Quel che resta della satira in Italia…

fascisti-3-190x256Facebook e Twitter sarebbero diventati il regno della satira 2.0. In qualche caso, c’è del talento autentico. La merce più spacciata è tuttavia un sarcasmo a basso costo che dice tutto di chi la satira la esercita e niente dei suoi bersagli.”: questa, e altre riflessioni parimente (se non ancor più) interessanti avreste potuto trovarle nel complesso reportage pubblicato il 5 novembre scorso da “Internazionale”, “Cosa resta della satira in Italia” a firma di Nicola Lagioia.

L’articolo – lungo e complesso, del genere che pochi lettori moderni potrebbero portare fino in fondo senza un paio di pause, l’ausilio di un weekend libero e forti dosi di benzedrina – parla del complesso rapporto che unisce, e distingue, umorismo, satira e servile quiescenza verso il potere costituito, un po’ per timore di beccarsi fumanti querele tra capo e collo (sempre in agguato, oggi più che mai), un po’ per convenienza e un po’ perché, brutto a dirsi ma molto realistico, le penne un tempo aguzze ormai si sono spuntate, e dalle nuove generazioni non si vede arrivare niente che sia anche solo paragonabile ai tempi passati.

Va detto che qualsiasi operazione rivolta al passato come oggetto di studio corre sempre il rischio, specialmente in certi ambiti, di figurare un po’ come i ricordi del nonno, che ha relegato ristrettezze e fame e ferocia in uno stipo ben chiuso della memoria da quella chiave che tutto addolcisce e si chiama “giovinezza”; si stava meglio quando si stava peggio, anche perché l’intestino funzionava bene. E parlando di satira, il paragone metaforico con l’intestino ci sembra più calzante di molti altri; che invece di irritare, come molti dicono, la sua funzione non sia in effetti evacuare i corpi più alieni e fastidiosi in modo perfettamente riconoscibile e ben raccattabile, palette e sacchetti alla mano?

In fondo, anche le celebrate vignette de Il Male, di Cuore, facevano orrore, facevano incazzare, facevano riflettere, e sempre lì poi restavano. In pubblico, le risate amare, in privato le querele, e intanto la scena andava avanti senza particolari scossoni, se non per momenti grotteschi come quello in cui scrivi che Aldo Moro finirà male, Aldo Moro finisce male e ti interrogano per sapere come facevi a saperlo con tanto anticipo: questa fu una vignetta involontaria che non fu mai disegnata e che invece, nella sua assoluta rozzezza e malignità da circo abusivo, i caratteri distintivi delle cose vere, che sono sempre irraggiungibili (altro che, se l’Arte imita la Vita: ci riesce pure a malapena), sarebbe stata la battuta suprema, rappresentativa di una intera epoca se qualcuno l’avesse scritta e progettata in quanto tale.

E invece, no. Certo; niente di paragonabile con quello che succede ora, anni in cui, in effetti, più che di satira si può parlare, e pure con i dovuti distinguo, di umorismo, di macchiette. Siamo ben lontani dai momenti più felici di Guzzanti, capace di terribili cinghiate sul viso al Potere costituito di ogni forma, colore e apparenza, sempre col sorriso sulle labbra, sempre con una intelligenza tale da costringere, veramente, lo spettatore a riflettere; tanto più che il veleno trasudava non già dai giornali, ormai roba per incartarci il salame, ma da quella stessa televisione cui si affidavano le sorti della stragrande maggioranza degli spot pubblicitari, unici veri motivi ancora esistenti per mandare in onda trasmissioni.

Le trasmissioni tiravano, gli spot pure, ma non abbastanza: indi, prima esilio sulla terza rete odorosa di falce e martello, poi direttamente l’oblìo, tutto italiano, dei teatri che fanno il pienone, ma non infastidiscono proprio nessuno sin dal Settecento: finalmente innocuo. Quanto alla satira, ecco, innocua anch’essa; o morta o morente, che alle magagne di cui sopra ha visto aggiungersi anche un ulteriore strettoia, e cioè quella, necessaria, della finanzi abilità dell’operazione. Allora, vai di Charlie Hebdo: sei Charlie anche tu quando critichi il Potere, o sei Charlie quando ti inventi vignette scatologico-religiose perché sai che la tiratura aumenterà in maniera mostruosa?

Quanto è funzionale la calata sui Social Network delle note tragedie alla sopravvivenza in rotativa? D’altro canto, non è che si possa poi fare molto diversamente, perché oggi stabilire cosa sia offensivo e cosa non lo sia è diventato un affare molto delicato; con 5.000 avvocati immessi sul mercato ogni anno nel nostro amato Stivale (il totale di quanti esercitano in Giappone, un Paese da 120 milioni di abitanti, il doppio di noi) ormai qualsiasi cosa può essere ritenute passibile di congruo risarcimento; e ciò in accoppiata con una sensibilità esasperante da gattini e cucciolini dilagante oggi diffusa che fa sì che praticamente qualsiasi cosa sia indicibile.

Se da un lato appaiono feroci tirate contro tutto l’establishment politico, religioso, istituzionale, dall’altro oggi non sarebbe tollerato un Don Lurio zampettante in prima serata, uno spettacolo di guitti con la faccia dipinta di nero, una perculata di malati di mente o di poveracci senz’arte né parte. Certo: queste spine dorsali della comicità per tutte le età del tempo che fu erano, appunto, figlie del tempo che fu, e da allora abbiamo acquisito molta più sensibilità. Tanta che oggi una canzone come Il gigante e la Bambina sarebbe istantaneamente censurata per rischio pedofilia, e anche semplicemente esclamare “porca vacca!” ti porta in casa un corteo di animalisti inferociti. Per cui, rassegniamoci: possiamo lamentarci di tutto purché non smuova neppure una paglia, facciamoci piacere Crozza, fingendo che sia satira, e buonanotte.

Total
0
Condivisioni
Prec.
Succ.
Ci ristrappano il Tricolore. Si riapre la polemica sull’origine del vessillo

Ci ristrappano il Tricolore. Si riapre la polemica sull’origine del vessillo

Travaglio riapre la mai sopita polemica storica: la prima volta di una bandiera

You May Also Like
Total
0
Condividi