La buona battaglia: russi in fuga a gambe levate, Ucraina (quasi) libera. 7per24 vince l’aspra polemica contro i “neneisti”

Oggi che i russi scappano a gambe levate dall’ultima città ucraina invasa e che a Kherson tornano a sventolare sia la bandiera ucraina che quella europea (per ribadire da che parte vogliano stare i popoli liberi) possiamo intestarci una medaglia con orgoglio: 7per24 ha da subito, senza se e senza ma, sposato la causa della nazione aggredita e bombardata, come testimonia la bandiera che campeggia da mesi a fianco del nostro logo. L’invio di armi a Kiev ha evitato che il novello aspirante Hitler, al secolo Putin, oggi isolato nel mondo ed in enorme difficoltà interna, trasformasse il Paese in un’enorme fossa comune bloccando le mire espansionistiche verso una ricostituenda Unione sovietica. La nostra schermaglia dialettica contro il “neneismo” (né con Putin né con Zelensky), posizione di ambigua vigliaccheria e spesso finto pacifismo che tradiva o crassa ignoranza o posizioni veteroideologiche anni ’70, ha dato i suoi frutti. Ma resta il dato deprimente di come Reggio Emilia sia stata l’unica città italiana in cui nessun monumento sia stato illuminato anche per una sola volta coi colori ucraini
Su Kherson finalmente torna a sventolare la bandiera ucraina

Arrivano immagini emozionanti da Kherson. L'”anima del mondo” sfila di fronte ai nostri occhi, come Napoleone a cavallo fece a Jena nel 1806 davanti al giovane Hegel. Kherson, l’unico capoluogo regionale conquistato militarmente 8 mesi fa dai Russi, grazie alla vicinanza con la Crimea che l’esercito di Putin aveva occupato otto anni fa e poi ha usato come base logistica per l’invasione, è tornata da ieri sotto il controllo dei legittimi proprietari, gli Ucraini.

A Varsavia ieri (venerdì 11 novembre) 100.000 persone hanno festeggiato il Giorno dell’Indipendenza con le idee ben chiare

La bandiera ucraina torna a sventolare nella piazza centrale di Kherson e a fianco i partigiani hanno issato anche la bandiera dell’Europa, per rendere chiaro a tutti che la loro battaglia per la libertà va ben oltre le sponde del fiume Dniepr. Dunque i neneisti, quelli del nè con Putin nè con Zelenskyy, avevano torto, torto marcio. Dare armi agli Ucraini è servito, eccome se è servito: a molti ucraini è servito a riconquistare la libertà, all’Europa a rispingere verso est l’esercito di Putin, lanciatosi in una nuova folle e bestiale guerra di annessione che è già costata la vita a oltre 100.000 esseri umani, russi e ucraini.

Ci siamo chiesti a lungo, noi emiliani, come potessero essere stati i giorni drammatici ed epici della Liberazione delle nostre terre dal giogo nazifascista nell’aprile 1945. Ieri l’abbiamo visto in tv e sui social, praticamente in diretta, con gli abitanti di Kherson in festa e in lacrime ad accogliere i liberatori. Ma, c’è un “ma” grande come una casa, che non sposta di una virgola l’esito di questa terribile guerra eppure ci riguarda molto da vicino: in Italia e a Reggio non tutti condividono la gioia del popolo ucraino. Simpatie nascoste per l’ex uomo forte Putin? Nostalgia per l’ex URSS che fu, indimenticata passione giovanile di molti 70enni con un passato di sinistra? Antiamericanismo di riflesso, per cui l’amico (l’Ucraina) del mio nemico (gli USA) diventa a sua volta mio nemico?

Un brutto, recente, ricordo…

L’ egoismo umanissimo e un po’ gretto di chi non vuole rischiare di rimanere al freddo questo inverno? Non lo sappiamo, forse è un mix di tutte queste ragioni che ha indotto molti italiani e anche troppi nostri concittadini a provare empatia zero per il martoriato ma eroico popolo ucraino. Di certo il ritiro dei Russi da Kherson segna per Putin una nuova sconfitta catastrofica, dopo le ritirate da Kyiv e Kharkiv, ma la guerra non è certo finita.

Il popolo liberato festeggia, sembra Reggio nel ’45

Molte sofferenze e nuovi lutti attendono ancora il popolo ucraino. Alcuni dei soldati che oggi festeggiano insieme al popolo nelle strade liberate di Kherson, domani cadranno per andare a liberare Mariupol, città fantasma e ormai rasa al suolo come Aleppo e Grozny, altre città raggiunte dall'”aiuto fraterno” russo, e poi Luhansk e Donetsk.

La nuova resistenza al nazicomunismo ma non tutti a Reggio l’hanno capito. L’Istituto Cervi di Albertina Soliani, che di resistenza se ne intende, ad esempio sì

Eppure, vedere la bandiera rossa dell’URSS del 1945, che era stata riportata nelle città del sud dell’Ucraina con la violenza e con i carri armati russi a fine febbraio, 90 anni dopo l’Holodomor e le purghe staliniane, 66 anni dopo Budapest, 54 anni dopo Praga, 33 dopo la caduta del Muro di Berlino, rotolare di nuovo nella polvere per fare posto alla bandiera ucraina, gialla come i campi di grano e blu come il cielo, fa veramente venire i brividi. E un po’ fa commuovere anche il vostro cronista.

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