Il 2024 sarà senz’altro un anno decisivo per l’Europa. A dirlo, pensarlo e spiegarlo, è un super parterre di ospiti richiamati dall’appuntamento ideato e lanciato dalla Fondazione Circolo Fratelli Rosselli, ovvero il convegno “Europa 2024”, che si è tenuto ieri, venerdì 12 gennaio 2024, presso la sede della Fondazione a Firenze. Introducendo con un commosso ricordo di David Sassoli, figura simbolica per la propria passione europeista, il presidente Valdo Spini spiega: “Perché vogliamo parlare di Europa 2024? Proprio per un paese come l’Italia interesse nazionale e avanzamento dell’Unione Europea coincidono – dice il presidente della Fondazione – in un’era in cui vi sono stati da un miliardo di abitanti o stati comunque di dimensioni continentali, con il mutamento dei rapporti di forza economici in atto, è necessario che la nazioni europee non si presentino in ordine sparso ma possano agire unitariamente”.
Continua Spini: ” In un mondo che non appare più dotato di strumenti di prevenzione ,di gestione e di risoluzione delle crisi, un soggetto politico europeo può svolgere un ruolo di grande importanza. Occorre poi portare ad effetto e sviluppare in tutte le sue implicazioni il Patto sull’emigrazioni e l’asilo convenuto nel Consiglio Europeo dello scorso 20 dicembre che ha introdotto una prima breccia concettuale rispetto all’accordo di Dublino che vedeva tutto il peso dell’emigrazione nei paesi di prima accoglienza”.
Il primo passo? Lo afferma con forza l’assessore allo sviluppo economico e green economy, lavoro, formazione e relazioni internazionali della Regione Emilia Romagna, Vincenzo Colla: “Il nostro Paese non si deve alzare dal tavolo europeo. In questo momento, c’è in corso un ridisegnamento geopolitico dovuto alle guerre. L’Europa ha grande struttura democratica ma poco peso politico. Con la nascita di nuovi sistemi autoritari nel mondo, il tema non è più solo economico. L’Europa deve mettere in campo un nuovo ruolo di mediazione geo-politica. Per quanto riguarda le prossime elezioni, spero si rifaccia la coalizione, ma non è sufficiente rifare una coalizione se non c’è un nuovo pensiero geopolitico. Per quanto mi riguarda, ciò vuol dire nuove idee sul Ministero degli Esteri, nuova idea di compattezza dell’Europa, nuova idea di ridisegno istituzionale dell’Europa”. Strumenti nuovi, politici ma anche economici. “Una moneta unica senza statuto non si è mai vista al mondo – continua Colla – serve anche, ad esempio, un bilancio comune. Sono processi per cui serve tempo, ma che la politica si muova in questa direzione..
Insomma, l’Europa se è, sarà e continuerà, deve diventare sempre più unita, partecipata e con strumenti di gestione, legislativi, economici e sociali, nuovi e più diffusi e partecipati. Una necessità che diventa davvero esistenziale per un profilo particolare, ovvero quello sociale, come spiega Elena Granaglia, docente dell’Università Roma 3, “E’ importante la prospettiva di considerare l’Unione europea sotto il profilo di Unione sociale, che funziona come un sistema di supporto che cerca di facilitare gli obiettivi di welfare dei diversi Paese”.
Granaglia tocca inoltre un punto molto concreto e forse dirimente del sistema, ovvero la sua necessità di contare su risorse proprie, per fare fronte a tutte le necessità che i tempi stanno scagliando sull’umanità; a cominciare dal fronte del sociale, ma non solo.
“Finché ci sono paradisi fiscali in Europa, è chiaro che sarà molto difficile aumentare la tassazione dei singoli Stati nazionali. Se l’Europa deve essere un soggetto anche attivo, in ambito sociale come in altri ambiti, ha bisogno di avere risorse proprie. Questo bilancio dell’UE è abbastanza risicato e ha subito anche modifiche importanti. Il finanziamento si basava sui dazi e sul sistema dell’Iva. I dazi sono rimasti, ma il gettito dell’Iva è molto diminuito. Il “buco” risultante è stato riempito con un contributo variabile, negoziato con processi complicati, costituito con contributi nazionali. Serve tuttavia una risorsa propria”.
Un problema annoso, ricorda Granaglia, che potrebbe vedere in primo piano le imposte ambientali. “Ma le imposte ambientali, se hanno successo, non producono gettito – conclude Granaglia – in quanto correlato all’emissione di anidride carbonica”, dunque, se un Paese è virtuoso e non emette C02? “Non c’è più gettito. Perciò, servono altre entrate. L’Europa si è concentrata sulla riforma dell’imposta societaria per le grandi società multinazionali. Le grandi società, ad ora tassate tutte su base nazionale e differenziata, sarebbero sottoposte a una base imponibile armonizzata in tutti i Paesi Europei, con una parte di queste risorse che andrebbe direttamente al bilancio europeo, mentre l’altra parte andrebbe ripartita fra i diversi Paesi membri”.
