Cronache quotidiane di un cittadino alle corde

Il Rontani furioso: sulla strada tra casa e scuola

Bob Rontani

Accompagnare i figli a scuola dovrebbe essere un piccolo rito.
Nel torpore delle vecchie vie cittadine, mano nella mano, parlare un pò di compiti, di verifiche, di partite a pallone nel cortile della scuola: parlare con tuo figlio.
Mi alzo prima, esco prima e parcheggio lontano. Oddio lontano, qualche centinaio di metri prima, riuscendo così a strappare alla mia giornata minuti preziosi con lui.
E il piccolo rito si compie: leggo tra le dolcissime pieghe delle confidenze
di un quasi ometto, somiglianze che mi riempiono di gioia e di tenerezza.
Rispecchiarsi, dopo decenni, è pura magia.
Quanto dura questa magia? O meglio, quanto ci fanno durare questa magia?

Ore 7,35: rotonda di Santo Stefano. L’immissione nella suddetta è caratterizzata da improvvise accelerazioni, degne da partenze da Gran Premio. Siamo sempre a un pelo dalle collisioni. Se decidi di lasciar sfogare questi debosciati al volante, con volti metà spiritati e metà assonnati, parte il clacson di chi hai dietro: con gesti gentili ti invitano a non dormire. Cerco di capire cosa pensino gli italiani al volante in questi situazioni, ma guardo mio figlio dallo specchietto e gli sorrido.
Si parcheggia, con mille occhi e con la speranza di non dover fare retromarcia nella manovra. Non basta la freccia: ti suonano. Qualcuno ti guarda male. Sto parcheggiando, attendi quei 10-12 secondi per cortesia, coglione.

Mano nella mano: eccolo qua il mio ometto. Controllo che lo zainetto sia chiuso, ma un rumore di copertone che striscia mi allarma. Nonostante sia sul marciapiede, un furgoncino contromano sale (quasi) a velocità folle. Sposto il piccolo ed impreco.
Ultima via e sono a scuola: manca poco all’inizio delle lezioni. I miei colleghi genitori sono tutti lì, in fila, in doppia fila, con i motori accesi: fosse per loro entrerebbero nel portone con l’auto. E attendono che il loro pargolo inforchi le scale. E suonano. Suonano tutti, inviperiti già alle 8. Tutti così comprensivi e tolleranti con sè stessi ma severi ed inquisitori con gli altri. Un delirio.

Ritorno verso la macchina e mi fermo al bar per un caffè: le scene peggiorano. Passo davanti ad un altra scuola: tutti nervosi. Una signora in doppia fila ferma la macchina, quattro frecce, scendono i figli, aprono il baule, scaricano gli zaini, chiudono il baule, salutano la mamma, e si incamminano verso il portone. Loro non hanno fretta, ma la fila sì. E ricomincia il concerto. Con la differenza che l’ubicazione permette agli infuriati in attesa, di sgommare appena possibile, come alla rotonda.

Sembrano urla, questi copertoni che stridono, incapaci di dare un piccolo allarme nei cervelli super impegnati di individui che paiono ormai drogati di tempo che non hanno. Quando ero piccolo, si andava a piedi, avevo la carezza della mamma, e il vigile fermava la macchine per farci attraversare la strada: ogni tanto anche lui elargiva carezze ai pargoli, e non rischiava una denuncia.

Ho spostato la sveglia, al mattino, altri 5 minuti prima. La rotonda è meno caotica, il parcheggio è semplice, vicino alla scuola non ci sono colonne di motori che fumano. Cari colleghi genitori, (quelli che possono, anzi quelli che se lo possono permettere), alzatevi qualche minuto prima. Vi accorgerete che iniziare la giornata chiacchierando un pò di più con i piccoli si diventa pian piano un po’ più grandi.

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