Dopo Silvio: demenziale orgia di felicità

Un popolo esulta per la caduta di Berlusconi. Ma i problemi resteranno: il Paese ha bisogno di soluzioni non di catarsi o vendette

Premessa: chi scrive si è imbevuto per anni delle teorie repubblicane (il quotidiano allora diretto da Scalfari) sul binomio Craxi-Berlusconi ed il poco interessante dato biografico necessita per sgombrare il campo da qualsiasi equivoco di partigianeria. L’avvento e l’era dei forzaitalioti (“e siamo bellissimi e tantissimi”) è stata culturalmente uno dei motivi che maggiormente ha contribuito a creare una voragine tra partiti e loro rappresentatività, tra istituzioni e cosiddetta società civile. L’Italia paga i colpi impressionanti (destinati a fare ancora più male) di un debito pubblico accumulato progressivamente dalle compagini di ogni colore e di una congiuntura internazionale capace di kappaò alla prima ripresa.

Ciò detto, la demenziale orgia festante sulle note del Silvio che affonda mentre gorgoglia “traditori” dal Titanic inabissato, è indegno di un Paese la cui maggioranza di elettori risulti pensante. C’è qualcuno che possa seriamente credere basti la deposizione di un simbolo (seppur mitologico come quello dell’incarnazione delle contraddizioni di una nazione) per uscire allegramente da una crisi che affonda le radici nella nostra decennale storia di micro-interessi e nelle ormai ineludibili relazioni socio-economiche internazionali? Che un governo “tecnico” (cioè di uomini espressioni della finanza o dell’establishment più trasversale, quindi che poco o punto risponderanno di eventuali scelte politiche) o dalle “larghe intese” (sinonimo strizza-occhiolino di lottizzazione scientifica) cancelli con un colpo di spugna tasse e caro-vita? Cerchiamo vendetta e/o catarsi o un’esistenza migliore?

Abbiamo avuto un assaggio di “larghe intese” durante la trasmissione (in calo di ascolti) di Santoro, il tribuno del Cremlino, completamente schienato alla corte dell’ex giovane Msi Fini, politico che come pochi difende i privilegi della Casta. Pareva un Fabio Fazio qualsiasi eccitato e commosso alla mercè del Bersani di turno. Nessuna domanda sui tagli alla politica; “è finito il berlusconismo?”, gongolava davanti a un presidente della Camera che non credeva alle proprie orecchie. La verità è che il bandanato uomo di Arcore, presidente-operaio, cavaliere-partigiano, quello delle corna in foto coi grandi, delle “toghe rosse” e del predellino, dei malori sul palco e della Madunina in faccia, del superderby e dell’inciucio, delle gite in barca e del superomismo erotico, non è frutto della tv. Come scrivono i poco originali copisti della vulgata da bar. Bensì della società italiana e della cultura del Belpaese, da tempo egemonizzata da una sinistra godereccia e qualunquista, brontolona e poco laica. Una società che mira pervicamente al proprio particolare che più particolare non si può. Ormai alla circoscritta zona del sotto-bacino. La politica italiana negli ultimi tempi si è accapigliata sulle mutande di Silvio ed ora che Silvio è nudo non c’è intimo che tenga. Aveva ragione Gaber: “non temo Berlusconi in sé ma Berlusconi in me”. Che facciamo allora, una gran festa? Perché passiamo da Tremonti a Monti, elidendo il Tre?

Total
0
Condivisioni
Prec.
Una reggiana a X Factor

Una reggiana a X Factor

E' Antonella Lo Coco, 26 anni, di Casina

Succ.
Indignados rebelde, Reggio tra crisi e casta

Indignados rebelde, Reggio tra crisi e casta

Un centinaio di reggiani scendono in piazza per comprendere e discutere la crisi

You May Also Like
Total
0
Condividi