Un’alleanza ampia, sostanzialmente totale, è la proposta operativa di Reggio Emilia per rispondere alla povertà, in particolare alle fragilità che sono conseguenza economica e sociale della pandemia, ma anche di una più ampia riconfigurazione del quadro occupazionale, produttivo, tecnologico ed ambientale. Promosso dall’Amministrazione comunale, è stato definito e sottoscritto il Patto di contrasto alle nuove povertà, in linea con il Patto per il lavoro e per il clima, definito nei mesi scorsi dalla Regione Emilia-Romagna, e con l’Agenda 2030.
Con il Comune di Reggio Emilia, ad oggi hanno sottoscritto il Patto di contrasto alle nuove povertà 25 soggetti tra associazioni datoriali e sindacali, Terzo settore, enti di formazione e fondazioni quali: Forum Terzo Settore, Cgil, Cisl Emilia centrale, Cupla, Uil, Cna Reggio Emilia, Coldiretti Reggio Emilia, Confagricoltura Reggio Emilia, Cia–Agricoltori Italiani, Confapi Emilia, Confcommercio, Concooperative Reggio Emilia, Confesercenti Reggio Emilia, Lapam, Legacoop Emilia Ovest, Unindustria Reggio Emilia, Ciofs–Fp Emilia-Romagna, Csl La Cremeria, Demetra Formazione, Fondazione Enaip, Fondazione Simonini, Ial Emilia-Romagna, Ifoa, Irecoop Emilia-Romagna, Aidp Emilia-Romagna. Il Patto è aperto ad altre adesioni.
IL PATTO E IL QUADRO NAZIONALE ED EUROPEO – Lotta alla povertà, riduzione delle disuguaglianze, sostenibilità, inclusione e coesione sono gli obiettivi a cui tende il Patto di contrasto alle nuove povertà, così come la Missione 5 del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), che destina a questa voce complessivamente 19,8 miliardi di euro, e la stessa Agenda 2030.
Come già specificato nel Patto per il lavoro e per il clima regionale, infatti, l’Unione Europea ha reagito al contrasto della crisi economica e pandemica con misure eccezionali, come Next Generation EU.
L’Italia, attraverso il proprio Pnrr, potrà beneficiare di consistenti finanziamenti da destinare a progetti e azioni mirate su cui il sistema territoriale dell’Emilia-Romagna intende svolgere un ruolo primario nella programmazione e nella gestione delle risorse a disposizione.
Reggio Emilia, attraverso il Patto di contrasto alle nuove povertà, vuole essere pronta, con uno strumento attraverso cui definire le priorità su cui orientare le risorse disponibili e condividere gli interventi urgenti e quelli strutturali necessari per rimettere in moto l’economia e la società.
BASE DI PARTENZA – Reggio Emilia non parte da zero: dispone già di 4,5 milioni di euro nel triennio 2021-23, quale dotazione iniziale di risorse (comunali, regionali ed europee) connesse agli obiettivi del Patto. Le linee progettuali, che saranno condivise nell’ambito degli strumenti di governance del Patto, valorizzeranno fra l’altro azioni in cantiere quali: Sportello Lavoro, lo Sportello Famiglie insieme (badanti e baby sitter), il Protocollo Inps e Inail, il Social Net-Distretto di Economia sociale, il Progetto per l’inserimento lavorativo di persone disabili (legge regionale 17 del 2005) nelle strutture del Parco Innovazione.
Si tratta ora di implementare e sviluppare le azioni, e di crearne di nuove.
LA POVERTÀ NON È UN TABÙ – Nell’ultimo anno, il numero di richieste di Buoni spesa pervenute al solo Comune di Reggio Emilia da famiglie aventi diritto si è attestato sulle 7.491 unità, accolte attraverso il primo Bando (5.899) e il secondo Bando (1.592).
Si registrano 6.000 nuclei familiari non conosciuti prima, che hanno chiesto supporto per l’acquisto di beni di prima necessità.
I nuclei beneficiari di contributi per condizione di povertà ammontano a 850.
Il numero di richieste del reddito di cittadinanza 2020 è stato di 1.465 unità.
Il quadro demografico rivela una struttura si per sè fragile. Delle 79.323 famiglie di Reggio Emilia, il 42% è costituita da nuclei mono-personali (quindi potenzialmente più fragili), il 42,4% ha figli e il 17,8% dei ragazzi è di età compresa fra gli 0 e i 18 anni. Il 21% della popolazione ha più di 65 anni.
