Il Medioriente e lo spettro del nucleare

Il ruolo di Iran, Usa e Israele nella crisi

Roberto Mazza

Nei giorni in cui gli Stati Uniti si interrogano sull’opportunità di un’azione militare contro l’Iran accusato dall’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica di voler acquistare armi nucleari, ciò che davvero preoccupa tutte le diplomazie internazionali è l’atteggiamento di Israele davanti a questa possibile minaccia. Gli israeliani sono certi che l’Iran possieda tutto il materiale necessario per produrre non solo energia atomica ad uso civile, ma anche armi atomiche.

Senza voler fare nessuna apologia di Ahmadinejad  e della politica iraniana in generale, è però bene ricordare che lo stesso Stato di Israele possiede l’atomica senza però averla mai denunciata ufficialmente. I dettagli di questa storia sono disponibili a tutti, ma a nessuno viene mai in mente di puntare il dito contro Israele. Nel 1955 il Presidente americano Eisenhower diede ad Israele il primo reattore nucleare, ma è nel 1964 che con l’aiuto dei francesi il reattore nucleare necessario a produrre testate atomiche fu costruito a Dimona nel deserto del Negev.

Nessuno, incluso gli Stati Uniti, ufficialmente hai mai ammesso che Israele possieda la capacità di produrre un arsenale nucleare ma nel 1973 l’allora primo ministro Golda Meir non si fece scrupoli ad annunciare al mondo l’intenzione di usare 13 bombe nucleari contro Egitto e Siria; fortunamente Henry Kissinger, allora a capo della diplomazia americana, ci mise lo zampino e contribuendo con un massiccio approvvigionamento di armi convenzionali in favore di Israele, contribuì a contenere una possibile crisi nucleare.

Ad oggi si stima che Israle possegga circa 400 testate nucleari che includono armi termonucleari, bombe a neutroni, armi tattiche e piccole testate portabili. Il punto non è tuttavia la capacità nucleare di Israele, ma il fatto che lo stesso Israele abbia sempre fatto in modo di impedire ai suoi vicini lo sviluppo di reattori nucleari anche quando chiaramente atti alla produzione di energia atomica ad uso civile. Nel 1981 Israele bombardò, distruggendolo, il reattore nucleare che una compagnia francese stava costruendo in Iraq; così il Mossad non ha mai negato di avere fra i propri target scienziati egiziani, iracheni e iraniani che fossero coinvolti in progetti di produzione di energia nucleare. Qualche ‘colomba’ israeliana e americana ha suggerito più volte di firmare il patto di non-proliferazione nucleare e di entrare a far parte dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, tuttavia le risposte sono sempre state negative.

A questo punto, bisogna rendersi conto che la minaccia nucleare non è unica e che il quadro medio orientale è ben più complesso di come spesso ci viene dipinto dai media. Nel momento in cui gli Stati Uniti valutano se intervenire militarmente in Iran, in Israele c’è chi valuta anche l’opzione di attendere e vedere quale direzione il programma atomico iraniano possa prendere. Il vero timore è che qualcuno nella comunità internazionale possa esporre Gerusalemme a critiche difficilmente difendibili e alla fine Israele venga costretto a rispettare regole internazionali imposte ad altri con l’uso della forza. Se mai un intervento militare dovesse essere deciso contro l’Iran, credo, sarà l’esito di una decisione di politica estera americana piuttosto che la pressione o la stessa decisione di Israele. La strada per un negoziato pacifico è ancora aperta e solo la volontà di non proseguire su questa strada potrebbe chiudere la porta e portare il Medio Oriente in un nuovo conflitto.

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