Contrariamente alle mie abitudini scrittorie userò (anzi ho già iniziato) la prima persona, l’io narrante e protestante, per parlare di un tema da sempre a me molto caro. La prima persona d’altronde tradisce, oltre che la forma epistolare del suo sviluppo, anche la passione personale sull’argomento e il desiderio di esprimere il più possibile di getto un’opinione su un dibattito che continua a vivere, e assurdamente (vedremo perché), di fatto solo nel nostro Paese. Ovvero la necessità dei cattolici in politica. Magari il più possibile vicini, geopoliticamente parlando, in una ben definita area elettorale. I Vescovi, sconfitti dalla storia su questo fronte, chiedono oggi ai candidati almeno unità sui “temi sensibili”. Facendo questo non posso non partire dall’interessante libro-riflessione-manifesto che l’amico e collega Edoardo Tincani (direttore del settimanale diocesano “la Libertà”) ha recentemente dato alle stampe: In politica con più fede, un nuovo partito dei cristiani? Tincani, in sostanza ed estrema sintesi, dopo una vita passata a subire lo scollamento di fatto tra identità cattolica e vita pubblica, cadendo nel conformismo della rassegnazione e dell’indifferenza, dello sdegno epidermico e della lamentela qualunquista, ha deciso un improvviso riscatto. Prendendo carta e penna per tratteggiare il senso e le linee di un “partito nuovo”, nulla a che fare dunque con la vecchia Dc, fatto di uomini e donne tenuti assieme non tanto e forzatamente dalla paura del comunismo ma dalla volontà di tornare in politica attraverso un’ispirazione cristiana forte e costitutiva.
Per scrivere correttamente di quella assurdità nei termini e teologica che è la necessità dei cattolici in politica (diverso naturalmente dalla loro presenza nella vita pubblica e sociale), bisognerebbe ora occuparsi, in modo profondo e diffuso, di storia e letteratura cristiana, scienze religiose ed esegesi. Il che non è né nelle nostre possibilità né tantomeno lo spazio e il medium a nostra disposizione potrebbero permettercelo. Partiremo e quasi finiremo allora con poche e semplici constatazioni-domande desunte dallo studio del passato e dall’osservazione dei fatti moderni e contemporanei. Così facendo, ci permetta il paziente lettore un ulteriore scivolone stilistico, passando addirittura all’abbreviazione del gentile e non ipotetico interlocutore. In questo caso appunto Edoardo Tincani.
Allora caro Edo, la massiccia presenza con illimitati poteri di un partito democristiano per mezzo secolo nella storia della Repubblica italiana, ha forse evitato la scristianizzazione di un popolo e la progressiva de-moralizzazione nei conseguenti atteggiamenti (visti si badi bene sotto l’ottica ecclesiale) privati e pubblici? Qual è stata nel tempo, nonostante la presenza/influenza/ingerenza delle Gerarchie, la risposta degli italiani messi davanti ai quesiti sul divorzio e sull’aborto? Qual è la tenuta, anche numerica oltre che valoriale, delle famiglie? Quale il senso del rispetto delle istituzioni, a partire dalla scuola per arrivare alla gestione della cosa pubblica? Lo scudocrociato od altri emblemi vagamente cristici hanno forse preservato i suoi appartenenti da scandali di ogni tipo e da reati odiosi? L’aggettivo cattolico, spesso accompagnato agli ordini e alle professioni, alle circostanze e alle dimensioni, ha mai messo al riparo gli uomini che se ne sono beati e riempiti la bocca, da censure e decisioni che nella realtà dei fatti sono andati in senso esattamente contrario all’etimologia del suddetto aggettivo? La risposta è scontata, almeno quanto le domande retoriche. E le conosci meglio di me.
Di più, se hai ancora un attimo di pazienza da dedicarmi caro Edo: i sedicenti cattolici in politica che si sono succeduti in questi anni da Reggio a Roma, i vari Castagnetti e Bonferroni, Barbieri (Emerenzio) e Soliani, Folloni e Lusetti, cosa hanno portato di “cattolico”, cioè di “moralmente più alto” come suppongo intendi tu, alla gestione del pubblico? Qualcuno tra costoro ha mai denunciato l’abominevole deriva che la politica politicante degli affaracci propri (intesa in senso generale e da non declinare sulle persone citate) ha costretto ad intraprendere negli ultimi decenni alla nave Italia ed al concetto che l’opinione pubblica oggi ha di chi si appresta a governarli? Il bla-bla-bla sui valori e la morale, l’interessato plauso alle esternazioni clericali da parte di tutti i rappresentanti di partiti e movimenti, il cianciare quotidiano di democrazia e comportamenti etici, ha forse impedito al nostro Paese di vivere il più importante scollamento tra cittadini e istituzioni dell’era moderna?
Io penso invece il contrario (e mi scuso davvero per la prima persona che non so se e quando tornerò ad usare); e cioè che l’aggettivo cattolico che molti si autocuciono addosso e i simboli cristiani che sventolano con finto orgoglio, serva spesso a coprire vuoti di idee e coerenza di comportamenti personali. E faccia correre enormi rischi di indicibile sputtanamento al sedicente chierichetto pubblico, rendendo a volte a causa sua ridicolo il concettto stesso di religione. E ipocrita la declinazione di fede in politica. Allora caro Edo, e concludo davvero, penso che in politica non serva più fede ma più onesta e che i cattolici veri, volessero davvero rendere servizio a questo disastrato Paese (reso tale purtroppo, proprio dagli scudocrociati reali o solamente verbali) dovrebbero essere più laici. Non l’opposto. Se è vero che “cattolico” significa “universale”. Con rinnovata stima ed amicizia