Rifiuti, ora una tariffa unica di smaltimento

cane_civileA fine 2010, insieme all’allora sindaco Delrio e all’allora presidente della Provincia Masini, incontrammo la Regione Emilia-Romagna per proporre un Piano regionale che razionalizzasse gli impianti esistenti (all’epoca non esisteva ancora l’inceneritore di Parma), accrescendo il livello di raccolta differenziata attraverso il ‘porta a porta’.

Fu così che venne approvato il Piano d’ambito di Reggio Emilia, un piano che ha posto con quattro anni di anticipo elevati obbiettivi di differenziata e ha previsto – essendoci imposta l’autosufficienza provinciale – la realizzazione del Tmb per minimizzare e rendere inerti i rifiuti da conferire in discarica. Questo piano prevedeva di chiudere una delle due discariche reggiane, dedicare l’altra al solo materiale inerte uscito dal Tmb e chiudere l’inceneritore di Reggio, un impianto vecchio che bruciava solo il 30% dei rifiuti residui e che necessitava – per vivere oltre il 2012 – di decine di milioni di euro di investimenti.

Senza attendere decisioni superiori, il Sistema reggiano è quindi partito con un modello che ha portato, in soli quattro anni, il porta a porta a 250 mila persone facendo balzare la raccolta differenziata in avanti di quasi 10 punti, oltre il 65%.

L’attuale Giunta regionale ha, in pochi mesi, portato a termine il Piano del quale si parla da molti anni. Un grande risultato, che va riconosciuto alla Giunta Bonaccini e che ha un valore ancora più rilevante, perché segue di pochi mesi una legge che pone questa Regione tra le prime in Europa, alzando gli obiettivi di raccolta differenziata e individuando le modalità per raggiungerli.

Da molto tempo sostenevamo che non ci fossero più le condizioni tecniche, economiche e ambientali per mantenere un grande impianto di smaltimento in ogni provincia e ritenevano fuori dal tempo la pretesa di mettere delle targhe e dei limiti provinciali a rifiuti che, per essere trattati o recuperati al meglio, devono superare i confini amministrativi delle città e delle province.

Da tempo era chiaro che continuare a ragionare per bacini provinciali avrebbe imposto tariffe più elevate e la necessità di importare rifiuti da altre regioni, per contenere i costi di gestione di ogni impianto.

Nel 2011, gli amministratori reggiani si sono lasciati alle spalle anni di discussioni sulla necessità di fare un nuovo inceneritore a Reggio. Un impianto che sarebbe costato 200 milioni di euro, che oggi genererebbe costi annui di smaltimento superiori a quelli attuali di 4-7 milioni di euro (più 5-8% in tariffa) e la necessità di importare rifiuti dal resto del Paese. Un’opera inutile e costosa, e il fatto che l’attuale Piano preveda di ridurre il numero di inceneritori attivi dimostra che non avesse senso aggiungerne altri.

Quando si fece quella scelta, alcune certezze mancavano. In questo lungo periodo di sospensione tra vecchie programmazioni provinciali e nuovo piano regionale, tuttavia, Reggio non è mai stata in emergenza e abbiamo utilizzato e gradualmente disattivato i nostri impianti, sfruttando lo spazio lasciato dalla crescita della differenziata. Quando l’autosufficienza era un obbligo, l’abbiamo garantita anche per altri.

Nel modello approvato con il nostro Piano d’ambito, l’integrazione del porta a porta con il Tmb avrebbe consentito di dimezzare il numero di inceneritori su base regionale. La Regione ha scelto la strada di una riduzione più graduale, utilizzando i selettori esistenti (come quello ‘in bocca’ all’inceneritore di Parma) e senza impianti specifici di recupero dei materiali dal rifiuto indifferenziato.

Per questa ragione, l’area e le tecnologie di selezione e avvio al recupero, progettate per l’impianto di Gavassa, potranno essere funzionali a un impianto di riciclaggio. Un impianto molto simile a quello previsto inizialmente, che però non tratterà rifiuto indifferenziato e sarà quindi molto meno impattante in termini di necessità di trattamento degli odori.

A questo punto, si dovrà lavorare su una tariffa unica di smaltimento per l’area emiliana, sull’attivazione della tariffa puntuale e su un ulteriore sviluppo della differenziata. Reggio alla fine di quest’anno inizierà l’estensione del porta a porta, che porterà tutti i 170 mila abitanti della nostra città a essere serviti con questo modello e – grazie all’apporto dei comuni della collina e della zona ceramiche che hanno aderito al modello del nuovo Piano d’ambito approvato a dicembre – il raggiungimento di quasi 450 mila utenti su base provinciale.

Elevare i risultati di un sistema provinciale con oltre mezzo milione di abitanti, grandi aree urbane e un articolato sistema produttivo, non è stato semplice. Ci siamo riusciti e in questi cinque anni abbiamo seguito un percorso che – grazie soprattutto al senso civico e alla collaborazione dei cittadini – ha prodotto importanti risultati. Reggio, dopo anni di gestione di impianti di smaltimento e delle relative conseguenze, può concentrarsi sull’impiantistica di recupero e diventare un vero e proprio distretto dei materiali per la nostra regione.

La collaborazione con le altre città sarà fondamentale, così come il non perdere la capacità di unire il pragmatismo della gestione quotidiana dei flussi, dei sistemi di raccolta e delle tariffe con una visione di lungo periodo. In un’Europa sempre più povera di materie di prime, il passare da politiche basate sullo smaltimento dei rifiuti a politiche orientate al recupero, è una sfida fondamentale e noi l’abbiamo colta.

 

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