Il piccolo medio Buddha: la fuga di Alessandro Bettelli in Thailandia

Fuga di cervello (con contorno di corpo) in Thailandia. Scelta di vita per il giornalista Alessandro Bettelli, che molla tutto e vola nel sudest asiatico ma tiene i contatti con la realtà reggiana scrivendo per noi i Diari di viaggio indocinese

l'ultimo giornale“Non puoi viaggiare su una strada senza essere tu stesso la strada” (Siddhartha Gautama)

Dalle guide dei Motti al Libro tibetano dei Morti. Come inno alla vita. L’ultimo numero del Giornale di Reggio da lui redatto suonava premonitore, una sorta di rivista pilota. In tutti i sensi. Aveva già pronte le valigie mentre con la testa era già là da tempo. In Thailandia. I dettagli della sua fuga per la libertà li aveva rivelati solo a pochissimi amici, i più intimi. Tra una birra e l’altra facendo il giro dei sette pub reggiani meno alla moda. Data e orario della programmata scomparsa invece se li era tenuti segreti. A parte pochissime (ad oggi misteriose) eccezioni. E così se n’è andato anche l’ultimo dei mottiani, intesi come giornalisti che hanno seguito fin da subito le gesta editoriali dell’ex eurodeputato Tiziano Motti. E’ la storia, significativa nel suo piccolo, del cronista Alessandro Bettelli, esperto di economia ma piegato, per sopravvivenza professionale, ad occuparsi un po’ di tutto nel corso della sua lunga militanza da reporter. Era lui l’anima dei giornali, poi periodici mottiani. Lui il deus ex machina dei corrispettivi web. Una parte della storia del giornalismo locale porta anche la sua firma, sempre più controvoglia, sempre più (auto-vissutasi) fuori luogo. Fino all’epilogo, alla svolta buona. Ed ora, quatto quatto, la sua anima ben racchiusa dal corpo intero, se n’è volata molto più a est. A raggiungere la sua Sorriso.

 

buddino
Sincretismi II: piccolo Buddha da giardino con sembianze di elfo

Ecco la prima puntata della rubrica (per 7per24) di Alessandro Bettelli “Diario di viaggio per Bangkok o della fuga per la libertà”

tramonto su stupa
Sublime tramonto su Stupa

19 marzo: L’ombra della tenda del “The Good Corner Bar” riesce solo in parte a intercettare i raggi del sole che a quest’ora piovono perpendicolari. Non fa caldissimo, ma ci pensa l’umidità a fare il resto. Sono le 2 e 38 del pomeriggio, e sono in attesa che apra la Borsa Italiana, ma mancano ancora 22 minuti. Il caffè americano che mi hanno appena servito è torrido. Credo che non riuscirò a berlo prima di una mezz’oretta. Del resto di tempo ne ho. Anzi, in questi giorni, a Udon Thani, piccola cittadina del nord-est della Thailandia, nella regione dell’Isaan, di tempo ne ho sin troppo. Il mio tempo, in questo periodo non si misura con le lancette dell’orologio, ma con le cose che ho da fare. Nessuna. Le auto e i tuc tuc che mi sfrecciano a pochi metri sulla Phajak Road, uno dei corsi più esclusivi di Udon, a qualche centinaio di metri dal Central Plaza, l’immenso mall su 3 piani in cui si può acquistare di tutto (dal cibo all’abbigliamento sino alla telefonia), mi ristorano un poco dalla cappa di caldo che avvolge la città. Bet faccia

Phajak Road è un lungo rettilineo che collega il Central Plaza al Bangkok Hospital di Udon Thani. Su entrambi i lati della strada campeggiano le insegne di beer-bar, centri massaggi, piccoli bazar che vendono ogni genere di cose, utili e soprattutto inutili, banchetti di fiori, cucine maleodoranti mobili che ti preparano al momento i piatti tipici della tradizione locale. Quasi tutti a base di riso, verdure, un sacco di peperoncino, e pressoché tutti “aromatizzati” con il Padhek. Una sorta si salsa liquida ottenuta attraverso un lungo procedimento (sino a 2 anni) necessario per essiccare e portare alla un putrefazione, all’interno di grandi botti lasciate al sole, piccoli pesci del Mekong. Un vera schifezza puzzolente, che la cucina dell’Isaan utilizza per far saltare in padella e insaporire le verdure.

bet e sorriso
Attraversando decisamente il Bardo: Bet con Sorriso

E’ la zona dei bar, che verso le 6 del pomeriggio cominciano ad aprire. Quella è l’ora di punta del traffico: un vorticare di scooter e tuc e tuc, che accompagnano le lady al lavoro. E’ il corso principale della prostituzione, che, tuttavia, si trova a ogni angolo della strada qui in Thailandia. A quell’ora i bar cominciano a pompare musica ad alto volume, le lady, in shorts e arrampicate su tacchi vertiginosi, richiamano, schiamazzando in quelle 2 frasi che hanno insegnato loro in inglese, ogni volto di straniero che passi nelle loro vicinanze. Quella che in genere è l’agguerrita concorrenza tra i bar thailandesi per accalappiarsi più turisti possibile, qui a Udon diventa una vera battaglia, dato l’esiguo numero di turisti e il fatto che siano, per lo più, anziani in pensione. Ecco dunque che camminare sul marciapiede diventa dopo qualche metro fastidioso, con le bar-lady che escono dal locale per abbracciarti, tirarti per un braccio e farne di ogni pur di farti entrare nel loro locale. Del resto è grazie alle bar-lady se oggi la Thailandia è considerata un paese-bordello, ed è sempre grazie a loro, se il turismo è tra le voci più importanti del Pil nazionale. A proposito di Pil: ha appena aperto Piazza Affari. Mi connetto tramite wi-fi del bar ad internet.

 

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