Firenze – Informazione di qualità, focus sulla cultura e le grandi sfide tecnologiche ed etiche che si stanno prospettando e definendo per il nostro futuro prossimo. E’ questo il cuore della nuova rivista online TheDotCultura (www.thedotcultura.it), che ieri ha ufficialmente intrapreso il suo cammino a Firenze, in una sede prestigiosa e densa di spunti ideali e progetti concreti come la Fondazione Circolo Fratelli Rosselli, tenuta a battesimo dall’on. Valdo Spini, presidente onorario di Aici e presidente di Cric, due dei soggetti più attivi nel panorama delle associazioni culturali italiane e delle riviste culturali.
Sede d’eccezione con un testimonial d’eccezione, per l’operazione ideata e sostenuta dall’editore emiliano, amministratore delegato di TheDotCompany, docente universitario e imprenditore di Energee.3 e Energee.4 (imprese produttrici di servizi digitali), Armando Sternieri. Al tavolo alcuni fra i grandi “facitori” della cultura cittadina e non solo: oltre al padrone di casa, Valdo Spini, Anna Loretoni, Preside della Classe di Scienze sociali della Scuola Superiore Sant’Anna del Sant’Anna di Pisa, Severino Saccardi, direttore di una delle più longeve riviste culturali del panorama nazionale, Testimonianze, che s’avvia al suo 65esimo compleanno, oltre naturalmente all’editore, Armando Sternieri e al Direttore del nuovo magazine, Piero Meucci. Moderatore, il giornalista della Nazione di Firenze David Bruschi.
TheDotcultura nasce in un momento di scompaginamento di certezze. “Fino a relativamente pochi anni fa- dice Spini – sembrava fossimo avviati all’ineluttabile tendenza alla depoliticizzazione dei rapporti internazionali a vantaggio di una economicizzazione come portato della globalizzazione. Non so che definizione si possa dare a quella fase, ma a me piaceva considerarla come l’abolizione o l’affievolimento dei confini di spazio e di tempo nell’economia”. L’esplosione del conflitto russo ucraino ha frantumato questa convinzione, rimettendo al primo posto la necessità ci capire e studiare i rapporti internazionali, utilizzando l’ottimo grimaldello della cultura, capace di non dimenticare e offrire all’analisi i patti di Minsk ad esempio, le successive vicende, per dare senso alla situazione odierna. Un’operazione che chiama la politica alla necessità di collegarsi con la cultura, imperativo che “vale anche per i grandi filoni culturali ideali, di cui a un certo punto si è pensato di potere farne a meno. Ed ecco che si scopre che le prossime elezioni europee hanno questa posta in gioco: oggi l’asse portante delle istituzioni europee nel bene e nel male, è quello fra popolari e socialdemocratici, ma abbiamo una Presidente del Consiglio in Italia che ha come obiettivo di rompere questo asse e sostituirlo con uno fra popolari e conservatori. Questa è di nuovo politica, che però cala in una condizione di distacco e assenteismo, e soprattutto di carenza di dibattito politico”.
“Credo che questo ristabilimento di incontro fra cultura e politica sia assolutamente importante per poter parlare di politica ai cittadini e alle cittadine. Sono convinto che imprese come quella di TheDotcultura, che vuole affrontare il tema della cultura in qualità e in qualità cercare di creare una condivisione, sia importante. Oggi si comincia a sentire il bisogno di ricominciare a conoscere, di ricominciare a capire che cosa sono le spinte che stanno muovendo gli avvenimenti intorno a noi, che cosa siano le forze sì strutturali, ma anche ideali e culturali. Quindi, vedo uno spazio e vedo questa radice fiorentina che mi sembra assolutamente promettente in questa direzione”.
E’ giusto non essere arresi al fatto che politica e cultura si stiano parlando poco? “E’ vero ciò che diceva Spini – dice Saccardi, direttore di Testimonianze – esiste questa grave carenza, cui le riviste cercano di dare una piccola risposta, ovvero la sordità della politica rispetto alla cultura, che è uno dei motivi, secondo me, della crisi della politica odierna. Perché la politica oggi è in crisi? Non per i soliti motivi ideologici. Quando i partiti erano partiti, non era l’ideologia, secondo la narrazione che poi se ne fece, l’elemento fondate, ma la pretesa di avere una visione culturale delle cose. La politica che rinuncia ad avere una visione culturale delle cose diventa pragmatismo, puro gioco politico. Se non c’è una visione culturale e strategica delle cose, la politica ha un respiro cortissimo”.
