Viaggio al termine della Mediopadana

Sabato inaugura la stazione

Viaggio al termine della Mediopadana
“Chi parla dell’avvenire è un cialtrone, è l’adesso che conta” dice Ferdinand Bardamu, l’alter ego di Louis Ferdinand Céline protagonista di Viaggio al termine della notte, uno dei più cupi, nichilisti e cinici romanzi che siano mai stati scritti. Chissà cosa avrebbe pensato Bardamu alias Céline se nel suo viaggio avesse fatto tappa nella stazione Mediopadana, magari proprio il giorno dell’inaugurazione. Perché in fondo la stazione dell’architetto Calatrava è un inno al domani, è la scommessa sulla vittoria del progresso contro la crisi. Una crisi che non è solo economica, ma anche estetica. Non è un caso che in questi giorni che precedono il taglio del nastro, con il cantiere ancora aperto, nelle frasi di politici e amministratori i verbi siano tutti declinati al futuro.

E’ più difficile guardare al presente. Un presente ricoperto dalla polvere del cantiere, avvelenato da un’inchiesta della procura che getta ombre sui subappalti e ipotizza infiltrazioni mafiose. Che i clan fossero interessati alla torta dell’alta velocità lo si sapeva da tempo, ma leggere nomi e cognomi di presunti affiliati ai clan che fanno la guardia a una settimana dall’inaugurazione è un’altra cosa (il merito è della giornalista del Resto del Carlino Sabrina Pignedoli che ha dato conto dell’indagine). Peggio delle notizie che filtrano dalla procura è assistere allo scaricabarile delle istituzioni, al rimpallo delle responsabilità tra Comune, Provincia e aziende.

La copertura di Calatrava è bella da mozzare il fiato. Si dimenticano le miserie di oggi guardando queste onde d’acciaio che sembrano muoversi.Viene voglia di prendere il treno e partire, lasciandosi alle spalle storie di cantieri eterni, guardiani affiliati ai clan, subappalti non autorizzati. Prima però ci tocca il triste rito dell’inaugurazione, che ha sempre un non so che di pomposo, retorico, magniloquente. Di falso.

Lo sarà a maggior ragione in questa occasione perché il nastro non lo taglierà chi si è preso la responsabilità fare questa scommessa sull’avvenire. Su Antonella Spaggiari è calata la damnatio memoriae, la pena che i latini riservavano agli hostes, ossia ai nemici di Roma e del Senato – molto prima che il tempo abbia detto se Céline aveva torto o ragione.

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