Arriva Natale, si intensifica l’onda del turismo nelle città d’arte. In particolare a Firenze e in Toscana, dove il Centro Studi Turistici regionale ha reso noto che le presenze nelle strutture ricettive crescono del +1,2% rispetto al 2022, con oltre 1,2 milioni di pernottamenti durante le festività. Stranieri in crescita e italiani in leggero calo, nello studio la stima del consuntivo 2023 si chiuderebbe con un +5,9% in confronto al 2022.
Se dunque i numeri parrebbero far tornare il territorio ai fasti prepandemici, qualcosa non quadra e specialmente in città le ombre sotto l’albero di Natale si allungano.
“La straordinarietà di Firenze, da tutti i punti di vista, rimane, in particolare dopo l’era covid , in cui Firenze torna ad essere un punto di riferimento per il turismo internazionale”. Eppure, proprio la sua unicità potrebbe essere paradossalmente il suo tallone d’Achille. Attualmente, qualcosa che si è spostato infrangendo il delicato equilibrio che armonizzava soldi, business, arte, bellezza e modo di vivere, c’è. “Temo che sia stato tradito lo stesso legato, prima di tutto spirituale, dell’Elettrice Palatina, quando lasciò la sua straordinaria eredità artistica ai fiorentini, affinché a Firenze venisse chi era attirato, proveniendo da tutte le terre, dalla meravigliosa eredità artistica e culturale lasciata a disposizione. I beni di famiglia, le collezioni rare, messi a disposizione anche del “forestiero”, non vuol dire però cacciare i fiorentini per fare entrare gli stranieri, come quello che è successo ai giorni nostri”. A parlare è Aldo Cursano, presidente di Confcommercio regionale. “Un vuoto che è stato realizzato con politiche che hanno traferito altrove tutte le funzioni importanti della città, che mantenevano i cittadini sul territorio urbano. Rompendo così quell’equilibrio che ruotava intorno al cittadino, consentendogli di rispondere ai suoi bisogni in un tessuto urbano che a un tempo soddisfaceva a bisogni amministrativi, di vita quotidiana, di divertimento e socializzazione”. Una scelta che ha portato, secondo Cursano, allo svuotamento del centro storico (e aree limitrofe in avanzamento) che conduce all’estinzione del presidio più importante, quello della comunità che ci abita e ci vive. E si sa, nel vuoto entra sempre il pieno.
“Una città svuotata dai cittadini, dalle funzioni di servizio di commercio e vicinato, rimane uno scheletro monumentale senza vita. Aver portato avanti politiche che hanno spezzettato il territorio, creando le città dello shopping, le città del commercio, le città universitarie, le città della giustizia, non hanno avuto altra conseguenza che contribuire a svuotare il tessuto urbano di quei servizi e funzioni che consentono la vita quotidiana del residente”. Un meccanismo che conduce al trasferimento di bisogni e servizi verso l’esterno, seguito ovviamente dalle persone, intensificato dal fatto che una città vuota e monumentale cade preda della speculazi0one turistica, con il risultato che anche i pochi ostinati che v0orrebbero resistere, prima o poi cedono. Perché la vita, a Firenze, ormai, è troppo cara. “Città per ricchi” lo slogan coniato dalla segretaria regionale del Sunia, Laura Grandi, ma “città per ricchi” anche per chi lavora e lavora bene.
“La speculazione investe ogni aspetto – spiega Cursano – dalle abitazioni, nate per nuclei famigliari e diventate oggetto di albergo diffuso, con un mutamento radicale dei carichi energetici e di usura del tessuto urbano, agli alberghi, di cui salta la regolazione anche ai fini di una sostenibilità urbana”, nel momento in cui salta il coperchio della capienza, chiamiamolo il limite della sostenibilità che la città è capace di mantenere riguardo allo tsunami del turismo. 0″Tutte riflessioni fatte in tempo di pandemia, a città vuota – ricorda Cursano – se la capienza di una città è di 100mila arrivi e invece con modalità diverse se ne fanno arrivare 300mila, è come se in una stanza nata per contenerne dieci, ci metto 100 persone. Qualche problema c’è”. Da cosa deriva, il presidente di Confcommercio ha le idee chiare: “Non avendo governato il fenomeno, non avendo messo dei valori di riferimento, non avendo bn compreso che il turismo mondiale non giunge solo per godere della straordinaria bellezza diffusa della città , ma anche per vivere secondo il modello fiorentino, toscano; se quel vissuto fatto dalle botteghe, dalla fiorentinità nel caso di Firenze, dagli artigiani, dagli usi, non si ritrova più, se manca l’elemento di umanità, relazioni, accoglienza che costituisce il dato identitario della nostra storia , a rimetterci è proprio la nostra attrattività turistica”. Insomma, una sorta di contrappasso dantesco; chi di turismo colpisce, di turismo perisce.
Cosa rischia di rimanere? “Al posto di una città che valorizza e accoglie l’ingegno e la bellezza, si rischia di avere una città che guarda alla speculazione, edilizia e non , alla finanza, col risultato di avere botteghe e piccole aziende del territorio che non possono permettersi di rimanere nella città per svolgere la propria funzione, perché i grandi fondi, la finanza li sta cacciando con speculazioni locative, edilizie, che tolgono la terra sotto i piedi dei cittadini accompagnandoli all’uscita”.