“In questo momento di crisi profonda della democrazia, il ruolo dei periodici online che sviluppano il dibattito è davvero molto importante e possono ricostruire quel rapporto fra politica e cultura che è venuto meno – continua il dibattito la preside Anna Loretoni – Il rapporto fra cittadini e informazione tira in ballo l’uso critico della ragione pubblica che è davvero in questo caso, molto importante”. Quello delle riviste è un compito che aiuta non tanto a informare sulla cronaca, ovvero sugli aspetti più immediati del presente, ma “al formarsi delle opinioni. Un ruolo fondamentale del pensiero critico, che rinforza la possibilità di sviluppare la critica” verso le decisioni che concernono l’interesse pubblico. Su questo rapporto fra politica a cultura è necessario “fare una distinzione fra silenzio degli intellettuali e ruolo residuale degli intellettuali”. Ad oggi, “non si può parlare più del ruolo organico degli intellettuali, ma sono molti gli intellettuali che parlano molto, attraverso riviste, la partecipazione ai programmi, momenti particolari in cui la politica li chiama. Il problema è che la politica li chiama sempre meno”. La politica è infatti afflitta “da presentismo, e non si interessa ad analisi di lungo respiro”. Quindi, la seconda portata del tavolo è il tema del disinteresse “alla politica, frutto di un lungo periodo in cui si è praticato lo svilimento delle competenze e dell’analisi, iniziato con Berlusconi e proprio della prima fase della storia del M5S. E nella Lega”.
Nel sistema populista, gli intellettuali sono considerati pericolosi e “viene loro contrapposta la superiorità morale del popolo, cui non si chiede di sviluppare in maniera autonoma la capacità di giudizio”. L’esaltazione della politica del fare contro la politica del dire e del pensare “configura un percorso di disaffezione della cultura che purtroppo ha lasciato molte tracce”. Ne deriva che la politica non è più frutto di confronto fra posizioni diverse e dati empirici, dice Loretoni, ma si parte dal presupposto che ciò che si deve fare è evidente. “Non c’è bisogno perciò di discutere, basta usare il buonsenso”. Ciò ha molto a che fare con la crisi dei partiti, da cui scaturisce anche il “modello dell’intellettuale ad personam”. “Perciò tutto ciò che in questa fase di crisi questo tipo di riviste può fare è molto importante soprattutto se si parte dall’idea che la democrazia non è solo una forma di governo, ma è una ricca cultura della individualità, la democrazia ha bisogno di cittadini informati, autonomi capaci di esercitare criticamente il proprio diritto”. Conclude Loretoni: “Il sociologo Alessandro Pizzorno pensava allo spazio pubblico democratico come una sorta di laboratorio alternativo e precedente allo Stato dove si sviluppano quelle idee che non sono ancora legge, uno spazio del non conforme, dell’innovazione che è luogo sociale e non istituzionale”.
L’editore Armando Sternieri fa il punto sul lavoro “nuovo” che fonde creatività e competenze informatiche e digitali, che non può fare a meno del sapere e dell’informazione di qualità. Raccontando la storia dell’impresa Energee 4, l’imprenditore e docente universitario di Reggio Emilia mette in luce lo stretto collegamento fra giovani, lavoro e ricerca digitale e informazione di qualità. All’interno del grande gruppo di Energee4 ci sono 50 giovani, 46% ragazze, su 11 dirigenti 8 sono donne.
“Questo è il mondo che sta cambiando, che ha necessità di tanto sapere e tanta cultura, perché per progettare o ideare servizi nuovi, non serve solo la tecnologia, bisogna conoscere l’uomo, sapere quali sono i suoi bisogni. Oltre al fatto tecnico, specialistico informatico, occorre avere saperi differenziati e sociali: in azienda abbiamo due psicologi e 5 filosofi, dal momento che la progettazione dei nuovi servizi non può essere sganciata dalla conoscenza dell’umanità. Il fatto di essere agganciati a tutte queste competenze, fa sì che l’azienda non sia più come le aziende di un tempo, le persone che ci lavorano devono avere tempo”.
