Acqua pubblica? Un po’ di chiarezza oltre gli slogan

Alberto Biancardi fa piazza pulita di alcuni pregiudizi e luoghi comuni: le reti idriche tra pubblico e privato

Alberto Biancardi*

Lo slogan “acqua pubblica”, a cui i due quesiti referendari fanno più o meno esplicitamente riferimento, nasce da una serie di istanze dirette a molti settori erogatori di servizi pubblici e che hanno trovato in quello idrico un comune punto denominatore.  La crescente sfiducia verso il privato è una prima istanza. Nel settore pubblico viene identificata la naturale protezione degli interessi dei più deboli, soprattutto di coloro che continuano a subire penalizzazioni economiche e sociali dalla crisi economica in atto.

L’insoddisfazione verso le liberalizzazioni che hanno interessato molti servizi di pubblica utilità è la seconda istanza che anima i referendum. Le tariffe di molti di questi settori non sono diminuite dopo le liberalizzazioni e, al tempo stesso, la qualità del servizio non è migliorata. Da qui, appunto, l’insoddisfazione e la richiesta di ritorno all’impresa pubblica (o di un non allontanamento).

Più in generale, vi è la sensazione che le esigenze dei cittadini consumatori siano sempre meno tenute in considerazione, non solo con riguardo al prezzo, ma anche alle caratteristiche generali del servizio fornito: l’operatore privato è identificato come il primo colpevole di tale insoddisfazione. Per questo motivo, l’acqua e gli altri servizi non devono essere – per così dire – espropriati, pena una scollatura ancora maggiore.

Seguendo l’orientamento di coloro che hanno proposto i referendum, affidare un servizio – non solo l’idrico – a un soggetto pubblico direttamente e senza gara è una soluzione possibile (nei fatti, auspicabile, si veda il primo dei due quesiti), così come evitare che nella tariffa idrica sia prevista una adeguata remunerazione del capitale investito è opportuno per evitare indebiti profitti nella erogazione del servizio medesimo e per consentire ai cittadini di disporre di acqua a prezzi sostenibili (si veda il secondo quesito).

Indipendentemente dalle opinioni sugli argomenti sottoposti a referendum, la realtà appare decisamente più complessa.

L’impresa pubblica, al di là della sua forma societaria, è un’organizzazione che ha propri obiettivi i quali possono divergere anche sensibilmente da quelli della collettività. Si pensi, ad esempio, alla gestione clientelare di molte realtà pubbliche e alle politiche di assunzioni e di gestione poste in atto dai manager di queste imprese per garantirsi la compiacenza dei politici. Ovviamente, anche un’impresa privata ha obiettivi che possono non coincidere con quelli dei cittadini.

Parimenti, vi sono esempi di imprese pubbliche ben amministrate e che forniscono servizi di qualità eccellente a prezzi ragionevoli. Tuttavia, anche alcune imprese private fanno lo stesso, così come vi sono imprese pubbliche e private che erogano pessimi servizi a tariffe assai onerose.

Anche riguardo alla identificazione di assenza di remunerazione del capitale investito con tariffe economicamente adeguate è discutibile. Infatti, il riconoscimento di un equo tasso di profitto è condizione necessaria per poter reperire finanziamenti. Ciò vale sia per un’impresa pubblica che per una privata, in linea generale e a maggior ragione tenendo conto che il settore pubblico non dispone attualmente di fondi sufficienti per finanziare i grandi investimenti che sono necessari nel settore idrico. Si osservi che servono diverse decine di miliardi di euro per ridurre le perdite della rete idrica e per rendere la qualità del servizio in linea con i parametri minimi di un Paese economicamente e socialmente avanzato. Nessuna banca è in condizione di offrire un così ingente ammontare di denaro senza remunerazione. Indipendentemente dal fatto che chi eroga il servizio sia impresa pubblica o privata.

Il nodo da risolvere per fare un salto di qualità al settore idrico appare quello della regolazione. Questa è la strada da seguire per fare in modo, seguendo quanto osservato poco sopra, che l’azione di un’impresa pubblica o privata sia volta a perseguire gli obiettivi dei cittadini utenti e non solo dei manager o dei politici (o degli azionisti privati); allo stesso modo, una buona regolazione deve consentire di remunerare ragionevolmente le fonti di finanziamento di un’impresa senza avere tariffe eccessivamente gravose.

Certamente, la regolazione di un’impresa pubblica può differire sotto più profili da quella di un’impresa privata. Ma i problemi e gli strumenti per gestirli sono sostanzialmente gli stessi, e su questi sembra lecito concentrarsi una volta svolto il referendum.

A partire dal ruolo e dalle funzioni della Autorità di regolazione dei servizi idrici, in via di costituzione, che in avvio della sua attività dovrà dare risposte rapide ed adeguate per sbloccare gli investimenti nelle reti idriche e, in generale, per migliorare affidabilità e continuità del servizio in molte zone del Paese.

*Esperto di regolazione economica. Attualmente è direttore generale di cassa conguaglio per il settore elettrico e responsabile dell’area energia e infrastrutture di Arel

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