E’ Mercedes Bresso, economista, già presidente della Regione Piemonte, a mettere sul tavolo i risultati positivi, nel particolare circa le tematiche ambientali, dell’Europa.
“Grazie all’Europa, abbiamo fatto moltissimo per le normative ambientali. Il riciclo italiano è straordinario, oltre l’80% dei nostri rifiuti – dice Bresso – la copertura forestale è aumentata e ha bisogno di manutenzione, che sarebbe utile per i biocarburanti. Abbiamo fatto e siamo avanti in alcune cose, fra cui il riciclaggio, che tutela l’industria che utilizza materie prime di seconda vita. L’Italia è avanti come tecnologia e compra materie prime secondarie per riciclarle. Sarà uno dei temi della campagna elettorale. Ciò che è stato fatto si può verificare e migliorare”. Risultati positivi, ma un grande problema che si profila nel futuro dell’Europa.
Come Europa, “Stiamo già uscendo dalla storia futura del mondo. Sempre più Cina e India, parlando del futuro del mondo, ci dimenticano – continua Bresso – l’unica soluzione possibile? Costruire un’Europa Federale. Deve essere un’Europa che ha le competenze giuste, ovvero, politica estera, difesa, politica industriale ed economica, politica sociale”.
Il presidente di Federacciai Antonio Gozzi, nel corso del suo intervento, sostiene che da un lato, “le prospettive economiche e industriali europee sono inscindibilmente legate alle dimensioni geo-strategica e della sicurezza, dall’altro, dal momento che il tema del Mediterraneo sarà sempre più cruciale nei prossimi anni, il ruolo che l’Italia potrà giocare sarà importantissimo, non solo per la sua collocazione geografica, ma anche a causa di un dato culturale di vicinanza ai popoli del Sud e dell’Est”.
Una situazione, quella dell’Europa, che, a livello di differenziale negativo di crescita e di minore tasso di innovazione tecnologica si ritrova dietro a Usa e Cina; ma l’impetuosa avanzata dell’India potrebbe farla scivolare rapidamente al quarto posto. “Per contro, i punti di forza dell’Europa sono il suo mercato, il più ampio e il più ricco, per ora, del mondo, e la garanzia di un sistema di valori e istituzioni democratiche salde”.
Un sistema che rischia di sgretolarsi. “Riconoscendo onestamente l’impossibilità di rimanere soli, l’unica via è perseguire con forza la realizzazione di una grande area di cooperazione euro-atlantica che veda in un’alleanza geostrategica, militare, economica e industriale Usa-Ue l’unica prospettiva realisticamente possibile in un mondo in cui si sta realizzando una convergenza antioccidentale degli altri protagonisti mondiali”. Un’area, conclude Gozzi, che vede come naturale il coinvolgimento degli alleati asiatici storici, Giappone, Corea del Sud e Australia in prima fila.
Mentre il professor Sergio Fabbrini, politologo, esamina la presenza di due Unioni Europee, una positiva, a funzione,“mercatista”, che si interfaccia con quella intergovernativa della Commissione europea, che è bloccata dai meccanismi istituzionali vigenti. l’ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci, presidente dell’Istituto Affari Internazionali. prefigura alcune sfide importanti, che riguardano i rapporti internazionali ad esempio con la Cina , ma anche con gli Usa. Inoltre, “il mondo occidentale dovrà presto confrontarsi con quella parte del mondo che non si sente sufficientemente rappresentata nelle regole del gioco della governance globale”
Il modello di sviluppo sostenibile, sia a livello ambientale che sociale, è oggetto dell’intervento di Beatrice Covassi, eurodeputata, che sottolinea il grande avvento del Green Deal, con tutte le sue implicazioni. Su questi provvedimenti, in particolare su Fit for fifty five, si è innescato lo scontro fra i gruppi che sostengono la transizione ecologica e chi la rallenta. Un intervento di grande respiro, che mette insieme vari elementi, per mettere in luce alcuni provvedimenti, net zero industry act e il regolamento sulle materie prime critiche. “Tutto ciò ha dei costi – dice Covassi – ovvero la riforma del patto stabilità e crescita”. La grande transizione green è agganciata a quella digitale. “Se non affrontiamo tutto questo anche con una riforma del welfare, nell’ambito di un invecchiamento anagrafico, e delle nuove povertà, fra cui anche quella dell’esclusione digitale, diventerà veramente difficile andare avanti con l’Europa dell’umanesimo e della capacità di porre le persone al centro”.
Virgilio Dastoli, presidente del Movimento Europeo Italia, ricorda, citando lo scomparso Jacques Delors, che l’idea di avere un nuovo trattato non può avverarsi prima di tre-quattro anni, e che l’odierna campagna elettorale deve dare contezza ai cittadini dell’Unione del ruolo e della funzione dell’Europa.
