Nelle metropoli italiane ci si sposta a una velocità media di 15 km/h, con minimi di 7-8 orari quando il traffico si fa caotico. Più o meno alla stessa velocità si muovevano i nostri antenati quando non c’era ancora il motore a scoppio ma solo cavalli e carrozze. Ecco allora che dagli Stati generali della bicicletta, una fiera delle vacuità in cui tecnici e amministratori hanno dissertato per due giorni di “cultura della ciclabilità”, escono queste proposte: abbassare il limite di velocità a 30 chilometri orari sulle strade urbane, ad eccezione di quelle di grande scorrimento, e invertite le priorità degli investimenti pubblici in materia di mobilità: non più grandi opere, ma interventi puntuali a favore di pedoni e ciclisti nelle città.
L’iniziativa, sponsorizzata tra gli altri dall’Anci di cui Delrio è presidente, è stata senza dubbio una bella vetrina per il sindaco che vanta di essere alla guida della città più ciclabile d’Italia, con i suoi 180,7 chilometri di ciclabili e il rapporto procapite più alto (metri equivalenti di piste ciclabili ogni 100 abitanti). Al di là di questo encomiabile primato, la manifestazione non è andata oltre una dichiarazione d’intenti sintetizzata in un fumoso documento dal titolo emblematico: Libro di Impegni per le Amministrazioni di ogni livello. Il testo sintetizza le proposte principali in materia di mobilità nuova ispirate al modello nordeuropeo condite con i soliti inglesismi, dalle best practice alle slow cities. I problemi sorgono quando si analizzano le proposte una ad una e si tenta di calarle nella realtà.
Che senso ha, per esempio, introdurre il limite di velocità a 30 chilometri orari su tutte le strade urbane senza distinzione? Sarebbe interessante fare una prova e vedere cosa accadrebbe se davvero tutti, ma proprio tutti, per un giorno rispettassero il precetto “al chilometro”. Va riconosciuto che a Reggio è già stato pienamente accolto da tempo uno dei principali punti programmatici del documento: non più grandi opere, ma interventi puntuali a favore di pedoni e ciclisti nelle città. Nel Nord Europa le grandi opere le hanno fatte quando qui si girava ancora in carrozza mentre noi ci siamo ritrovati con una tangenziale incompiuta e una mezza tangenziale, con il risultato che il grosso del traffico passa sui viali di circonvallazione, a ridosso del centro e dove transita un gran numero di pedoni e di ciclisti. Dossi e chicane, architravi della concezione di viabilità della giunta Delrio, hanno fatto il resto: benvenuti nella slow city.
Un ultimo appunto: durante gli Stati generali della bicicletta si è insistito molto sulla necessità di potenziare il trasporto pubblico. Sarebbe stato interessante conoscere cosa pensano gli utenti del servizio offerto da Seta e l’opinione degli amministratori sui conti dell’azienda. Ma siamo a Reggio, mica a Copenhagen.