Il Bilancio 2021 del Comune di Reggio Emilia sviluppa, quale risposta primaria per il Welfare, un incremento delle risorse destinate alle politiche per le famiglie, le fasce più fragili e le politiche educative:
16,3 milioni di euro (più 2,4% rispetto al 2020) per Sanità e Welfare;
1,74 milioni di euro (più 76,2% rispetto al 2020) per il Fondo povertà;
21,5 milioni di euro per il Fondo non autosufficienza;
consolidamento del trend per il Welfare, con 60 milioni di euro;
28,5 milioni di euro per le Politiche educative (più 10,5% sul 2020).
La flessione occupazionale, l’estensione del ricorso agli ammortizzatori sociali con le inevitabili ripercussioni sui redditi familiari, l’aumento del ricorso alla Naspi (Nuova assicurazione sociale per l’impiego) e al reddito di cittadinanza generano e sono indicatori di categorie già prima vulnerabili, a causa delle trasformazioni delle strutture industriali, della variazione delle competenze richieste, della digitalizzazione dei processi.
L’aumento delle disuguaglianze, ancor più quelle di genere, e problemi di natura economica per la perdita o la sospensione del lavoro stanno toccando una quota rilevante di cittadini.
Il timore è che l’aumento del rischio di povertà e di esclusione sociale, l’esplosione della disoccupazione dopo la fine del blocco dei licenziamenti, l’incremento dei Neet (“né studio, né lavoro o formazione” nelle generazioni più giovani) e della precarietà professionale rischino di segnare un’intera generazione, insieme alla progressiva perdita della coesione sociale.
Rispetto ai primi anni Duemila, dove la disoccupazione nel territorio si concentrava sugli utenti in carico ai servizi, storici e cronici, la situazione di oggi risulta molto più complessa e variegata, con margini di amplificazione delle disuguaglianze e di nuove povertà, che interessano:
donne;
working poor (lavoratore con un basso reddito, che non gli permette di tenere il passo con il costo della vita);
giovani inoccupati già percettori di reddito di cittadinanza;
monogenitori senza reti;
persone/famiglie senza reti familiari o parentali che possano essere di supporto all’occupabilità.
Con l’emergenza Covid si sono accelerati inoltre alcuni processi di trasformazione digitale, che hanno ampliato ulteriormente la forbice tra chi ha la possibilità di accedere a servizi/strumenti online e chi non può. Allo stesso tempo, il panorama che si è aperto suggerisce che questi cambiamenti debbano essere colti, governati e ove possibile trasformati in opportunità per i cittadini investendo su progetti di welfare territoriale e rilanciando l’innovazione sociale.
Esistono tuttavia temi che vanno al di là del contingente e pongono in essere nuovi assetti che riguardano l’economia, l’ecologia, le relazioni, l’organizzazione sociale e territoriale, con ripercussioni su tutte le fasce della popolazione.
DALLA CRISI AL PATTO – Per rispondere a questa complessità occorre oggi creare una nuova alleanza con le associazioni datoriali, le organizzazioni sindacali, i servizi per il lavoro, la formazione, il privato sociale, con i professionisti e con le imprese.
Da qui, il Patto di contrasto alle nuove povertà a cui gli aderenti contribuiscono con le rispettive competenze, per contrastare le fragilità e le povertà crescenti, superare la crisi, contribuire a una crescita sostenibile, creare nuovi lavori e nuova occupazione.
LE LINEE DI AZIONE – Le sfide verranno affrontate mettendo in campo progetti capaci di rimanere aperti, adattarsi in corso d’opera al perseguimento di 6 obiettivi operativi per la città:
migliorare l’occupabilità delle persone
promuovere quantità e qualità dell’occupazione
migliorare e adeguare le competenze
favorire l’accesso alle misure di sostegno
migliorare il sostegno alle famiglie per la conciliazione e la condivisione del lavoro di cura
sperimentare nuovi modelli di sviluppo sostenibile e valorizzazione di un distretto dell’economia sociale.
Il Patto di contrasto alle nuove povertà assume come orizzonte temporale il 2024 e rimane aperto ad associazioni, sindacati, ordini o associazioni professionali o soggetti istituzionali del territorio che volessero aderire.