Sicurezza urbana, Lumia: occorre prima di tutto una “rigenerazione sociale”

Per l’ex Presidente della Commissione antimafia grave errore negare il problema

Una questione relativa alla sicurezza urbana non solo esiste, ma sta diventando deflagrante, in tutte le città del mondo. Se la questione è chiara, meno chiaro è come muoversi per contrastare il montare dei reati di microcriminalità. 

Sul punto, proponiamo una riflessione di Giuseppe Lumia, già Presidente della Commissione parlamentare antimafia, intervenuto a Firenze in occasione della commemorazione della scomparsa del giudice Antonino Caponnetto, organizzata dalla Fondazione omonima.

“Negare il problema è un errore gravissimo. Il tema c’è, riguarda tutte le città, quelle italiane, europee e anche fuori d’Europa, nel mondo – dice Lumia – Un altro errore, è sotterrare questa evidenza in mezzo ai tanti “però” che alla fine tendono ad una sua eccessiva minimizzazione. Sarebbe un bel risultato se si riuscisse a costruire nel sistema politico costituzionale una positiva convergenza intorno a questo primo passo, ovvero riconoscere, da parte di tutti i soggetti politici, che il problema c’è e va affrontato“. 

“Non dividersi intorno all’approccio da utilizzare sul tema della sicurezza è il secondo passo, forse ancora più difficile perché ognuno pensa di possedere la ricetta infallibile in grado di risolvere il problema. Ciò comporta la trasformazione del tema sicurezza urbana in uno scontro ideologico, spesso strumentale, mentre deve diventare un momento di seria convergenza, una sorta di sfida che conduca tutte le forze politiche, naturalmente in collaborazione con chi vive sulla propria pelle questo problema, a trovare soluzioni condivise, concrete e reali, capaci di poter ottenere veri risultati. Il terzo punto, è giungere alla comprensione che non esiste una soluzione ad unica dimensione per garantire una maggiore  sicurezza. Non c’è, in sostanza una “via messianica”. Chi pensa che il problema sia risolvibile solo con la via penale, dice una banalità grossolana, smentita dai fatti, chi sostiene il contrario, ovvero che il sistema penale non serve, pecca della stessa banalità grossolana e fuorviante. D’altro canto, chi sostiene che si tratta di una questione sociale, afferma sì una evidente verità, che però, se diventa assoluta, diventa a sua volta una distorsione dei fatti”.

Tirando le fila, dice ancora Lumia, “la sicurezza ha bisogno di scelte integrate. La chiave decisiva è l’integrazione: vanno utilizzate più vie, tutte importanti che devono essere progettualmente e concretamente integrate. Se c’è questa integrazione, si possono raggiungere risultati importanti; se si utilizza solo una via, la delusione è dietro l’angolo”. L’integrazione significa un approccio multidimensionale al problema, spiega, “fra prevenzione e repressione, fra sociale, urbanistico e penale”. Lo stesso sistema penale, dice Lumia, deve andare incontro a un’innovazione, peraltro possibile. “Abbiamo un sistema penale sbilanciato – spiega – perché, in particolare negli ultimi anni, si interviene sotto il segno dell’emergenza, il che lo conduce in alcune fasi a uno sbilanciamento in senso repressivo, in altre fasi all’esatto contrario in senso ultra garantista. Un sistema penale sbilanciato e non stabile diventa un punto fragile”, invece che un punto di forza delle azioni di contrasto alla criminalità di strada.

Ma dunque, cosa servirebbe per ottenere dei risultati? “Certezza della pena, il che significa anche processi veloci, ma dall’altro lato se non ci sono misure che accompagnano la condanna in senso di reintegrazione del soggetto nella società, andiamo incontro a  tassi di recidiva impressionanti. Perciò, è necessario che i due canali principali, penale e sociale, procedano insieme”. In altre parole, si dovrebbe passare dalle varie scorciatoie della non punibilità , della punibilità dopo molti anni o della punibilità tout court (ti metto in carcere e non attivo i percorsi di recupero), tutte modalità queste che hanno impatto nullo o addirittura rigenerativo sulla criminalità spicciola, ad una modalità integrata che accompagna la pena, effettiva e veloce, a un percorso sociale di reintegrazione del condannato, in sintonia del resto con i dettami della nostra Costituzione.

Insieme a questo, tuttavia, è necessario, secondo il parlamentare, “un lavoro di riqualificazione e rigenerazione urbana che significa anche rigenerazione sociale, economica, culturale, che se non accompagna sia la certezza e celerità della pena che il recupero sociale, rischia di invalidare l’intero percorso”. Un esempio calzante, la Svezia, dove l’attenzione al sociale è storicamente accurato e molto significativo. Eppure, la Svezia soffre anch’essa di disagio molto forte per quanto riguarda i ceti poveri e più deboli, in cui si trova una buona percentuale di immigrazione.

“Chiudere gli occhi di fronte a questo problema, e pensare di risolverlo, come alcune città hanno fatto, blindandosi, richiudendosi in quartieri difesi dai reticolati, utilizzando i moderni sistemi di riconoscimento per il controllo del territorio, ha causato solo effetti effimeri”. Perciò, “solo un approccio integrato che consideri la complessità del problema in tutte le sue ricadute, dai risvolti penali a quelli sociali, può riuscire a ottenere risultati”. Un approccio che guardi dunque anche alle disuguaglianze sociali, in un complesso dinamismo fatto di prevenzione-repressione- sanzione penale- integrazione, cui non sfugge neppure la città, intesa come sfondo-soggetto in grado di influenzare-formare il tessuto sociale e relazionale.

In foto Giusppe Lumia

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