Chi sono i padroni del mondo? Se qualcuno avesse ancora qualche dubbio, non ha che da leggersi l’ultimo saggio del professore Alessandro Volpi, economista, docente di storia contemporanea all’Università di Pisa, esperto in particolare di tematiche finanziarie. Il suo libro, intitolato “I padroni del mondo” fa emergere in modo semplice e comprensibile il meccanismo che ha portato un ristretto numero di soggetti a tenere in mano non solo le sorti economiche, ma anche le politiche interne degli Stati e lo stesso assetto internazionale. Un libro necessario, da tenere a portata di mano, per comprendere le vicende contemporanee, soprattutto qualora risultassero, per occhi ancora abituati a pensare al mercato e alle leggi classiche dell’economia reale, incomprensibili. Abbiamo raggiunto il professor Volpi cercando di mettere in luce alcuni punti, fra i vari snodi del libro, che rappresentano passaggi obbligati per chi vuole leggere la contemporaneità e capire la natura dell’attacco che in tutto il mondo stano subendo i sistemi di democrazia rappresentativa.
Il professor Alessandro Volpi
Il meccanismo fondamentale che emerge dal suo libro, riguardo alla finanziarizzazione in atto, ormai compiuta, dell’economia mondiale, è senz’altro basato su un concetto: profitto. Com’è successo che questo principio, proprio del più classico capitalismo, sia divenuto così distruttivo nelle logiche della finanziarizzazione?
“La trasformazione in atto nel capitalismo, indotto proprio dalla finanziarizzazione, ha stravolto la natura stessa del profitto, non più generato da un investimento produttivo, con l’utilizzo di una vasta manodopera e con tempi di ritorno medio lunghi, destinati a prevedere una visione di sviluppo. La scelta di far dipendere la creazione di reddito e di ricchezza nel mondo occidentale dalle attività finanziarie, maturata con l’avvio della globalizzazione e con il trasferimento delle produzioni nei paesi dove il costo della manodopera era basissimo e i vincoli ambientali inesistenti, ha determinato la dipendenza del profitto dai rendimenti azionari, obbligazionari e della infinita serie di strumenti creati dall’ingegneria finanziaria. Ciò ha generato una dimensione necessariamente di brevissimo periodo, tutta centrata sulla capacità della finanza di autoalimentarsi, creando continue bolle e trasformando il mercato nel monopolio di pochissimi soggetti in grado, proprio per la loro gigantesca liquidità, di ridurre i rischi e di mantenere i prezzi finanziari artificialmente alti: uno schema estremamente rischioso e profondamente iniquo perché volto a favorire solo la grande ricchezza.
Dunque, un profitto senza occupazione e senza investimenti produttivi”.
La pervasività di alcuni fondi, le Big Three per essere precisi, è uno degli elementi che più caratterizzano e rendono invincibile il turbocapitalismo. Un sistema che non si lascia regolamentare e che aggredisce gli stessi Stati. E’ un fenomeno nuovo
nella storia economica occidentale, ed esiste un modo per fermarlo?
“Questi super fondi si sono sviluppati dopo la crisi del 2008, approfittando del vuoto generato dal tracollo di molteplici soggetti bancari, a cominciare dalle banche d’affari americane. Hanno così attratto il risparmio degli americani e di una parte significativa del mondo occidentale, utilizzando anche strumenti poco costosi per allargare la platea dei possibili compratori. Con tale liquidità i super fondi hanno acquistato porzioni decisive delle principali società del pianeta, a cominciare da Apple, Microsoft e Amazon e sono diventati “i padroni del mondo”. In queste condizioni, l’unico modo per fermare un simile monopolio è che si ricostituisca una dimensione pubblica dell’economia: bisogna superare le privatizzazioni, la dismissione dello Stato sociale, che favorisce la finanziarizzazione e bisogna stabilire regole non affidate ad organismi di cui gli stessi fondi sono partecipi”.
Lei parla spesso di economia artificiale. Può spiegare il concetto?
