Moustapha ha 44 anni, Milonda, sua moglie, 45. Stamattina, la famiglia El Mohair, completa dei 4 figli, Nadia di 7 anni, Kadija di 15, Fatima di 16 e Ismail di 20, stava aspettando. Un’attesa drammatica, quella che segue uno sfratto esecutivo, quando ogni rumore esterno potrebbe essere l’ufficiale giudiziario. Insieme a loro, un presidio con le bandiere del Sunia e una rappresentanza piccola ma significativa del Movimento di Lotta per la Casa.
Un’attesa che si è conclusa con un sospiro di sollievo, almeno per ora: la famiglia, rappresentata dal Sindacato degli Inquilini Sunia, ha ottenuto in extremis un rinvio di due mesi, fino a novembre.
Casa, per la famiglia El Mohair, è un tugurio di circa 70 metri quadri in via del Leone, nel cuore di San Frediano. Un antro con tracce di muffa sulle pareti, con anche il tetto in stato precario.
Per questo antro, la famiglia El Mohair paga 673 euro al mese; canone che Moustapha da circa un anno non può più pagare. Perché?
Da circa un anno ha perso il posto fisso come operaio edile che gli consentiva di guadagnare 1200 euro al mese. Pagato l’affitto, con una famiglia di 6 persone, quello che restava era poco, ma la famiglia s’arrangiava.
Perso il posto, è cominciato il calvario del lavoro. Moustapha si è tirato su le maniche e ha cominciato a eseguire piccoli lavoretti e impieghi stagionali, come quello attuale che consiste nella raccolta di olive e nella vendemmia, tre mesi presso un’azienda agricola. Di fatto, da 1200 euro, la famiglia è arrivata a circa 500 euro al mese di “reddito”, tanto che i servizi sociali del comune si sono presi carico della situazione del nucleo familiare, vista anche la presenza di minori.
In seguito ai ritardi sui pagamenti, la proprietaria ha ottenuto dal Tribunale delle esecuzioni di Firenze la convalida dello sfratto per morosità. Intanto, tramite il Sunia (Sindacato Unitario Inquilini e Assegnatari) Moustapha aveva partecipato al bando 2010 per l’assegnazione di case popolari: con la certificazione dell’Asl sull’alloggio, antigienico e sovraffollato, ha ottenuto 11 punti entrando nella riserva speciale sfrattati.
Lo scorso luglio, sembra che il miracolo si compia: l’uomo viene chiamato dall’ufficio casa del comune per perfezionare gli atti per una pre-assegnazione di una casa popolare per sé e per i suoi familiari.
Dalla documentazione presentata emerge che l’ufficio stranieri della Questura di Firenze ha recentemente concesso un permesso di soggiorno con durata annuale, a Mustapha e a tutti i suoi familiari, proprio perché lavora da precario con contratti brevi a scadenza determinata.
E il fulmine a ciel sereno, sotto nome di legge Bossi-Fini, si scarica sui malcapitati: dal momento che Moustapha è precario, può ottenere un permesso di soggiorno solo annuale; finchè lavorava con posto fisso, era di due anni.
La legge Bossi Fini prevede che contributo affitto o alloggi sociali vengano assegnati solo a chi gode di permesso biennale.
Tutto ciò nonostante Moustapha abbia fatto richiesta di cittadinanza, visto che vive regolarmente (e in modo stanziale) in Italia da oltre 20 anni.
Quindi: non solo perde l’alloggio popolare, ma, se venisse sfrattato attualmente, l’unica soluzione sarebbe ricoverare moglie e figli minori presso un centro d’accoglienza; lui e il figlio maggiore per qualche settimana presso l’albergo popolare.
Nel frattempo, l’ufficio legale del sindacato ha fatto ripresentare una nuova domanda di soggiorno al capofamiglia. Ma non basta: il sindacato chiede alla Regione di intervenire “con propri provvedimenti per mitigare e depotenziare la norma della Bossi Fini”.
Al Comune chiede l’istituzione di una commissione per l’analisi dei casi di emergenza abitativa composta da ufficio casa, sindacati inquilini, quartieri e servizi sociali.
“Inoltre – conclude il Simone Porzio, coordinatore regionale del Sunia, presente allo sfratto – occorre riaggiornare il compito dell’agenzia comunale per la casa finalizzando le poche risorse disponibili ad interventi economici da versare ai proprietari per la concessione di proroghe all’esecuzione forzata, in attesa (naturalmente per gli aventi diritto) di una soluzione abitativa da parte del comune”.