Per chi non ha un buon rapporto con l’ascensore il mondo è fatto a scale, chi le scende e chi le sale, e noi modestamente ci siamo fatti nove piani di beata ascensione a piedi, gradino dopo gradino, quasi una Santiago di Compostela del reportage giornalistico: che fatica per le gambe, che fiatone per un tabagista bohémien refrattario all’attività fisica e al salutismo in generale. E che dire della notte in bianco passata a sfogliare il “De omnibus rebus et de quibusdam aliis” (tradotto: di tutte le cose e di alcune altre) di Pico della Mirandola (umanista modenese morto in quello stesso giorno, proprio venerdì 17 novembre, figlio di Giulia Boiardo, contessa di Scandiano, il mio paese), o del fisiologico abbiocco postprandiale? Ma ne è valsa la pena e lo rifaremmo. Perché dopo giorni di galvanizzante countdown e un quarto d’anticamera dove non osano le aquile, lassù, nella sede comunale, alle tre del pomeriggio, siamo riusciti finalmente a vederla, addirittura a intervistarla.
Ai nostri occhi lacrimanti (allergia alle graminacee, non alle interviste), schermati da lenti scure, d’un tratto è apparsa Lei: non un’apparizione come tante, di quegli incontri di routine buoni a buttar giù due cartelle entro sera che tanto domani è un altro giorno e avanti il prossimo in ‘sto cavolo di mestiere dattilografo che disdegno da un quinquennio, ma al contrario uno di quegli sporadici episodi che l’esistenza non te la cambieranno, d’accordo, ma che per qualche ora te la rendono più colorata, credo anche più poetica e accettabile. Il caso, le coincidenze cosmiche, la serendipità quantica, la sincronicità junghiana, boh. Non toccava a me, non dovevo esserci io, lì, come inviato speciale, ma un collega: sennonché un contrattempo last minute (destino elettivo? anime selettive?) ha fatto sì che all’appuntamento si presentasse il sottoscritto.
Lo so; direte: tienila corta, arriva al dunque, siamo qui per i contenuti di un’intervista, il sugo, la ciccia, non per un panegirico autoreferenziale che sa di cotta adolescenziale. Macché: tranquilli, nessuna infatuazione, figurarsi: è solo che da almeno due anni, qui sull’altra sponda del Secchia, di lei ho sentito parlare molto, e sempre positivamente: “è bravissima”, “è capace”, “ama la sua città e quello che fa”, “è preparata ed è sempre aggiornata”, “è attenta a ogni cosa, non tralascia nulla”, “si fa in quattro”, “ascolta tutti”, “è giovane, gentile e carina”, “è scrupolosa e il sindaco le ha assegnato una compilation di deleghe che nemmeno chi gode del dono dell’ubiquità”, “è sempre sul pezzo”, “segue un sacco di progetti” e via elencando ed elogiando. Una sorta di piccolo monumento in vita fatto di frammenti simil-agiografici raccolti qua e là, che sinceramente credevo esagerato, immeritato. Giocando col suo nome, da bravi calembouristi, potremmo dire: in Regione fanno leggi per combattere la ludopatia? Bene: Modena preferisce coltivare la propria Ludo-filia (“Tutti la chiamano, tutti la cercano, tutti la vogliono, perché di lei si fidano”, ci confida un usciere del Comune, quasi come fossimo nell’opera di Rossini).
Per questo da gran curioso mi ero detto e ripromesso: prima o poi devo conoscerla questa wonder woman della porta accanto, magari farci un pezzullo in controluce come quelli che scrivevo un tempo quando giocando al cronista polemista stronzeggiavo allegramente in buonafede. Già: fiat lux! Ebbene sì, mi tocca confermare tutto, e anche stavolta la vox populi e vox Dei: per quello che ho visto, che ho sentito, che ho intuito, sia on air che off the record, la sua è una personalità intensa e trasparente: una persona spontanea e in gamba, una donna impegnata, accesa e connessa, convincente e appassionata, che pare abbia proprio voglia di fare e di innovare, e difficilmente il mio settimo senso fa cilecca. Insomma, finalmente un assessore che fa la differenza e non solo la differenziata.