Tempo per il pensiero. All’interno del gruppo di aziende di Energee il gruppo di gestione e coordinamento è costituito di 16 persone, 15 sono professori universitari. La necessità è quella di essere sempre in prima fila sugli aggiornamenti del sapere nel suo complesso. “In questo, possono apparire poco pertinenti iniziative come quelle della casa editrice, aperta con una collana di gialli ambientata in Toscana – dice Sternieri – eppure tutto è inglobato dentro un concetto di sapere e conoscenza” inclusivo, perché mette al centro l’umanità. Fra le varie collane della casa editrice madre anche del magazine, quella che si occupa di filosofia e psicologia, con la ripubblicazione di testi importanti come tre fra i libri più importanti di Jervis, altre collane nuove come Mondo, in cui “rappresentiamo la nostra idea del mondo interconnesso e totalmente collegato. Altra, collana fondamentale, quella che si occupa della storia delle grandi imprese che fanno parte della nostra vita quotidiana. Attualmente stiamo traducendo e pubblicando uno dei libri più importanti al mondo per quanto riguarda la storia dei ventures capital, The Power of gold”.
Il distacco fra la cultura e la politica è ben simboleggiato, secondo Sternieri , dal dibattito che si sta animando sulla questione dei cosiddetti cibi sintetici, in particolare la “carne sintetica”. Un distacco che si coglie appieno nelle argomentazioni che vengono date per ostacolare qualcosa che è nato per venire incontro alla “sostenibilità, alla necessità di ridurre le disuguaglianze”, ostacoli che si manifestano in argomentazioni che “non hanno alcun rapporto con quello che invece è l’avanzamento della scienza”. Questo tema del cibo sintetico è “rappresentativo di ciò che vogliamo fare, ovvero dare contributi di divulgazione, come la casa editrice, attraverso una rivista, cercando di avere un prodotto che si colloca a metà fra la lunghezza del libro e la lunghezza del tweet”.
“La maggior parte dei politici e di tante persone si informa col tweet – continua Sternieri – ma il tweet è un tipo di informazione che produce un’argomentazione che esula dal contesto. E’ questo alla base del fenomeno del cancel culture. Cancellare pezzi di storia non è qualcosa che serve alla democrazia. La storia che ci precede va mantenuta per argomentare lo sviluppo e l’evoluzione delle vicende preseti e future”. In tutto questo, fondamentale il buon lavoro del giornalista, anche a fronte del fenomeno, studiato negli anni ’90, che descrive il fatto che, anche avendo a disposizione buone informazioni, “si possono trarre conclusioni errate”.
Lo studio citato da Sternieri mette in luce anche un altro lato della medaglia, ovvero che si può “costituire un ‘élite di persone che riescono a utilizzare” le informazioni in senso corretto, rispetto a una massa che non ha gli strumenti per farlo. “Ciò che dobbiamo riuscire a fare col nostro lavoro e spero con questa rivista – conclude l’editore – è evitare che si crei questo scollamento fra l’ élite che riesce a utilizzare i nuovi strumenti e ad accedere in modo corretto alle informazioni e la gran massa delle persone” che, per ragioni di linguaggio o di mancanza d strumenti, “ne viene esclusa”.
Conclusioni dell’incontro affidate al direttore, Piero Meucci, giornalista di lungo corso con una carriera che va dai giornali nazionali alle agenzie internazionali, capace dunque di cogliere appieno l’evoluzione delle vicende giornalistiche. “Siamo in un punto cruciale del cambiamento della professione, che va dai mezzi di lavoro, alla formazione degli operatori dell’informazione. Siamo sul fronte del cambiamento. Il ruolo del magazine sarà quello di aprire continuamente spunti critici su quanto accade e sulle attività innovative dell’azienda. Uno strumento in un certo senso apripista, che vuole riuscire a dare qualità dell’informazione in settori che richiedono una traduzione dal linguaggio tecnico per giungere a quella “alta divulgazione” di cui ha parlato Anna Loretoni ”.
Stefania Valbonesi per STAMP Toscana