“Non sono un talebano che rimpiange il bel tempo andato – continua Cursano – non dico che delle funzioni non andavano trasferite, per ovvi motivi di crescita della città (non certo abitativa, i residenti fiorentini si sono ridotti nel tempo, la grande Firenze non esiste più, ndr) ma almeno si richiedeva attenzione e gestione oculata, tenendo a mente quel modello mix di funzioni commerciali, amministrative, sociali che rendevano la città un unicum armonioso , differenziato e funzionale.”. Ma quando tutto ciò si altera con il trasferimento di funzioni vitali, si smonta il tessuto abitativo sociale che entrando in crisi rende la città scheletro vuoto, facendo venire meno l’unico presidio veramente efficace, quello della comunità.
“I turisti che riempiono le strade, non hanno interesse al presidio della città e la città rimane in mano alla delinquenza. Anche perché, se manca la comunità, i pochi o tanti poliziotti che sono per le strade non potranno mai presidiare una città. Il presidio vero è rappresentato dalla gente che ci vive, dalle famiglie che le abitano, dai figli che vanno a scuola, dalle persone che vanno a fare la spesa, si ritrovano al bar, in piazza, sulle panchine, che escono alla sera”. Insomma, che vivono.
Una visione che diventa di puro sfruttamento pro rendita della città. “Un approccio che è diventato proprio anche per tanti fiorentini, che non potendo più vivere in un centro desertificato di funzioni e punti di socializzazione veri, non turistici e basta, si sono premuniti di affittare le loro case o venderle al miglior offerente”0. Un tema, quello della rendita, altrettanto importante rispetto a quanto toccato sopra, perché anche questo contribuisce per la propria parte a mummificare la città, sempre più ridotta a spoglia vuota da utilizzare per il business. Città quindi “museo da un lato, dall’altro con gli spazi dedicati o a servizi turistici o trasformati in mangifici”, riassume il presidente di Confcommercio .
Su come si fa a chiudere i cancelli mettendoci dentro anche i buoi ormai scappati, Cursano vede un’ultima, esile possibilità, i fondi del Pnrr. Ma per davvero invertire la marcia, bisognerebbe avere una precisa visione di città. “Forse è l’ultima occasione per ripensare le nostre città – dice Cursano – stabilendo priorità nuove che ci consentano di ripartire da dove le città sono nate, ovvero a servizio delle persone, per ragioni di tutela, relazione, bisogni, necessità, funzioni, risposte ai bisogni”.
Una crisi, quella descritta da Cursano che riguarda anche il concetto di rappresentanza. “Il cambiamento della società è stato ed è veloce, e i vecchi sistemi, quelli che fino a un secolo fa potevano corrispondere a una società che in qualche modo era rappresentata dalle proprie istituzioni, vengono meno. Perciò , cittadini, giovani, imprenditori, poveri, ciascuno a suo modo, non vede risposte dalla politica”. Un popolo che pensa di non riuscire neppure più a parlare con i politici, li vive a distanza siderale dalle proprie quotidianità. “Mancano motivazioni verso la politica, perché a mio parere manca una visione condivisa del presente e del futuro”.
Tutti temi che interrogano direttamente la politica,cui viene chiesto, spiega Cursano, di riportare in città l’innovazione “vera”, gli spazi per i giovani, in modo da “riconoscersi, ritornare e fare rivivere quelle aree che hanno bisogno di servizi”, un passo alla volta, come il ripopolamento di un’area protetta. Anche perché se non si dà una prospettiva per il futuro, continua Cursano, “il passato è di tutti, e chiunque, qualsiasi catena straniera o non legata al territorio, può arrivare ed appropriarsene, dagli studentati in mano a grandi multinazionali straniere perlopiù, ai nostri palazzi di pregio, tutti sono capaci di speculare sul passato. La scommessa si gioca invece sulla creatività, sull’ingegno che porta sempre un passo avanti, un nuovo anello alla catena, diventando davvero, a questo modo, non raggiungibili, ma solo imitabili”.
L’ingegno tuttavia, quando c’è, deve essere messo nelle condizioni di operare. “Il Rinascimento nacque da una serie di condizioni che catapultarono Firenze nella storia come Silicon Valley del Rinascimento – continua Cursano – quelle condizioni di riconoscimento e sostegno dell’ingenio devono essere, come sono state, le condizioni identificanti la città. il che richiede tuttavia un ribaltamento degli approcci”. Un ribaltone che guarda anche alle innovazioni tecnologiche che rispondono anch’esse ai bisogni , mentre si continua ad operare a vari livelli con strumenti del tutto obsoleti.
La scollatura fra la sovrastruttura statale e la società è talmente ampia ormai, spiega Cursano, che non ci si rende conto dei bisogni reali che provengono dalla società. “Abbiamo una grande responsabilità storica – conclude il presidente di Confesercenti – rispondere in modo adeguato a ciò che è il nostro passato con l’ingegno, con lo scatto verso il futuro, per non deludere quei milioni di turisti che vengono a Firenze e in Toscana per i suoi grandi tesori ma anche per il suo modo di vivere. Ribadisco che il Pnrr potrebbe essere la nostra ultima occasione per ripensare la città. Tornando ad occuparci dell’umanità”.
Gent. Sig. Cursaro, sono pienamente d’accordo con lei, io resisto nel centro storico con molto dispiacere e difficoltà, negozi necessari a noi residenti che chiudono e nascono solo luoghi per la ristorazione. tutto per i turisti, un piccolo caro cinema (lo spazio uno in via del sole) chiuso anche quello. Ci sentiamo più soli e abbandonati…….