E adesso? Niente, proprio come ieri. Bersani ha terminato il suo velleitario tentativo, quello di formare un governo al quale in realtà non è interessato. Vuole scegliere il Presidente della Repubblica, non fare il capo di un governo di coalizione. Perché?
Perché in questo momento governare è un problema. Molto meglio avere le mani libere e controllare un partito. Ecco, il partito, dove arrivano soldi che si possono spendere senza che vi sia il minimo controllo. Il Presidente del Consiglio è nell’occhio del ciclone, ha poco da guadagnare e molto da rischiare. Non conviene. Dal partito, grazie alla legge elettorale, si controlla tutto, si scelgono gli eletti, quelli che disturberanno meno. Tutti puntano ad avere un partito, non a governare. Nessuno peraltro potrà imputare a Bersani di non averci provato, ma il governissimo obiettivamente sarebbe stato improponibile. Ma anche un governissimo non avrebbe cambiato le sorti, almeno nel breve segnate, del Paese.
Cosa fare allora? Ridurre il potere dei partiti, stringendo i cordoni della borsa, a favore dei cittadini attraverso la democrazia diretta, come dice Grillo? No, i partiti servono. Le nuove tecnologie in futuro saranno usate e i cittadini potranno esprimersi ed essere ascoltati con molta più velocità, ma non su tutti i temi. La democrazia elettronica funziona nell’ambito dei diritti, dell’etica, dei valori. Quando serviranno technicalities, skills e visione serviranno anche i politici. E anche i partiti, il cui ruolo e funzionamento dovrà essere normato. Il primo passo resta la legge elettorale, che permetta la scelta degli eletti e la scelta chiara di un governo. Tutte le altre cose da fare, in primis ricostruire uno scenario con condizioni di permettere a imprese di crescere e creare posti di lavoro, porteranno a risultati in tempi molto più lunghi. Per cui la crisi sarà comunque non eludibile, come il calo della nostra ricchezza. Ma ce la faremo? Forse. Ma nessuna alchimia poltica, nessun genio al timone, nessuna riforma del lavoro avrà successo se non cambieremo la nostra mentalità. Se tutti gli italiani, contemporaneamente, decidessero di smettere di guardare esclusivamente al proprio tornaconto personale, al proprio esclusivo interesse economico; se le menti più colte e preparate non si prestassero più a soli interessi di bottega e di famiglia ma guardassero al bene di tutti , saremmo salvi e fuori dalla crisi in un secondo. La speranza immediatamente rinascerebbe e l’Italia volerebbe. Siamo vittime di noi stessi, tutto qui: il paese sconta soprattutto una arretratezza culturale impressionante, il peggiore dei guai.