Fine vita, Cappato: “Lo Stato si prenda le sue responsabilità”

Al via le firme per la proposta di legge popolare Liberi Subito

Il caso di Massimiliano, 44 anni, toscano, giunto oggi in udienza dinanzi al Giudice per le indagini preliminari di Firenze dott.ssa Agnese Di Girolamo, è occasione non solo di commento riguardo la decisione odierna (Il Giudice per le indagini preliminari ha dato 15 giorni al Pubblico ministero per il deposito delle contromemorie e si è riservata di decidere sulla richiesta di archiviazione formulata dal Procuratore Carmine Pirozzoli, in relazione al procedimento a carico di Marco Cappato, Chiara Lalli e Felicetta Maltese, indagati per il reato di “aiuto al suicidio”) ma anche per ricordare e rilanciare una tematica a un tempo divisiva e trasversale, che potrebbe formularsi così: può una persona affetta da malattia incurabile, oggetto di atroci sofferenze, senza speranza di guarigione e soggetta alla cosiddetta assistenza vitale, decidere che è giunto per lei il momento di morire, usufruendo a questo scopo di assistenza medica?

Tema a un tempo scivoloso e trasversale, ma anche tema mal posto, se si suppone che per rispondere occorra tirare in ballo una sfera etica, o principi religiosi, personali, morali, ecc. Diverso il dilemma giuridico, a cui peraltro ha già risposto la Corte Costituzionale che, intervenendo dopo aver sollecitato invano il legislatore, con la sentenza 242 del 2019 ha specificato i requisiti che servono al soggetto richiedente di por fine alla propria esistenza con un percorso accompagnato da misure sanitarie. Quindi, secondo il diritto, la risposta è sì, si può decidere della propria vita fino alla fine, ricorrendo determinati presupposti. Allora? Allora, il vero problema in termini applicativi è da un lato, la mancanza di una legge statale che applicando il principio normi il tema, dall’altro la lentezza, la farraginosità, i tentativi di dilazionamento del sistema sanitario e politico. Una volta fatta la richiesta e in attesa di essere esaminati (per rilevare se ricorrono i requisiti per procedere) e poi della risposta, possono passare anni. Due, per la precisine, in riferimento al caso di Federico Carboni.

La proposta di legge presentata dall’associazione Luca Coscioni accoglie il principio ribadito dalla Corte Costituzionale in seguito alla alla disobbedienza civile di Cappato per l’aiuto fornito a Fabiano Antoniani, prodromo della sentenza 242/19 della Corte costituzionale, Il principio emerso dalla sentenza è che l’“aiuto al suicidio” è possibile legalmente quando la persona malata che ne fa richiesta è affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli ed è tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale. Tali condizioni e le modalità devono essere state verificate dal SSN, come accaduto nel caso di Federico Carboni, il quale a giugno 2022 ha potuto accedere al “suicidio assistito” senza che l’aiuto fornito configurasse reato.

Il caso di Massimiliano pone un problema leggermente diverso, sebbene sempre sulla stessa linea. Gli avvocati difensori che assistono gli indagati hanno insistito per l’accoglimento della richiesta di archiviazione formulata dalla Procura della Repubblica ; ma, se ciò non avvenisse, la richiesta in subordine è quella di rimettere la questione di legittimità costituzionale alla Consulta per un suo nuovo intervento relativamente al solo requisito del trattamento di sostegno vitale. Ecco perché: Lalli e Maltese, iscritte all’Associazione Soccorso Civile, a dicembre 2022 avevano accompagnato in Svizzera Massimiliano, affetto da sclerosi multipla da 6 anni, per poter ricorrere al suicidio medicalmente assistito. Poi si erano autodenunciate ai carabinieri di Firenze insieme a Marco Cappato, che aveva partecipato all’aiuto fornito tramite l’Associazione Soccorso Civile. Massimiliano non era, però, tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale almeno “tradizionali”. Pertanto risulterebbe, per mancanza di un requisito, escluso dalla possibilità di accedere al suicidio assistito in Italia in quanto privo di uno dei requisiti della sentenza 242\2019 della Corte Costituzionale sul caso “Cappato-Dj Fabo”.