“I super fondi utilizzano la liquidità proveniente dal risparmio gestito per comprare azioni di società che vedono così costantemente salire il loro prezzo, spesso a prescindere dalle condizioni reali delle medesime società, secondo una dinamica che è quella della continua bolla speculativa, a cui concorrono anche gli strumenti della finanza derivata, creati dai medesimi super fondi e solerti nello scommettere proprio sull’andamento delle bolle”.
Economia artificiale contra lavoro, il perdente è sempre quest’ultimo. Quali sono le conseguenze per l’ umanità?
“La riduzione dell’occupazione sta diventando strutturale nel mondo occidentale. Come accennato, la globalizzazione ha trasferito le produzioni nei paesi del cosiddetto Sud globale, a partire dalla Cina, ma questo spostamento ha reso lo stesso Occidente molto fragile perché privo appunto di attività strategiche e troppo dipendente dagli andamenti
della finanza, che si sono sganciati dall’economia reale. Le sorti delle popolazioni statunitensi ed europee si legano così sempre più ai rendimenti dei titoli in cui hanno investito i propri risparmi che al loro llavoro”.
Cosa è stato del principio della “democrazia finanziaria”, di cui si è tanto parlato, almeno agli albori del fenomeno?
“La democrazia finanziaria è stata una colossale operazione di marketing a cui ha creduto una parte rilevante della classe dirigente americana ed europea. La creazione di titoli finanziari a basso costo e sicuri come strumento accessibile a tutti e in grado di sostituire lo Stato sociale è stato il principale mezzo di sviluppo delle disuguaglianze che si sono
manifestate nel corso degli ultimi vent’anni”.
Democrazia sotto scacco, i padroni del mondo non hanno regole. E’ possibile secondo lei introdurre qualche criterio che renda meno invasivi i fondi finanziari sulla vita degli Stati?
“La strada principale è quella di limitare la proliferazione degli strumenti finanziari a disposizione dei grandi fondi per attrarre risparmio e di limitare la finanza derivata alla funzione di assicurazione dell’economia reale: in altre parole occorre porre vincoli precisi alla finanza di carta. Poi servono politiche monetarie vere da parte delle banche centrali che non lascino il monopolio della liquidità ai super fondi e regole per impedire la creazione di monopoli”.
Il dubbio che tutto ciò corrisponda a un disegno di svuotamento della democrazia e di riduzione del mondo a un indifferenziato recinto di caccia a favore di un ristretto numero di cacciatori, inutile negarlo, viene. Lei che ne pensa?
“La cultura politica degli ultimi quarant’anni ha sposato l’idea che la finanziarizzazione fosse la strada più semplice per garantire la produzione di ricchezza che, proprio per la natura della
finanziarizzazione, si è concentrata nelle mani di pochissimi”.
Multiutility, ovvero sentiero spianato alla finanza per fare ricavi anche sui territori. Un esempio simbolo, molto interessante in particolare in un periodo in cui su tutto il territorio nazionale si fa a gara per organizzare i servizi locali secondo questa formula. Potrebbe spiegare il meccanismo secondo cui si affidano i servizi essenziali a fondi finanziari che non hanno alcun interesse alla qualità dei servizi stessi?
“Il meccanismo è semplice. I servizi essenziali sono affidati a società che si aprono al capitale privato attraverso la quotazione in Borsa. In tal modo, la gestione dell’acqua, dei rifiuti e di altri servizi essenziali si trasformano in titoli finanziari che devono remunerare gli azionisti, in
primis, i grandi fondi, a discapito delle tariffe, dell’accesso e della qualità dei servizi stessi”
Infine: qual è il ruolo della fiscalità nel brodo di coltura in cui allignano e crescono i fondi?
“La riduzione del carico fiscale sulle attività finanziarie rispetto ai redditi da lavoro è stato il grande elemento di trasformazione che ha caratterizzato le società occidentali e questo ha generato un vero e proprio spostamento dei capitali e del risparmio in direzione della
finanza”.
Editori Laterza
“I Padroni del Mondo” di Alessandro Volpi
pp.190