Claudio Tito, giornalista, in remoto da Bruxelles, ricostruisce i rapporti politici in previsione delle elezioni. Partendo da una certa soddisfazione circa le risposte europee nelle svariate situazioni di emergenza avvenute, Tito ritiene che le forze politiche “abbiano il dovere di indicare il percorso futuro, tenendo conto che si tratta di un percorso in cui si possono inserire i partiti sovranisti”. Tuttavia, aggiunge Tito , secondo gli attuali dati, “non c’è possibilità di qualsiasi alleanza senza socialisti”. In Italia, infatti, si perde di vista ad esempio il numero dei parlamentari italiani in Europa, che sono 76. “Quindi, anche considerando la spinta di FdI, si sposta al massimo una decina di parlamentari. Il dibattito italiano è molto falsato. L’idea di un’alleanza tra popolari e conservatori sta fallendo miseramente. Le scelte del governo Meloni preoccupano anche i conservatori”. Altri elementi, il fatto che, se l’attuale panorama parlamentare cambierà solo leggermente, “Giorgia Meloni dovrà decidere se fare parte di quei partiti che eleggeranno (il) la prossima presidente della commissione europea. Con ogni probabilità sarà costretta a rompere il fronte dei conservatori, con ciò mettendosi in una posizione di marginalità”.
Tornando ai partiti, con un parlamento un po’ più frastagliato di prima, il ruolo di Mario Draghi può avere peso maggiore. “L’idea tutta italiana di un tecnico, in un parlamento così frastagliato, potrebbe prender forza. Inoltre, il M5S non è iscritto a nessun gruppo politico europeo, il che penalizza molto la capacità di azione dei parlamentari , ma anche la possibilità di rappresentanza dei propri elettori”. Infine, ” l’importanza di questo voto è molto legato alla vittoria o meno di Trump, che costringe l’Europa a strutturarsi più velocemente”. Infine, l’ultima variabile negativa e purtroppo ben poco risolvibile, è secondo Tito la mancanza di leadership in Europa , il che lascia i partiti “scoperti” nel segnare un percorso; “Un deficit – conclude Claudio Tito – ma anche un pericolo per la Ue e per l’Europa dei cittadini”.
Incertezza diventata endemica è la sottolineatura dell’economista Marco Buti. La decisione e la positività della risposta europea alla crisi pandemica è dovuta, secondo il noto economista, alla sua natura, in quanto esogena, non dovuta a crisi interne come quelle economiche partite nel 2008 (la crisi del cosiddetto “azzardo morale”, ovvero l’Ue non ti aiuta altrimenti ripeti l’errore). Seconda motivazione, i leader della pandemia avevano un orizzonte temporale lungo, mentre la nuova commissione europea era appena insediata. Infine, all’orizzonte temporale prevedibile non c’erano elezioni all’orizzonte, né regionali né europee. C’era un piano pronto: il new green deal, che ha permesso l’allocazione delle risorse. Nelle altre crisi , a partire da quella energetica, questi parametri non si sono più verificati. “Nel 2020, con Next Generation ue, abbiamo dato una chiara indicazione di leadership collettiva, non sparsa e individuale”.
Previsioni future? Policrisi al quadrato, per il 2024 per l’Europa, secondo Eurasia, la rivista di studi geopolitici citata da Buti: Russia-Ucraina, conflitto che rischia di essere congelato, area del Medio-Oriente e la terza guerra, ovvero quella degli Stati Uniti con se stessi. La commissione europea potrebbe svoltare a destra, visto che ogni Paese ha un commissario, seppure si mantenga una maggioranza parlamentare simile a quella cla0ssica odierna. “Bisognerebbe insistere – dice Buti – che il/la presidente della Commissione europea presenti un programma ambizioso ed esplicito, ancorandolo a due appuntamenti, la fine di Next Generation nel 2026 e il bilancio del 2027”. La chiave di volta, i beni pubblici europei. Infine, la mancata ratifica del Mes, “che non è solo uno spararsi sui piedi, ma anche un colpo al recupero di credibilità del Paese”. In conclusione, “nazionalismo e interesse nazionale sono in contrapposizione”.
Tirando le fila, il principio fondamentale per il bene del Paese è senz’altro, come dice Spini nelle conclusioni, la certezza che “la crescita dell’Europa coincide con l’interesse nazionale” e quindi, “citando le parole di Colla, non dobbiamo alzarci da quel tavolo”.
Nel corso del dibattito si è tenuto anche un report molto vivace e sentito che ha visto protagonisti alcuni giovani che, grazie all’iniziativa della Fondazione Rosselli , hanno compiuto una visita alle istituzioni europee, a Bruxelles. Si tratta di un’iniziativa della Fondazione che ha l’obiettivo di consolidare un processo di avvicinamento e conoscenza maggiore delle istituzioni europee da parte dei giovani, nell’ottica di renderli più partecipi e protagonisti di una senz’altro necessaria formazione europea.