Lei è Ludovica Ferrari, secondo nome Carla, 34 anni (“Scrivila pure la mia età, non ho alcun problema”), assessora (con la “a” finale, come da vangelo boldriniano) della giunta comunale modenese (sindaco Muzzarelli) con deleghe ad Attività produttive, Turismo e promozione della città, Smart City e sistemi informatici, Riforma della Pubblica amministrazione, Statistica, Servizi demografici e pure polizia mortuaria. Sposata, ha un marito (Alberto, architetto col quale dal 2008 gestisce uno studio professionale), un cagnolino trovatello (Pepino, che al momento non lavora) e due genitori ancora in splendida forma. Dottoressa in Scienze Agrarie a Bologna (specializzazione in Progettazione e gestione degli ecosistemi agroterritoriali, forestali e del paesaggio), ha studiato Architettura a Firenze e a Genova (manca poco alla seconda laurea e tifiamo per lei).
Ha iniziato a occuparsi di politica attiva nel 2012, sulla spinta del ricambio generazionale lanciato da Renzi. Richettiana di stretta osservanza, non saprebbe chi “buttare dalla torre” (giochino un po’ datato dell’intervistatore, e vabbè – ndr) tra la Boschi e la Madia, cui tra l’altro somiglia per grazia, capelli e fisionomia. E’ assessore dal 2014: tre anni portati bene. Per diverso tempo, nel suo ruolo di golden girl della giunta, si è occupata anche di commercio e di bilancio, mica noccioline. Ha confidenza con la macchina amministrativa e conosce sempre meglio Modena e i modenesi. Adora la Leopolda e i selfie all’ex stazione fiorentina (“Non sono nativa digitale, ma millenials sì”). Fa colazione a base di banda ultra larga, a pranzo fa una dieta mediterranea a base di cambio di paradigma, anche culturale, legato alla digital transformation (connettività, prossimità, accessibilità) e a cena, per tenersi leggera, spilucca interventi di recupero (con sviluppo occupazionale) di vecchie aree oppure degusta progetti per le periferie della città con al centro le nuove tecnologie, anche perché Investimento, Coordinamento, Talento è l’ICT del suo vocabolario.
E poi i progetti con le scuole (dal coding al making), fin dalle elementari, in collaborazione col Mit di Boston (conosciuta come la migliore università del mondo); o l’implementazione e l’adeguamento dei servizi online per i cittadini nell’alveo della riforma governativa per l’innovazione delle Pubbliche Amministrazioni (tra cui quello per l’identità digitale, a partire dall’ufficio anagrafe); la progressiva digitalizzazione dei processi di governance del municipio; il lavoro fatto per abbattere il divario digitale tra la popolazione; la palestra digitale con tanto di biblioteca e Fab Lab (da come usare le stampanti per i giovani 3D a come comunicare via Skype per gli anziani) dove tutto, meraviglia della sharing economy, è open source (sembra l’evoluzione del “se puoi sognarlo, puoi farlo” di Enzo Ferrari, l’illustre concittadino); fino all’istituzione della Cyber Security Academy in collaborazione con l’università di Modena e Reggio per imparare a maneggiare bene la rete e quindi a difendersi dai malintenzionati di ogni risma.
Ebbene sì: avremmo voluto trattenerci di più, farci raccontare la sua filosofia di vita e divagare sui massimi sistemi e le domande prime e ultime (chi siamo?, da dove veniamo?, come finirà, ammesso che finisca?), ma il tempo è tiranno ovunque e comunque, dunque anche al 9° piano di un comune emiliano in un normalissimo venerdì di mezza stagione. Altri impegni incombono, l’agenda chiama, un comitato di cittadini aspetta il proprio turno d’udienza. Giusto un paio di minuti, rubati all’orologio, per scambiare due battute su come e dove passa il tempo libero (“Gli amici, la famiglia, una ristorante, un cinema, una passeggiata”), e una nostra domandina insidiosa sospesa tra l’ironia e il qualunquismo (“Non le sembra di essere un po’ troppo preparata – o come si dice: skillata – per fare politica?”) cui per risposta, allo scadere, in zona Cesarini, mi è arrivato un sorriso muto ma pieno e sole, ahimè di congedo, sulla porta. “Una carezza a Pepino (il suo amato bastardino – ndr). “Sarà fatto”. E comunque ci saranno altre occasioni. “Why not?”. Beh, allora buon lavoro, buona serata e grazie per la chiacchierata. “A te”.
E ancora scale a scendere, gli stessi gradini a perdere, due passi in solitaria fino alla Ghirlandina e un altro giro di giostra nel crepitìo dei giorni (“Non ti ho fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale, perché di te stesso quasi libero e sovrano artefice ti plasmassi e ti scolpissi nella forma che avresti prescelto: tu potrai degenerare nelle cose inferiori che sono i bruti, tu potrai – secondo il tuo volere – rigenerarti nelle cose superiori che sono divine”, Pico della Mirandola). Sipario.
Maurizio Mercuzio