Queste dolorose giornate di fine febbraio… (ma non è un racconto crepuscolare, ndr)

partito-democratico-pd-874608Queste giornate di fine febbraio hanno fatto molto male a tanti di noi. Vediamo alcuni allontanarsi preoccupati, disorientati, delusi, arrabbiati. Non riescono a comprendere una conflittualità politica autoreferenziale e lontana dalla sua responsabilità verso i problemi urgenti del paese e delle persone più a rischio di marginalità sociale, che aspettano risposte concrete ai loro diritti.

I tanti accorati appelli all’unità, iniziati non a caso dalle donne, sembrano sbiadire in un’insensata e ostinata volontà di separazioni che allargheranno gli orizzonti delle destre e dell’antipolitica, rafforzando tragicamente le modalità del “trumpismo” che, in Europa e in Italia, hanno sdoganato la parte più mostruosa della società.

Non è un caso che proprio le donne si siano fatte interpreti per prime degli appelli all’unità e alla responsabilità. Presenti nel partito, capaci, impegnate a elaborare pensiero, a progettare, pensare, a lavorare per scrivere leggi, mozioni ed emendamenti, il loro lavoro quasi mai finisce sotto i riflettori che illuminano invece le prove muscolari tra i capicorrente, tutti uomini.
Voglio invece ribadire che la responsabilità è il senso della politica. Di una politica che voglia dare priorità alla dimensione umana. Non posso accettare che molte esistenze e storie umane, di sofferenza e degrado, scivolino in silenzio nella dimenticanza che le sospinge alla deriva perché il mondo politico, invece di accompagnarle e sostenerle, o almeno vederle, ascoltarle, non se ne cura.

Lo “sguardo” è strumento politico prioritario perché l’etica della responsabilità significa “rispondere”, dare una risposta a qualcuno che “chiama”. Non a caso il pensiero femminile ha fatto nascere la storia del welfare nel nostro paese. Perché nelle donne c’è una pratica politica che sa continuare a guardare fuori, ai problemi reali, alla quotidianità e non sta rinchiusa dentro la logica correntizia, se non quando le donne rimangono ubbidienti al capocorrente rimandate all’afasia storica, deresponsabilizzate.

L’etica politica nasce invece dall’etica della responsabilità e della cura. Per Max Weber l’etica della responsabilità si preoccupa delle conseguenze (politiche) e degli effetti delle proprie azioni, per risponderne alla società. Hans Jonas invita a trasformare l’angoscia per il futuro (“egoismo lungimirante”), tipica del tempo dello sviluppo scientifico-tecnologico, in una risorsa per individuare soluzioni, alimentare un pensiero preventivo sulle azioni che stiamo per compiere, secondo le conseguenze che avranno non solo nell’immediato ma anche sulle generazioni future. Ma è soprattutto Hannah Arendt a sottolineare come la diffusa omissione dello sguardo responsabile si traduca in quella deresponsabilizzazione e ci renda “complici” del male, ogni volta che qualcuno di noi si sottrae alle proprie responsabilità.

Lasciarsi interpellare e rispondere è indispensabile gesto di dialogo con il contesto per costruire spazi e tempi della solidarietà in una prospettiva di responsabilità diffusa. L’etica della cura si traduce quindi in politiche solidali che possono diffondersi e contrastare l’isolamento e le diverse paure (l’insecuritas del nostro tempo che tante forze politiche usano per aizzare senza preoccuparsi di trovare risposte). La responsabilità presuppone quindi la volontà di “decidere”, cioè di assumere l’impegno di una risposta verso qualcuno, delineata già in Dietrich Bonhoeffer.

Pertanto l’etica della responsabilità è necessariamente politica. Nella responsabilità sta oggi la possibilità di abbandonare una politica polverosa e rancorosa, degli apparati, che ti chiede prima con chi stai invece di chiederti cosa pensi. Quella politica ha perso. Perché ha perso di vista le persone, le loro vite concrete, le loro fatiche quotidiane, ma soprattutto la loro passione e il coinvolgimento verso la progettazione.

Solo l’etica della responsabilità ci renderà nuovamente capaci di ricostruire una forza politica per la quale valga ancora la pena sforzarsi di andare avanti, scommettere su un progetto politico unitario ripartendo proprio dalle intelligenze e dal cuore, dalle idee e dalle scelte condivise. Insieme. Non dall’organizzazione delle truppe per un’ulteriore resa dei conti. La differenza delle idee è un valore per un partito, è segno di vitalità e passione. Il confronto è necessario. Così si cresce in politica. Così si trovano le soluzioni ai problemi del Paese.

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