’è, con quella dei Lep, una semplice indoratura della pillola, fa riferimento, anche per quanto riguarda la determinazione dei livelli essenziali, alla spesa storica delle regioni. Ciò significa inchiodare le regioni alle loro attuali fotografie. Significa che le regioni in difficoltà vedrebbero consolidato il disagio. Ciò costruirebbe una situazione di variabilità e mancanza di universalità dei diritti e di implementazione della disuguaglianza”.

Presenti all’incontro anche Daniela Lastri e Simone Ferretti, Intanto, il 13 settembre, in occasione del Meeting antirazzista al parco della Cecinella a Cecina Mare, è prevista dalle 17 alle 19 una iniziativa pubblica del comitato promotore col presidente della Regione Toscana Eugenio Giani a Cecina Mare (interverranno anche Rossano Rossi, Segretario Generale CGIL Toscana; Daniela Padoan, Presidente Libertà e Giustizia; Luca Pizzuto, Consigliere Regionale Sardegna Capogruppo Sinistra Futura; Federico Amico, Consigliere Regionale Emilia Romagna Partito Democratico; Irene Galletti, Consigliera Regionale Toscana Movimento 5 Stelle; Carlo Testini, Arci Nazionale; Walter Massa, Presidente Arci Nazionale), cui farà seguito la sera stessa una manifestazione-spettacolo con il concerto di Babbutzi Orkestar e Matrioska. .Le firme sufficienti per l’indizione del referendum sono state già raggiunte nelle scorse settimane: nel corso dei prossimi mesi si continuerà a mantenere il filo del dialogo aperto con cittadine e cittadini attraverso iniziative, convegni e appuntamenti, perché “l’obiettivo al referendum dell’anno prossimo sarà portare un numero di persone sufficienti per il quorum e vincere”.

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