Noi, populisti spettatori da bar…

Visti in dvd dalla poltrona: “Pietà” e “Mi rifaccio vivo”
Pietà
Pietà

Pietà, di Kim Ki-Duk. Con Lee Jung-Jin, Jo Min-Su. Titolo originale: Pieta. Corea del Sud. 2012.
Genere: drammatico.

Per questo film il regista Kim Ki-Duk – mai sentito nominare – si è portato a casa il Leone d’Oro 2012 a Venezia.
Addirittura?
Esattore della malavita senza coscienza e senza scrupoli viene messo in “crisi” dall’entrata in scena della madre, che lo aveva abbandonato da piccolo, tanto da iniziare a provare sentimenti e a temere per un nuovo abbandono. Solo a scriverlo fa venir sonno, ma tutto sommato non è malaccio, c’è la storia, c’è del materiale su cui lavorare. Però è inutile far finta che gli attori orientali a noi occidentali non sembrino quasi tutti uguali e scarsi, così come è inutile far finta che le inquadrature tipo Megaloman o Godzilla, con la telecamera che improvvisamente zooma all’indietro, passando in un secondo da un primo piano a un campo largo, o viceversa, ai nostri occhi non risultino amatoriali, con rispetto parlando.
Probabilmente il regista la forma “sporca” la vuole, ma il risultato ottenuto toglie parecchio a un film che ha qualcosa da dire e che riserva un notevole colpo di scena nel prefinale (no comment invece sul finale, sicuramente poetico e sicuramente altrettanto eccessivo). Ma a noi spettatori da bar questo capolavoro con un sacco di sottotesti (la redenzione, il contrappasso) non prende mai davvero. Poi il figlio aguzzino che ama masturbarsi a letto e la madre che, pur schifata, lo aiuta in questa partica…No, dai, a cosa serve? E’ poesia o eccesso fine a se stesso?

 

Per non lasciarvi senza film per la serata: da uno Sconsiglio a un consiglio per la visione

 

 

Mi rifaccio vivo
Mi rifaccio vivo

Mi rifaccio vivo, di Sergio Rubini. Con Emilio Solfrizzi, Pasquale Petrolo (Lillo), Neri Marcoré, Margherita Buy, Vanessa Incontrada, Sergio Rubini. Italia, 2013.
Genere: commedia.

Sarà che non ti aspetti una commedia pura né dal regista (Sergio Rubini) né dal protagonista (Emilio Solfrizzi), fatto sta che il film si lascia guardare con piacere, con l’unico difetto di tirarla un po’ troppo per le lunghe nel finale, dove tra l’altro diventa buonista all’eccesso. Ma per il resto funziona. Oltre ai personaggi azzeccati (Lillo nerds, Neri Marcoré nevrotico, Margherita Buy moglie repressa, Rubini angelo custode sui generis, Gianmarco Tognazzi avvocato-usuraio), c’è una storia originale: Lillo si suicida per “colpa” di guai finanziari e di Marcoré, nemesi fin dai tempi della scuola; nell’aldilà (dove comanda Carlo Marx!) ottiene un ritorno a tempo tra i vivi…ma nei panni del collaboratore di Marcorè, interpretato da un Solfrizzi in stato di grazia. Nota di merito per la mancanza di turpiloquio (il minimo sindacale), a testimonianza che si può far ridere anche senza riempire i dialoghi di parolacce: “Sono un imprenditore serio – afferma Marcoré – non ho soldi, solo debiti”.

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