Parma: bagoloni ma non troppo

La città ducale è piena di trattorie mentre la campagna si svuota di trattori

Bob Rontani

Ventisei anni fa, esattamente il 19 giugno dell’86, moriva tragicamente in un incidente in motocicletta uno degli attori più amati del cinema francese, Michel Gérad Joseph Colucci in arte Coluche.

Interprete di oltre 30 film (in soli 42 anni di vita) e memorabile co-protagonista con un altro grandissimo del cinema d’oltralpe, Luis de Funes, nello spassosissimo “L’ala o la coscia”, Coluche nel 1980 si candidò alle elezioni presidenziali francesi: era così amato e seguito (i sondaggi di allora lo davano vincente con un distacco clamoroso) che dovette rinunciare alla candidatura dopo l’assassinio in circostanze misteriose del suo collaboratore René Gorlin: troppo forti le pressioni e le tensioni.

Questo cappello per darvi l’idea della notorietà di Coluche.

Ebbene, dopo la sua morte, alcune interviste a produttori dell’epoca svelarono un risvolto davvero stupefacente del personaggio. Coluche aveva fondato un’associazione (oggi si direbbe una onlus) chiamata “Restos du coeur” che raccoglieva cibo, soldi e vestiti per i poveri ed i senzatetto. E questo alcuni lo sapevano.

Quello che si venne a sapere in più era che i compensi di Coluche per le interpretazioni dei film, gli spettacoli teatrali, le interviste sui magazine (insomma i suoi cachet) erano al 50% devoluti direttamente a questa associazione. Da notare, inoltre, che “Restos du coeur” era nata solo nel 1985 (e cioè un anno prima della sua scomparsa): già da più di 10 anni Coluche devolveva il 50% a tante associazioni di volontariato con le quali era in contatto.

Questo nessuno lo sapeva.

Detto questo, e togliendosi tanto di cappello, inevitabilmente penso alla solidarietà (anzi, al modo di mostrare la solidarietà) che ho sempre creduto dovesse essere silenziosa, nascosta, anonima. Informare ai quattro venti che si fa qualcosa per qualcuno, siano soldi o tempo o altre risorse, mi fa nascere più di un sospetto. La solidarietà deve essere silenziosa perchè solo così può essere, come dire, democratica.

Non si può essere classisti anche nel donare.

La solidarietà deve essere nascosta, perchè deve appagare quel che è più nascosto in noi: la nostra coscienza. La solidarietà deve essere anonima perchè mai e poi mai deve sfiorare il sospetto del più piccolo dei tornaconti.

Cari artisti, fate qualcosa di vero, oltre a suonare al Dall’Ara. Provate per esempio, con una Punto anonima, fare il pieno, dassoli e partire per Cavezzo o Finale Emilia, con la chitarra. Arrivate all’improvviso, donate stupore, gioia ed incredulità. Sedetevi tra le tende, e suonate, e parlate, e condividete tutto… anche la paura ed un pò di tremarella per le scosse.

Di tutto questo si saprà il giorno dopo, dai giornali. Il giorno dopo, e non il giorno prima.

Questa è la differenza. Questo era Coluche.

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