Si parla molto della crisi del settore edilizio, si pone sul piatto il dato di fatto, se ne trascurano le cause. Al di là della crisi globale si possono individuare crisi locali, alla base delle quali si individua più una cattiva gestione del settore che una contaminazione estranea. Ci troviamo in un territorio deturpato da una sorta di bulimia costruttiva che ha stravolto il nostro paesaggio. Ovunque nell’immediata periferia, gli edifici per appartamenti rimasti inoccupati occupano posti scomodi, la loro presenza è ingombrante e chiaramente percepibile.
La speculazione ha sostituito molto terreno libero con costruzioni ospitanti alloggi altrettanto liberi, e che attraverso un breve bilancio economico oggettivo e soggettivo sono destinate a rimanere tali. I dati parlano chiaro: dal 2007 ad oggi il numero di alloggi senza acquirente sale da 4219 a 7000 attestandosi al primo posto nello scenario regionale (dati ilSole24ore), in soli sei anni, fra il 2002 e il 2007 in provincia di Reggio Emilia sono stati rilasciati permessi per nuove costruzioni residenziali pari a circa 10,5 milioni di metri cubi di cemento (dati da web).
L’apice toccato negli ultimi tempi tra alloggi invenduti, inutilizzati, ceduti attraverso compromessi, ha di conseguenza contribuito a creare uno scenario lampante diverso da quello di soli pochi anni fa, del quale è previsto un peggioramento. A Reggio Emilia si è costruito troppo e male, le grandi imprese tenute in piedi da una massiccia presenza di capitale di fondo hanno soffocato le piccole, le cooperative risentono della crisi poiché molto invenduto è rimasto negli ultimi anni e hanno dato il via ad una sorta di competizione/collaborazione reciproca. La compromissione dell’amministrazione negli incentivi alle costruzioni di alloggi popolari, d’altra parte rimpiazzati con alloggi non occupati delle grandi imprese che costruiscono prive di garanzie di vendita, contribuisce al peggioramento del settore piuttosto che al suo incentivo. Il tutto sostenuto dal riferimento a principi come quello della trasparenza. Al di là perciò di una generale percezione di malcontento del settore che ha subito duramente le ripercussioni della crisi economica, a Reggio Emilia una radice più profonda si mostra difficile da estirpare, perché è radicata sul territorio, nella cultura, nelle amministrazioni.
È difficile prevedere quando la negatività del settore lascerà spazio ad una lenta ma inevitabile ripresa, probabilmente in questo contesto le forze in gioco sono troppe e troppo ingombranti per permettere una ripresa effettiva di un sistema non solo funzionante, ma soprattutto equilibrato.