Storia del gattino morto e della burocrazia viva

Via Martiri di Cervarolo, zona Buco del Signore verso Due Maestà, poco dopo il ristorante “Amarcord”: c’è un gattino grigio e bianco riverso ai bordi della strada. Fermo la macchina per vedere meglio, parcheggio e mi avvicino alla creaturina che non dà segni di vita.

burocrazia1Purtroppo il timore è confermato: è stato colpito da una macchina, il solito imbecille sfrecciante per chissà quali impegni vitali e che può rullare molto forme di vita tranne gli umani ma solo perché la legge oppone qualche problema. Probabilmente il gattino è lì dalla sera prima. Lo tolgo dalla strada e lo adagio su una zona erbosa lì vicino per evitare che altre autovetture ne facciano ulteriore scempio. E decido di dargli più che umana (o meglio animale nell’accezione buona), diciamo civica sepoltura; facendo al contempo il mio dovere di cittadino. La scelta dettata da pietas mi costerà cara in termini di spesa telefonica, tempo perso (non tanto per la veglia al gattino) e indignazione varia.

Prima telefono in comune a Reggio; faccio il centralino che mi rimanda ad uno specifico ufficio. Che mi precisa essere chiara competenza di Iren (alla voce Igiene ambientale) la raccolta e “smaltimento” di carcasse. Centralino Iren che mi rimanda a preciso ufficio. Che mi precisa essere competenza della Polizia provinciale. Centralino della Polizia provinciale che mi rimanda a precisa persona che contatto col cellulare. L’agente risponde e confessa di essere lui che gira per la provincia e la città a raccogliere cadaverini di esseri non umani, soprattutto selvaggina. Ma va bene anche il gattino. Ma lui deve ricevere l’input dal comune e mi fornisce nome e cognome di una professionista adatta, la sola che può autorizzarlo al recupero.

Ricomincio la trafila; richiamo il centralino che mi ripassa (è circa mezzogiorno e venti) la dirigente apposita. Che non risponde. Nel frattempo il cittadino “pietoso” che vi scrive ha già sacramentato con più d’un addetto, minacciato la sua presenza fisica in più d’un ufficio e ventilato forse a sproposito la parola “assenteismo” negli uffici pubblici che si rimpallano responsabilità e veleni al telefono con lo sprovveduto gattaro. Come per incanto, dopo il termine ventilato di cui sopra, la dirigente risponde bontà sua al telefono. Ma dice che dovrei ritelefonare alla Polizia provinciale che poi le avrebbe girato una richiesta scritta. Le dico di essere già d’accordo con tutti e che l’agente che agisce non aspetta che una sua telefonata. Allora la dirigente pagata coi miei e altrui soldi per rendere complessi gli affari semplici mi dice che le dovrei mandare una mail; le rispondo che sono in mezzo alla strada da un’ora col gattino morto e che non saprei come fare a raggiungere in quel momento un computer. Di fronte alla mia voce alterata e probabilmente ad un attimo di consapevolezza dell’assurdità della burocrazia che la mantiene e ci uccide, mi liquida rassicurandomi il suo impegno.

Sul cadaverino intanto hanno battuto i raggi del sole e le gocce di pioggia mentre gli insetti lo circondano nonostante le mie energiche difese. Sono passate alcune ore e il micio è ancora là. Esposto alle intemperie del tempo e ai meccanismi di burocrati, centralinisti e impiegatume vario. Anche questa è Reggio, città delle persone. Che le bestie vadano a morire ammazzate.

Un cittadino

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