Nervi tesi al coordinamento provinciale del Pdl. All’indomani del voto referendario, c’è malessere all’interno del partito locale: sul tavolo ci sono i rapporti con la Lega, gli equilibri interni, la leadership nazionale. Ma, al di là delle dichiarazioni, l’impressione è quella di essere al tramonto di un’epoca.
Tirava una brutta aria lunedì sera in via Roma. Da tempo non si vedeva un coordinamento provinciale del Pdl così teso: più che la vittoria dei sì, scontata, è stata l’affluenza alle urne (a Reggio e provincia si è votato di più che nel resto d’Italia) a trasformare uno strumento che sembrava morto e sepolto, in un’arma micidiale. La batosta tra l’altro segue lo choc delle amministrative, che hanno portato al governo di Milano e Napoli l’avvocato di De Benedetti e un magistrato. E come è stato ampiamente riportato da analisti e commentatori di estrazione diversa, tra l’altro, l’adesione – grazie anche a internet e ai social network – è stata trasversale e ha infranto le barriere ideologiche.
Per forza di cose non poteva essere una riunione serena quella del direttivo del giorno dopo, che si è riunito quando la dimensione della debacles era ormai evidente. Tra i partecipanti erano presenti alcuni personaggi che navigano il mare della politica da troppo tempo per farsi prendere dal panico. Uno come Emerenzio Barbieri, ad esempio, ha vissuto ben altri terremoti per farsi spaventare dalle contingenze. Più profondo è invece il malessere che serpeggia tra i più giovani. Alcuni si lasciano andare in camera caritatis, altri non esitano a parlare apertamente, ma al diagnosi è la stessa: siamo al crepuscolo. E dopo il crepuscolo c’è la notte.
A dire la verità nessuno se l’è sentita di indossare i panni del becchino, ma se un zelante uomo di partito come Fabio Filippi perde le staffe – pare che abbia perso qualche cena a base di pesce per avere scommesso con gli amici sul quorum – e utilizza parole di fuoco per descrivere la situazione, allora significa che qualcosa si è rotto davvero.
Inevitabile che in questo clima il piano locale e quello nazionale si intersechino e si sovrappongano: la questione dei rapporti con la Lega si pone tanto a Roma come a Reggio. E all’interno del coordinamento provinciale c’è chi accusa il Carroccio di fare lo scaricabarile quando le cose non si mettono bene.
Ma a prevalere in questo momento è l’autocritica, sopratutto all’interno della componente giovanile: la ricerca del traditore, di un nemico comune (siano i comunisti, i magistrati oppure il Fini di turno) non funziona più.