Disarmo nucleare, lo stato dell’arte

Ricevo, attraverso i canali dell’USPID (Unione scienziati per il disarmo), un articolo di Carlo Trezza, pubblicato su “Affari Internazionali” (06/10/2016). L’Ambasciatore Carlo Trezza è Presidente uscente del Missile Technology Control Regime. Ha presieduto la Conferenza del Disarmo e il Advisory Board del Segretario Generale dell’Onu per le questioni del Disarmo. È stato Ambasciatore d’Italia a Seoul e presso la Conferenza del Disarmo a Ginevra.

Mi sembra interessante, anche in relazione a un’importante risoluzione sul disarmo nucleare in votazione nella prima commissione dell’Assemblea generale dell’ONU. So che la maggior parte delle persone è poco informata su questi problemi, quindi lo riporto integralmente.

“Da molti anni nulla di significativo si è registrato sul fronte degli accordi multilaterali nel campo del disarmo nucleare. L’ultima intesa risale al 1996 con la conclusione del Comprehensive test ban treaty (Ctbt), che proibisce gli esperimenti atomici.

Da allora la Conferenza del Disarmo di Ginevra, l’organo istituzionalmente competente per condurre tali negoziati, è rimasta paralizzata. È deprecabile che per oltre un ventennio non si sia riusciti a sfruttare le occasioni offerte dall’allentamento della tensione post-guerra fredda il quale va oggi tramontando.

Una novità per la messa al bando dell’arma atomica 

La frustrazione si riscontra in particolare in seno alla Prima Commissione dell’Assemblea Generale dell’Onu che si riunisce ogni anno a New York nel mese diottobre e che segue i temi del disarmo e della sicurezza internazionale.

Quest’anno si prevede un elemento di novità: verrà infatti discussa e votata una nuova risoluzione in cui un gruppo di Paesi capeggiati da Austria, Brasile, Irlanda, Messico e Nigeria, propone la celebrazione nel 2017 di una Conferenza per negoziare uno “strumento legalmente vincolante per proibire le armi nucleari che conduca alla loro totale eliminazione”. Si tratterebbe in sostanza di perseguire “in un solo colpo” l’ambizioso obiettivo della messa al bando dell’arma atomica.

È la prima volta che in Prima Commissione viene proposto un testo così perentorio in cui vengono già individuati i partecipanti, la data, il luogo e la durata della prevista Conferenza. Ad aprire la strada è stata in realtà la Conferenza di Riesame del Trattato di Non proliferazione nucleare, Tnp, tenutasi nel 2010 a New York dove si convenne sull’obiettivo di un mondo privo di armi nucleari e si giunse ad affermare il principio degli effetti catastrofici dell’uso di tali armi.

Per approfondire questo ultimo tema si sono tenute successivamente, sotto gli auspici dei Paesi citati, tre conferenze internazionali che hanno affinato gli argomenti a favore di un’eliminazione delle armi nucleari ed allargato la piattaforma dei Paesi che condividono tale obiettivo.

La resistenza delle potenze nucleari

Le cinque potenze nucleari riconosciute dal Tnp (Cina, Francia, Regno Unito, Russia e Stati Uniti) che pure avevano aderito ai principi enunciati nel 2010, si trovano ora a resistere a questa iniziativa che giudicano irrealistica. Ad essi si affiancano i quattro Paesi (India, Israele, Pakistan e Corea del Nord) che si sono dotati unilateralmente dell’arma nucleare e che restano al di fuori del Tnp.

Non si trova a proprio agio neppure la Nato, la cui dottrina si fonda sul principio della deterrenza nucleare. Vista l’eterogeneità delle posizioni dei suoi membri sulla questione nucleare, l’Unione europea, Ue, incontrerà difficoltà a trovare un orientamento comune su tale spinoso argomento.

