“Per favore, signori della guerra, cessate il fuoco! Viva la pace!” sono oltre 10mila cuori, oltre 20mila mani, che accolgono e rilanciano, con un fragore di tuono in cui si concentra il silenzio tenuto fino a poco prima, la sferzante richiesta del Priore di San Miniato a Monte padre Bernardo Gianni, stanotte, una notte a Firenze ardente di migliaia di fiaccole, di silenziosa energia, di cuori e mani che battono all’unisono. Stretto fra l’imam Izzedin Elzir e il rabbino Gadi Piperno, tunica bianca e croce d’argento, il Priore sembra quasi un predicatore d’altri tempi, mentre la folla inneggia alla pace e sommerge e spazza il clamore delle polemiche, le domande su chi c’è chi non c’è, i sottili distinguo e gli odi grossolani, rotolando dal Monte al Piano in un solo urlo, una sola richiesta: Pace.
Firenze ha risposto all’appello, stanotte è salita sul Monte della Pace, San Miniato al Monte da cui lo sguardo spazia e sembra involarsi verso altre terre e purtroppo guerre disumane. Sono tre, lassù, rischiarati dalle fiaccole della gente che in migliaia si sono recati a testimoniare e volere, tre figli di Abramo che hanno deciso di far vedere al mondo, dal palcoscenico della città di LaPira, che la pace, la convivenza, la comprensione è possibile, quando a contare è l’umanità semplice e vera, la nobiltà della Persona umana, la sua incoercibile dignità, che la guerra disumanizza e distrugge. Tre e tutta la città con loro, dai rappresentanti delle istituzioni, di tutte le forze politiche, di un numero enorme di associazioni, a un corpo vivo di persone, cittadini e non, che sbugiardano le tensioni, l’asserita impossibilità della convivenza armoniosa, e decretano di fatto il successo dell’iniziativa dell’abate di San Miniato al Monte, che è riuscito a unire due piazze, due popoli e tre anime.
Nessuna bandiera, nessun simbolo, nessun coro o slogan, “siamo qui solo e soltanto nel silenzio – aveva detto l’abate a margine dell’iniziativa – che è già in sè un gesto di disarmo e umiliazione coraggiosa”. Un Umanesimo di stampo nuovo, “un no alla violenza, a qualsiasi violenza – dice l’imam – un no a qualsiasi guerra”, mentre il rabbino sottolinea la dimensione del silenzio che regna sulla manifestazione, un silenzio che è la chiave del rispetto “del dolore, dello sgomento per quello che abbiamo visto”.
Oltre 2300 candele, una bandiera della pace lunga una decina di metri, qualche cartello con frasi di pace. E’ tutto qui e basta a tutti, l’armamentario per questo grido silenzioso e corale. I versi di Mario Luzi, lette da Padre Bernardo, abbracciano chi torna a casa.
“Ricordate? Levò alto i pensieri,
stellò forte la notte,
inastò le sue bandiere
di pace e d’amicizia
la città dagli ardenti desideri
che fu Firenze allora …
Essere stata
nel sogno di Lapira
“la città posta sul monte”
forse ancora
la illumina, l’accende
del fuoco dei suoi antichi santi
e l’affligge, la rode,
nella sua dura carità il presente
di infamia, di sangue, di indifferenza.
Non può essersi spento
o languire troppo a lungo
sotto le ceneri l’incendio.
Siamo qui per ravvivarne
col nostro alito le braci,
chè duri e si propaghi,
controfuoco alla vampa
devastatrice del mondo.
Siamo qui per questo. Stringiamoci la mano,
sugli spalti di pace, nel segno di San Miniato“.