Solidarietà, coerenza di valori, fare rete e contaminare. Parole chiave, che caratterizzano i Gruppi di acquisto solidale (Gas) – un migliaio in Italia, alcuni attivi anche a Reggio Emilia – presi a modello empirico per dire quanto la loro filosofia si possa ‘esportare’ ad altre esperienze e modelli di partecipazione, innovazione sociale e ‘resistenza’ eco-solidale.
“Sì, ‘contaminazione’ compresa, perché serve agire localmente e pensare globalmente: la conoscenza, il rigore nel rispetto dei valori che si vogliono seguire e l’innovazione che si realizza, ad esempio nei Gas, devono poter influire su altri organismi, esterni al gruppo, per fare massa critica e quindi raggiungere altri gruppi oppure le cooperative orientandole a fornirsi sempre più dai loro territori generando così nuovo lavoro e le istituzioni inducendole a farsi facilitatori di queste esperienze e a raccoglie i nuovi stimoli di partecipazione liberando energie per ristabilire la fiducia reciproca. Gradualmente e nel rispetto dei principi, serve questo passaggio, affinché l’esperienza non sia escludente, ma inclusiva e diffusiva in una logica di rete, di coesione sociale sempre più allargata, di condivisione di risorse e conoscenze”, hanno spiegato Francesca Forno (docente di Sociologia dei consumi all’Università di Bergamo) e Paolo R. Graziano (docente si Scienza politica all’Università di Pavia), che stamani in piazza Casotti, ascoltati da molti cittadini, hanno presentato il loro libro Il consumo critico. Una relazione solidale tra chi acquista e chi produce (il Mulino).
La presentazione, introdotta da Valeria Montanari assessore ad Agenda digitale, Partecipazione e Cura dei quartieri e moderata da Marta Mainieri di Collaboriamo, è avvenuta nel corso della giornata #EffettoQUA. Partecipazione e coesione crescono, promossa da Comune di Reggio Emilia, Social Cohesion Days e Coopselios per restituire alla città alcune delle esperienze realizzate nell’ambito del progetto Qua_Quartiere bene comune, a circa due anni dal suo avvio.
Forno e Graziano hanno preso i Gas ad esempio, ma si potrebbero dire cose analoghe di altre esperienze ‘critiche’ e propositive, proattive, che hanno germogliato e si sono sviluppate dagli inizi degli anni Novanta del secolo scorso ad oggi: dalla Banca alla finanza etica, dalle Banche del tempo agli ecovillaggi, dagli Orti urbani e dalle ‘transition towns’ alla decrescita e alle pratiche personali di sostenibilità che ciascuno può scegliere di seguire per alleggerire la propria “impronta ecologica”, cioè il suo incidere negativamente su ambiente e comunità (ad esempio, scegliere la bicicletta al posto dell’auto ove e quando possibile).
“Abbiamo conosciuto la crisi economica, la crisi del voto elettorale, la crescita pesante della fiducia, anche verso i partiti e la politica – ha detto Graziano – Abbiamo conosciuto quindi una lunga stagione di ‘ribasso’ dei ‘tassi’ un tempo in positivo, ma la voglia di partecipazione dei cittadini è rimasta viva ed è sempre più evidente il desiderio degli stessi cittadini di apportare il loro contributo di Persone alla Comunità. E così il mercato è stato individuato quale luogo da una parte di protesta, dall’altra di proposta: nel caso dei Gas, i cittadini partecipano attraverso il loro portafogli. Possiamo definirlo un nuovo modo di fare politica, che si va strutturando in reti, con caratteristiche economiche e di piccola distribuzione organizzata e diretta dal produttore al gruppo di consumo, di commercio equo-solidale, di sharing economy (economia della condivisione)”.
“Non c’è azione collettiva per il bene comune, se non c’è condivisione – ha sottolineato Forno – Perciò il punto di arrivo è una visione aperta. E’ utile notare come nell’arco temporale della crisi economica le esperienze di consumo critico siamo aumentate: l’abbassamento del livello economico non ha intaccato l’alta cultura, una cultura critica appunto, rispetto ai consumi e i cittadini si sono organizzati mantenendo il livello di cultura raggiunto, creando fra l’altro luoghi di autoeducazione e informazione. In questo senso, le istituzioni, in particolare il Comune che ha i legami più stretti con le comunità, deve insegnare a ‘fare in comune’. In questo nuovo quadro è elevata la potenzialità di un Comune, quale soggetto non ‘superiore’ ma punto di riferimento formale, di dialogo e aiuto. Le esperienze di partecipazione e coprogettazione di Reggio Emilia, che qui ascoltiamo, lo stanno dimostrando”.
