(tredicesima puntata)
La maglia verde dell’Italia è discutibile. Ma è sempre meglio di quella azzurro-monarchica.
La discutibile (eufemismo) maglia verde sfoggiata dall’Italia contro la Grecia ha avuto due effetti positivi. Primo: distogliere lo spettatore dai telecronisti Rai che hanno cercato di spacciare da impresa la qualificazione agli Europei (girone impresentabile), citando addirittura le Notti Magiche di Italia ’90. Secondo: riportare l’attenzione su un aspetto inquietante. Si può sapere per quale motivo l’Italia, una Repubblica (dicono) gioca con l’Azzurro di Casa Savoia, ovvero una Monarchia? Perché è bello? Perché rende bene in tv? Perché vende bene? Di peggio c’era solo la divisa nera dell’era fascista.
Scusate, ma il Tricolore vi ha fatto qualcosa di male? Il verde esibito contro la Grecia nulla ha a che vedere col verde della bandiera, ma è sempre meglio dell’azzurro monarchico. Se non si vuole fare come il Messico (maglia verde, calzoncini bianchi e calzettoni rossi), si battezzi un colore. Ma che sia verde, bianco o rosso del Tricolore, della Repubblica.
E’ come se la Germania giocasse con…no, vabbé, così è esagerato. Ma ci siamo capiti.
Ed ecco a voi il verde marketi… ah, no, scusate, verde rinascimento.
La maglia verde non è stata sfoggiata per questioni di marketing, no, macché, ma in omaggio alla linea verde della Nazionale. Ergo si presume che, d’ora in poi, il verde virerà verso il chiaro o verso lo scuro a seconda dell’età media dei componenti.
Copia e incolla dal sito della FederCalcio: “Si ispira al periodo rinascimentale e celebra i tanti giovani talenti che stanno diventando sempre più protagonisti dei successi degli Azzurri… Segna una nuova era per la Nazionale nel momento in cui un gruppo di giovani calciatori sta conquistando un ruolo importante nella rosa Azzurra (12 calciatori tra quelli in raduno da oggi a Coverciano hanno 25 anni o meno). Con motivi ispirati ai tessuti e all’architettura del Rinascimento, il colore verde del kit risale alla “Maglia Verde” indossata per un’unica volta dall’Italia durante la vittoria per 2-0 contro l’Argentina nel dicembre 1954 allo Stadio Olimpico di Roma”.
Piccola parentesi sul precedente in verde contro l’Argentina: chissenestrafrega?
Le note a piè di pagina e i visionari espertoni.
“La squadra sapeva di poter lasciare sfogare gli avversari…ma fino a un certo punto. Infatti più di tanto non ha concesso, chiudendo i conti al momento giusto”.
Ore di trasmissioni, addirittura canali H24 dedicati al calcio, poi pagine e pagine sui giornali per spiegare come funziona il calcio, come funzionano i moduli di gioco, per ascoltare amenità tipo “è una squadra brava a leggere la situazione, accelera quando deve, rallenta quando deve”, per spacciare la cinicità di alcune formazioni come libera scelta oppure favoleggiare su squadre votate unicamente all’attacco per l’incapacità di difendere. Come se davvero uno potesse decidere quando e come segnare, se e quanto subire.
Ricordate la Divina Commedia a scuola? Un quarto di pagina era occupato dal testo di Dante, gli altri tre quarti dalle note a pié di pagina di insigni letterati, che spiegavano tutto quello che Dante non aveva scritto, ma sottinteso. E noi sempre col dubbio che gli insigni letterati in realtà non fossero visionari egomaniaci.
Beh, insomma, col calcio funziona allo stesso modo. Davvero pensate che un allenatore dica nello spogliatoio: “Oggi giochiamo col 4-3-1-2?”. Potete davvero credere che un allenatore insegni a una squadra ad accelerare quando deve, a rallentare quando deve, ad essere spietata sottoporta, a far sfogare gli avversari per poi finirli al momento giusto? Davvero pensate che l’azione riletta dal telecronista sia stata studiata e provata allo sfinimento in allenamento?
Fellini diceva che lui faceva i film, e i critici glieli spiegavano.
Ecco, appunto, stessa roba. Gli allenatori mettono le squadre in campo, gli espertoni gli spiegano come le hanno messe in campo. Secondo loro.
(fine tredicesima puntata)