Cercasi trama originale: bravi gli attori, ma da “Enigma” ci aspettavamo qualcosa di più

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Ottavia Piccolo

La qualità scenica di Ottavia Piccolo e Silvano Piccardi è quella della tradizione teatrale italiana, ovvero molto buona.

Enigma. Niente significa mai una cosa sola, in scena al Teatro Ariosto fino a domenica 24 gennaio, ha un solo difetto, che è quello, a mio parere, di una scrittura poco originale perlomeno per chi, come me, ha una seppur piccolissima esperienza cinematografica.

Sia il grande che il piccolo schermo hanno raccontato in maniera egregia come poteva essere la vita nella Berlino Est e il trauma – storico e sociale – della caduta del muro.

Goodbye Lenin, film del 2003 di Wolfang Becher e Le vite degli altri, uscito nel 2006 e scritto e diretto da Florian Henckel von Donnersmarck, sono due capolavori che riescono a riempire lo spettatore di emozione, di empatia, ma riescono anche a spiegare con fedeltà fatti e sensazioni che hanno caratterizzato un periodo storico.

Enigma-nella-foto-Ottavia-Piccolo-ph-di-L.-De-Frenza-2-800x533I rimandi tra la piece e i principali film che hanno raccontato al meglio quelle stesse vicende (intriganti, affascinanti, ricchissime di immagini e metafore) sono, a mio parere, un po’ troppo espliciti e lo sviluppo dei personaggi teatrali non cresce abbastanza in autonomia dalle suggestioni del grande schermo per volare con le proprie ali.

Non è solo la vicenda storica a tornare e a dare quel senso di deja vu alla trama ma è, soprattutto, la mancanza di un’idea propria dei personaggi, più impegnati a raccontare lo spirito del tempo che non a viverlo, a farsi persone, in un meccanismo che risulta un po’ macchinoso e in cui le buone interpretazioni dei protagonisti non sopperiscono alla mancanza di spessore.

È un peccato che la vicenda non risulti, alla fine, funzionare più felicemente perché i presupposti ci sono: storie vere ma incredibili, umane e inquietanti, concrete e universali. Ci sono anche gli attori. Forse un autore italiano si confronta con maggiore difficoltà con quel pezzo di storia, lo sente meno suo di quanto non sia per gli autori tedeschi che hanno realizzato i migliori film sull’argomento.

La mancanza di azione (non tanto inseguimenti, salti dai ponti, sparatorie… quanto di un’azione interna dei personaggi, una esplicitazione di ciò che li muove, della piega che prenderanno le loro vite) come anche la tendenza a dialoghi un po’ forzatamente concettuali conclude il quadro di un’opera che non lascia ciò che promette e non sviluppa a pieno il capitale di emozioni che porta in dote.

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