Florence Henry non è molto nota, come fotografa, ma ha segnato tutta la produzione fotografica a lei successiva ed è ricordata come una delle più rappresentative espressioni del Bauhaus.
La sua biografia mi è piaciuta molto. In gioventù è stata una talentuosa pianista e ha studiato con importanti musicisti.
Ed in fondo è solo a trent’anni che scopre e indaga la fotografia e, influenzata e indirizzata dalle importanti frequentazioni, in breve tempo lascia un segno duraturo e paradigmatico, dando slancio al suo gusto per la sperimentazione.
Compagni di indagine sui nuovi metodi di espressione sono Piet Mondrian, César Domela, Robert e Sonia Delaunay, Hans Arp e Sophie Tauber Arp, Nelly e Theo van Doesburg, e Laszlo Moholy-Nagy ne cura la prima personale fotografica.
A contatto per tutta la sua vita con artisti e con ogni genere di arte Florence Henry diventa, per osmosi, grazie alla sua sensibilità, essa stessa espressione delle temperie più moderne e, negli anni Trenta, oltre ad insegnare lascia un segno duraturo nella disciplina.
La mostra di Florence Henry si svolge a Roma alle terme di Diocleziano e la collocazione vale da sola metà della visita. Aperta fino al 31 agosto la mostra espone 140 fotografie del periodo centrale dell’artista ed un nucleo particolarmente corposo di immagini realizzate durante il suo viaggio a Roma, nella metà degli anni Trenta, durante il quale giocando tra prospettive e collage fornisce una visione dell’antichità romana surreale e iconica, come un quadro di De Chirico, ma percorrendo anche l’astrattismo, esplorando moduli e forme espressive molto diverse.
La prima parte della mostra ricostruisce con precisione la ricerca della Henry, la sua indagine verso nuove potenzialità costruttive dell’immagine e dello spazio stesso attraverso la manipolazione fotografica.
Molto forte, dalle parole della stessa fotografa riportate in mostra, l’intento scolastico, la volontà di delineare con le sue immagini non tanto oggetti estetici ma di dare forma e sostanza a una scuola di pensiero che indagasse la realtà spaziele. Non a caso lo specchio diventa sia alter ego e immagine simbolica, ma anche strumento di indagine sulla profondità e sulla moltiplicazione dei piani di riferimento.
Molto affascinante il nucleo delle fotografie che chiude la selezione, quella dei ritratti.
Florence Henry infatti ha la fortuna di avere molti modelli d’eccezione, i suoi amici e compagni di ricerca e artisti, dei quali riesce a cogliere nel profondo l’essenza attraverso una rappresentazione che lega il soggetto alla sua opera, alla sostanza artistica materica della scultura e della pittura, ridando così un’immagine nuova che assieme all’uomo o alla donna restituisce, in un’unica rappresentazione, la cifra stilistica.
Valutazione: ☺☺☺
Consiglio di visione: Per coloro ai quali piace uscire dal mail stream, scoprire cosa sta alla base, le perle rare non universalmente conosciute, per quelli che quando visitano un luogo vogliono vedere gli angoli poco conosciuti ma caratteristici.