Gli ostacoli procedurali che gli agguerriti oppositori potranno frapporre sono molteplici. Le parti possono chiedere una votazione sui singoli paragrafi del testo ed esercitare ogni tipo di pressione. Le risoluzioni dell’Assemblea non sono comunque giuridicamente vincolanti e un’analoga conferenza sulla proibizione delle armi di distruzione di massa in Medio Oriente, fissata per il 2012, non ha mai visto la luce.

Ciononostante, è assai probabile che la risoluzione finisca per ottenere la maggioranza dei consensi e che quindi si inneschi a New York (e non nella sede istituzionale ginevrina) un effettivo meccanismo negoziale.

Probabilmente molti degli oppositori opteranno per non partecipare all’incontro e per dichiararsi non vincolati dai suoi esiti. Ma dall’esterno gli assenti avranno minori possibilità di influire sui negoziati i cui risultati rischiano in tal modo di essere ancora più contrari a quella che è la loro percezione dei propri interessi.

Molti si domandano se abbia un senso avviare una trattativa sulle armi nucleari se saranno assenti i principali detentori di tali armi. È quanto è già avvenuto allorché, mutatis mutandis, vennero concluse, rispettivamente nel 1997 e nel 2008, le convenzioni sulla proibizione delle mine anti persona e quella sulle munizioni a grappolo dalle quali rimasero estranei paesi importanti come Stati Uniti, Russia, Cina e India. Tali convenzioni furono adottate e vengono ora applicate senza la partecipazione dei “major players” che si sono trovarono relegati in un angolo.

Due sentieri negoziali da tenere insieme

Nel valutare i pro e i contro dell’iniziativa nucleare, che è però ben diversa da quella delle mine e delle munizioni a grappolo, occorre tener conto che va lentamente maturando il convincimento di un tramonto del dogma della bomba atomica come arma egemonica ed assoluta.

Il Presidente Usa Barack Obama se ne è reso primo interprete attraverso la sua dichiarata propensione a ridurre il ruolo dell’arma nucleare nella strategia di difesa statunitense. I tempi di Hiroshima e Nagasaki sono in effetti superati da nuove tecnologie che permettono a mezzi convenzionali più sofisticati e precisi di svolgere un ruolo strategico analogo a quello del nucleare senza averne gli effetti catastrofici.

Un piccolo e disastrato Paese come la Corea del Nord, con le poche risorse di cui dispone, è riuscito a procurarsi l’arma atomica. Quest’ultima, lungi dall’assicurare l’egemonia dei grandi, può permettere a stati fuorilegge ed eventualmente a gruppi terroristici di sfidare anche le maggiori potenze nonostante la loro schiacciante superiorità militare.

Attraverso il Trattato di non Proliferazione si è riusciti sinora a contenere la cerchia degli stati nucleari ma India, Israele, Pakistan e ora la Corea del Nord sono già riusciti a sfuggire dalle maglie di questo meccanismo. Altri paesi li potrebbero seguire. Le tecnologie nucleari si diffondono ormai anche via internet ed i costi delle apparecchiature più sofisticate sono sempre più alla portata anche dei paesi meno abbienti.

In queste circostanze viene da domandarsi se, in aggiunta alle sacrosante considerazioni di umanità e di civiltà, non militino a favore di questo negoziato anche motivi di convenienza strategica delle stesse grandi potenze.

Occorre mettere in conto tuttavia che il processo dall’esito incerto che si va profilando a New York rischia di richiedere anni di trattative. Sarebbe quindi prematuro gettare alle ortiche l’approccio alternativo al negoziato “in un solo colpo”: quello che mira a perseguire una proibizione, come si è fatto sinora purtroppo con risultati deludenti, attraverso un processo per tappe successive. I due sentieri non si escludono tra loro, possono convivere e rafforzarsi vicendevolmente.”

PS – Non dimentichiamo che in Italia esistono tuttora 80 – 100 bombe nucleari Usa e che è in corso un programma di ammodernamento.

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