L’avvocata Filomena Gallo, difensore e coordinatrice del collegio legale di studio e difesa per le disobbedienze civili* e Segretaria dell’Associazione Luca Coscioni spiega: “Il trattamento di sostegno vitale, tra i requisiti individuati dalla Consulta per accedere al suicidio medicalmente assistito in Italia, costituisce una grave discriminazione tra persone malate. Infatti non tutte le persone, seppur affette da patologie irreversibili che siano fonte di sofferenze psichiche o fisiche intollerabili, necessitano di un trattamento di sostegno vitale o comunque questo potrebbe essere necessario in uno stadio così avanzato della malattia da obbligare il malato a sopportare mesi, se non anni, atroci sofferenze”.

“Il Giudice per le indagini preliminari ha dato 15 giorni al Pubblico ministero intervenuto per il deposito delle contromemorie, e si è riservata di decidere – continua Gallo – se dovesse accogliere la nostra richiesta di archiviazione  andrebbe a confermare che l’assenza del trattamento di sostegno vitale, inteso come trattamento farmacologico o meccanico, non può precludere l’accesso alla morte assistita, nel caso in cui siano soddisfatti tutti gli altri requisiti stabiliti dai Giudici costituzionali, finalmente abbattendo una grave discrimine tra persone malate. Se invece dovesse sollevare la questione di legittimità costituzionale, richiedendo così un nuovo intervento della Consulta, andrebbe a evidenziare quanto abbiamo sempre detto: il requisito del trattamento di sostegno vitale, individuato con specifico riferimento alla situazione di Fabiano Antoniani su cui la Corte costituzionale si era trovata a decidere nel 2019, discrimina le persone malate e deve essere superato diventando non necessario, al fine di garantire il rispetto del principio di autodeterminazione terapeutica e quello di eguaglianza”.

Il caso di Massimiliano rende evidente anche la necessità che il legislatore prenda la responsabilità di normare il tema, che riguarda sempre più persone, come sottolinea Marco Cappato, presidente dell’associazione Luca Coscioni, che conferma che sono migliaia le persone che prendono contatto con l’associazione, anche dalla Toscana. Intanto però le Regini possono cominciare a darsi da fare, come rende evidente la proposta di legge popolare in tema la cui raccolta firme prende il via anche in Toscana. La proposta di legge popolare regionale “Liberi Subito”, elaborata dall’Associazione Luca Coscioni, interviene in materia di organizzazione sanitaria per garantire tempi e procedure certi a chi, nel rispetto di quanto previsto dalla sentenza 242/2019, richiede al Sistema Sanitario Nazionale le verifiche sulle proprie condizioni per avere accesso all’aiuto medico alla morte volontaria, il cosiddetto “suicidio assistito”. Obiettivo, raccogliere almeno 5.000 firme autenticate e certificate di cittadini residenti nel territorio regionale entro la fine di marzo 2024. Scopo, arrivare a una normativa di attuazione (procedure e tempi), secondo i principi dettati dalla Corte Costituzionale (sentenza 242/2019), per accedere alla morte volontaria attraverso l’auto somministrazione del farmaco letale. Una volta raccolte e depositate le firme necessarie potrà iniziare l’iter di discussione, avendo già la Regione Toscana dichiarata ammissibile la proposta di legge, in quanto rientrante nelle competenze regionali.

“Innanzitutto ringrazio Massimiliano per la fiducia che ci ha dato perché in situazioni come la sua è più facile agire in clandestinità – ha dichiarato Marco Cappato, tesoriere Associazione Luca Coscioni e imputato a fronte delle disobbedienze civili sul fine vita si sta allargando: ora sono 4 i tribunali coinvolti (Firenze, Bologna, Milano e a breve anche Roma, a seguito della recente disobbedienza civile per Sibilla Barbieri), tra i disobbedienti ci sono anche dei parlamentari e sono 35 le persone iscritte all’Associazione Soccorso Civile, pronte ad assumersi il rischio di conseguenze penali per aiutare persone malate a porre fine alle proprie sofferenze. Noi andiamo avanti con queste azioni nonviolente di disobbedienza civile perché l’importanza di poter scegliere alla fine della propria vita diventa ogni giorno più importante. E andremo avanti fino a quando lo Stato si assumerà la responsabilità o di condannarci o di legalizzare queste pratiche e di aiutare le persone a poter decidere liberamente e consapevolmente di interrompere la propria vita. Da qui la forza della raccolta firme sulla proposta di legge “Liberi Subito” che parte da un’urgenza sociale che cresce e sulla quale ci sentiamo in grado di mettere a disposizione gli strumenti per trasformare tutto questo in nuovi diritti e nuove libertà per le cittadine e cittadini di questo Paese”. 


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