Cosa c’è dentro la grande scatola Edipower, il colosso dell’energia acquisito da Iren e dalla multiutility lombarda A2A? La domanda può sembrare di scarso interesse per l’utente medio, più interessato alla bolletta che all’alta finanza. Invece si tratta di una questione di fondamentale importanza perché il conto di eventuali errori presto o tardi arriverà ai cittadini, che in questi anni hanno già sentito tante promesse e visto lievitare i costi in modo spropositato.
Allora vale la pena vedere cosa sta accadendo sopra le nostre teste. Prima però è necessario fare un passo indietro: per più dieci anni tra Italia e Francia si è combattuta una guerra senza esclusione di colpi per il controllo del mercato energetico di casa nostra. Una guerra che, tramite la mediazione del ministro dello Sviluppo Corrado Passera, si è conclusa pochi giorni fa a grandi linee in questo modo: Edison a Edf, ovvero allo Stato francese, suo azionista di maggioranza assoluta, e Edipower a A2A e Iren, le due principali società di servizi pubblici comunali del Nord Italia.
Iren, appunto. L’evoluzione della nostra vecchia Agac, quindi la nostra acqua, il nostro gas, le nostre bollette. I nostri soldi. Iren (di cui il Comune di Reggio è socio) acquisisce un grande produttore nazionale di energia, più grande di Edison, secondo solo ad Enel. Un motivo per brindare? Pochi giorni dopo la sbornia di Santo Stefano c’è chi comincia ad avanzare dubbi sull’intera operazione. Non solo in Italia. Edipower è sì un gigante, ma un gigante di debiti.
Ne è convinto Walter Ganapini, già presidente nazionale di Greenpeace e assessore regionale all’Ambiente in Campagna, oggi membro del Comitato etico di Banca Etica. La sua è una tesi forte, che stride con le dichiarazioni di giubilo che hanno accompagnato l’acquisizione, fra le quali quella del sindaco Delrio.
“Qualche anno fa – afferma Ganapini – è stata operata una scelta ad altissimo rischio: l’acquisizione insieme ad A2A di un pacchetto rilevante di Edison attraverso scatole societarie, in particolare la Delmi Spa . Vennero comprate le azioni Edison a 1,74 euro per azione. Oggi quelle azioni valgono la metà, circa lo 0,8 euro. Per A2A significa dimezzare il valore a libro che era di 2,6-2,7 miliardi di euro. Stiamo parlando di una società già esposta per almeno 4 miliardi di euro e alla fine dei giochi avrà un indebitamento vicino ai 10mila miliardi delle vecchie lire. E’ un altro macigno sul bilancio pubblico di questo paese. Tremonti era terrorizzato da questo scenario ed è per questo che non ha mai chiuso l’accordo per la spartizione. La verità è che i francesi si sono presi la polpa, cioè il gas, e a noi hanno lasciato gli avanzi”.
Se A2A piange, Iren non ride, anche se i numeri sono differenti. Per adesso. La “nostra multiutility, afferma Ganapini “deve mettere a perdita nel bilancio almeno 200milioni di euro“. Guai che si aggiungono a guai se è vero che il dominus di Iren Roberto Bazzano ha fortemente ridimensionato, per non dire azzerato, il piano industriale e gli investimenti.
E non è finita: “Edipower – continua Ganapini – il 30 dicembre ha lanciato un aumento di capitale di 1,1 miliardi di euro. Vorrei capire dove i Comuni di Reggio, Parma e Piacenza pensano di trovare i soldi per partecipare?”
Sembra di vedere un film già visto, quando Agac – modello di efficienza che ci invidiavano anche all’estero – è diventata il gigante Enìa “Così si partecipa meglio al mercato del gas e si riducono i costi, ci dicevano. Siamo stati preda di una sbornia da finanziarizzazione, tutti sono diventati managerini, quando servirebbe un managment di alto livello e un piano industriale degno di questo nome. Ma la ricchezza non si crea dal nulla. Le ripercussioni di una gestione così poco efficiente sono pesantissime e tutte documentabili, dall’acqua ai rifiuti”.
E i costi? Quelli al contrario dei debiti sono aumentati. A dismisura.