Al termine della prima votazione, il possibile frutto dell’inciucio Pd-Pdl (con appoggio di Lega e montiani), ha dato vita ad un aborto. L’ex leader della Cisl, nonché ex presidente del Partito popolare, Franco Marini (già Presidente del Senato) non ce l’ha fatta: 521 voti non sufficienti a garantirsi la poltrona che fino al 15 maggio sarà di Giorgio Napolitano.
Ieri sera, dopo che i maggiorenti del Pd avevano deciso di far convogliare i voti su Marini, la base del partito è praticamente sbottata in una rivolta senza precedenti, con manifestazioni di piazza e pubblici roghi di tessere di partito. Uno scenario apocalittico per il Pd che va oltre le più nere previsioni e che potrebbe davvero essere il preludio della scissione.
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Stefano Rodotà, candidato grillino, ha invece ottenuto 240 voti e molti parlamentari Pd hanno sicuramente preferito votare lui rispetto a Marini. Ma il vecchio “lupo marsicano” (80 anni suonati), al secolo Franco Marini, potrebbe risorgere dalle proprie ceneri al termine delle prossime votazioni. Staremo a vedere. Probabile anche che l’eventuale elezione di Marini (non proprio rispondente alle esigenze di ringiovanimento e svolta chieste a gran voce dai cittadini) possa segnare un distacco ancora più marcato tra le istituzioni e i cittadini e tra i vertici dei partiti e l’elettorato