Il 21 settembre del 2010 la Camera ha votato con una maggioranza bulgara contro l’abolizione del vitalizio che spetta ai parlamentari dopo solo 5 anni di legislatura. Quella votazione è passata sotto silenzio ma a ricordare come è andata quel giorno a Montecitorio è stata la giornalista Milena Gabanelli in una recente puntata della trasmissione Report. Noi siamo andati a vedere come hanno votato i parlamentari reggiani.
Per una volta si sono trovati tutti d’accordo: i parlamentari reggiani Maino Marchi (Pd), Pierluigi Castagnetti (Pd) ed Emerenzio Barbieri (Pdl) si sono schierati contro l’abolizione del vitalizio. Angelo Alessandri della Lega non era invece presente in aula perché “in missione”.
Va detto che l’esito del voto è stato “bulgaro”: su 525 presenti, 22 hanno votato a favore del disegno di legge, 498 contro. Il ddl presentato dal deputato dell’Italia dei Valori Antonio Borghesi prevedeva che i contributi venissero versati agli enti previdenziali di provenienza in modo che gli eletti alla Camera e al Senato mantenessero la pensione originaria. Attualmente i parlamentari hanno diritto a un vitalizio quando hanno passato almeno 5 anni in Parlamento. Con il minimo dei versamenti, appunto 5 anni, gli ex parlamentari hanno diritto, a partire dai 65 anni di età, a un assegno di 2.500 euro al mese. E fino a quattro anni fa era sufficiente mezza legislatura per ottenere un vitalizio che superava i 3mila euro al mese. Nel recente passato, poi, c’è stato chi ha beneficiato della pensione a vita dopo avere fatto un solo giorno da parlamentare.
Tutto ciò avviene in un Paese dove una persona normale per ottenere la pensione deve lavorare per almeno 35 anni. E per i giovani, ma anche per i quarantenni di oggi, non basteranno nemmeno quelli perché si troveranno a fare i conti con gli effetti del sistema di calcolo contributivo.
Vale la pena di leggere uno stralcio dell’intervento che ha fatto in aula Emerenzio Barbieri in quell’occasione: “L’Italia dei Valori propone l’abolizione del vitalizio; qualcun altro propone l’abolizione della barberia. Non è che faccia la difesa dei barbieri perché mi chiamo Barbieri di cognome; è sufficiente, infatti, che si vada a vedere quanto si spende fuori di qui e quanto si spende nella barberia della Camera per rendersi conto che la barberia della Camera è più cara dei barbieri che si trovano qui intorno. Ma se cominciamo con la demagogia non finiamo più.
Attenzione, perché quando si afferma il criterio per cui bisogna ascoltare l’opinione pubblica, si tratta di un criterio pericolosissimo, perché l’opinione pubblica non è mossa da principi di equità e di giustizia, è mossa spesso da questioni chederivano più dalla pancia che non dall’intelletto. Allora, voglio chiudere esprimendo una considerazione. Sono fra coloro che hanno letto – lo dico in riferimento alla posizione del Centro studi della Confindustria – il libro di Stella e di Rizzo sulla casta. Mi sarei però aspettato che due valenti giornalisti come Stella e Rizzo scrivessero un altro libro su quei presidenti e amministratori delegati di società che, fra stock option, benefit e società di rating, portano a casa cifre rispetto alle quali la nostra indennità è una roba da miseria. Affido al Collegio dei questori anche questa riflessione.