Non lo faccio mai. Un po’ perché ho il senso di colpa per aver abbandonato una specializzazione così interessante, scegliendo un lavoro meno faticoso intellettualmente, un po’ perché mi vergogno a pavoneggiarmi su cose del genere.
Su questa vicenda ucraina, invece, non mi contengo. Ho una laurea in Storia americana; cattedra correlatrice: Storia dell’Europa orientale. Tesi sull’interventismo umanitario della Nato nei Balcani. Master sull’Europa centro-orientale e balcanica. Tesi di master sull’allargamento. Per un anno sono stata titolare di una cattedra a contratto all’Università di Trieste sempre sul governo dell’allargamento a Est. Nei miei primi anni di lavoro ho seguito la gestazione di due libri sull’Europa allargata.
Sono un’esperta? No. Non ho neppure una fascinazione culturale smaccata. Però ho studiato tanto, tantissimo, con l’ardore dei vent’anni e la curiosità intellettuale di chi più un tema è intricato, più si incaponisce a capirlo.
E se c’è una cosa che davvero mi provoca profondo smarrimento intellettuale in questi giorni, anzi sgomento, è la sicumera con cui persone verso cui nutro rispetto pretendono di spacciare opinioni discutibili come l'”altra faccia della verità”.
Non ci sono due verità da contrapporre. C’è la verità: nitida, netta. E c’è una tonnellata di menzogne, di argomentazioni fabbricate ad arte sulla scorta di almeno un quinquennio di propaganda organizzata e pervasiva in ogni ganglo del nostro sistema, distinguo pelosi che, anche quando in buona fede, hanno il sapore del giustificazionismo. Non ci sono due “fonti” da confrontare: la Tass o Sputnik non avranno mai la stessa autorevolezza dell’ultimo media libero delle nostre sgangherate democrazie occidentali.
La storia, lo diciamo da decenni, pure con la lacrimuccia, dà torto e dà ragione. E qui c’è chi ha torto e chi ha ragione.
Poi, certo, c’è la complessità. E va esplorata, documentata, compresa. Ma senza mai perdere di vista un dato inoppugnabile. Un popolo è oppresso e un dittatore è l’oppressore. Dell’Ucraina e della sua stessa nazione. Che mentre noi qui stiamo dietro i “né, né” sfida una repressione che ormai ha i tratti del totalitarismo in nome della libertà e, sì, anche della democrazia. Fatevelo un giretto sui canali Telegram dei media indipendenti russi. Nessuno che si chieda se a Mariupol sia stata messinscena. Nessuno che abbocchi a Lavrov e al suo grottesco, kafkiano, stravolgimento della verità.
La storia dà torto e dà ragione. E loro purtroppo lo hanno capito sulla propria pelle prima di noi.
Monica Nardi