Prima di dare la parola ai reggiani protagonisti del progetto Qua_Quartiere bene comune, l’assessore Montanari ha presentato il ruolo del Comune di Reggio Emilia quale soggetto di prossimità, in particolare attraverso le figure degli Architetti di quartiere, il lavoro di condivisione di bisogni e progetti costruiti responsabilmente nei Laboratori di quartiere e formalizzati negli Accordi di cittadinanza, ha sottolineato l’esperienza, integrata al progetto Qua, degli Orti urbani.
“A Reggio Emilia – ha detto fra l’altro l’assessore – contiamo su 27.000 persone impegnate nella coesione sociale di volontariato. E il rapporto fra cittadini e istituzione comunale è abitualmente diretto: qui è normale che un cittadino si rivolga direttamente a un assessore o comunque al Comune per un tema preciso e abbia risposta. A Reggio Emilia è forse più semplice che altrove instaurare quella circolarità fra comunità e istituzione così vitale e importante per la risposta ai bisogni e la creazione di progetti condivisi”.
Riguardo ai dati del progetto Qua_ Quartiere bene comune: 11 i Laboratori urbani attivati e 9 gli Accordi di cittadinanza sottoscritti da Comune, cittadini, associazioni e soggetti economici; 1.174 i partecipanti ai 35 incontri di laboratorio e 127 associazioni coinvolte; 67 i progetti previsti negli Accordi; 9.000 i fruitori complessivi dei progetti e 94.385 le persone interessate dagli Accordi in quanto abitanti nei quartieri coinvolti.
La rete degli Orti urbani, costituita da circa 800 fra quelli comunali e quelli creati direttamente da associazioni e gruppi, e l’intreccio di relazioni sociali e partecipazione civica che si è sviluppato intorno ad essi, a cui vanno aggiunte le iniziative di formazione e informazione su coltura ed alimentazione, di piccolo scambio di prodotti, di intrattenimento e coesione, fanno ormai del progetto Orti urbani a Reggio Emilia un vero e proprio movimento sociale e culturale.
Eustachio Nicoletti ha presentato il progetto ‘Bookcrossing zone’ realizzato a Rivalta: “Abbiamo pensato di animare, con diverse attività, un parco della nostra frazione. La prima di queste idee realizzate è una libreria pubblica, aperta di giorno e anche di notte grazie all’installazione di un faro. Ciascuno ha portato e può portare o prelevare i libri che ritiene. Lo scambio è inteso e positivo e sono nate nuove relazioni fra le persone, che hanno permesso di organizzare anche altre iniziative, per ogni età, ad esempio sulla mobilità sostenibile, oppure visite al quartiere, escursioni nel parco di carattere botanico”.
Pierluigi Sgarbi e la cittadina di origine marocchina Auatif, del comitato Cittadini di via Roma, hanno illustrato l’Ortoparco Santa Maria a Santa Croce. Pierluigi: “Era un angolo dimenticato del parco, lo abbiamo trasformato in un Orto urbano, lo coltiviamo nella modalità della permaculura e ne raccogliamo i frutti con soddisfazione. Ma la soddisfazione ancora più grande è la rete di relazioni che si è sviluppata intorno all’Ortoparco: tante le persone giovani, diversi immigrati”. Auatif: “Ho trovato il quartiere molto accogliente. Sono qui da alcuni mesi e mi sono trovata bene da subito, abbiamo superato facilmente le difficoltà linguistiche e le differenze culturali si sono rivelate un valore. L’Ortoparco, che è al centro delle mie frequentazioni, rappresenta un legame prezioso tra persone e luogo, attraverso la coltivazione della terra”.
I rappresentanti del Centro sociale Carrozzone di Pievehanno raccontato l’efficacia del progetto ‘Riconoscersi Bibbliotecando’, non solo sul fronte della diffusione della lettura, ma anche della cura dello spazio pubblico e dei rapporti di collaborazione con diversi attori già presenti nel quartiere, dal Centro sociale stesso alla parrocchia di San Pio X, con cui si realizzano diverse e numerose iniziative.
Alessandra Caprari di Coopselios infine ha descritto la rinascita, “una nuova primavera”, del Centro sociale di Masone e del parco della frazione: “Abbiamo svolto un sondaggio e hanno risposto soprattutto i più giovani. Hanno spiegato perché non frequentavano il parco e hanno proposto idee per dare un significato a quel luogo. Abbiamo realizzato un Atelier che stimola la creatività attraverso musica e immagini, un video-making. E il parco si è popolato”.