Energia, Beulcke: “Rendere più popolare scienza e innovazione”

Il presidente di Aris, Alessandro Beulcke, in questa intervista ci aiuta a comprendere il significato della manifestazione, introducendo un'interessante riflessione sulla green economy di cui le energie rinnovabili sono il cavallo di battaglia.

Il vicepresidente della Commissione, Europea Antonio Tajani responsabile per l'industria e l'imprenditoria, tra gli ospiti del Festival dell'energia, sottolinea che questa manifestazione consentirà di parlare di energia in un'ottica sovranazionale. Allo stato attuale delle politiche per l'energia vede più necessario e urgente il ruolo dei governi nazionali e locali, o il ruolo della comunità internazionale?

Dipende sicuramente dalle fonti di energia di cui si parla. Le politiche energetiche necessitano di grandi accordi internazionali, in particolare per l'approvvigionamento di risorse strategiche, come il gas, ma anche il petrolio. In particolare con quegli stati che possiedono vasti giacimenti, come Venezuela, Russia, Ucraina, Algeria e Libia. Per questo se l'Europa parlasse con una sola voce, ne risulterebbe un vantaggio per tutti. Sul piano globale inoltre non dimentichiamo l'energy divide che interessa un miliardo e 400 milioni di persone. E questo è un problema che dovrebbe affrontare la comunità internazionale.
Sicuramente i governi nazionali e regionali possono fare molto. Sul fronte delle rinnovabili, in quanto molto legate alle risorse del territorio e necessitano di reti di piccola e media scala, e anche a livello urbano e metropolitano, progettando e incentivando la smart mobility e la smart city. Del modello smart parleremo il 23 con un workshop e un talk show, e il 25 settembre con due convegni.
Sicuramente l'approccio alle questioni dell'energia deve essere globale e locale, internazionale e nazionale. Le implicazioni superano la dimensione nazionale, si ripercuotono sulle scelte di politica internazionale, coinvolgono le politiche dei governi territoriali e vanno a toccare e impattare direttamente le comunità locali e i consumatori.

E sul nucleare, dal quale derivano gli impatti e i rischi maggiori, anche transnazionali ?
Riguardo al nucleare è impensabile, ad oggi, l'annullamento di questa fonte che conta ben 420 centrali in funzione nel mondo. Sicuramente questo filiera energetica non può prescindere dal coordinamento internazionale.

Il manifesto del Festival è “spiegare l'energia”, renderla comprensibile e chiara ai cittadini, più trasparente anche riguardo ai processi di produzione e ai rischi per l'ambiente. A che punto siamo in Italia con l'informazione e il coinvolgimento dei cittadini sulle questioni legate all'energia?
Occorre fare passi avanti: abbandonare il proselitismo tipico del momento elettorale e i suoi echi sulla stampa, concentrarsi di più sul governare e offrire ai cittadini un dibattito basato sui risultati della scienza e sull'innovazione disponibile. Solo così i cittadini potranno partecipare consapevolmente ai processi decisionali che riguardano l'energia. Dal progetto Nimby forum nel quale abbiamo studiato la sindrome nimby (not in my back yard, non nel mio cortile) in Italia e mappato tutti i conflitti sociali e ambientali generati da impianti industriali, emerge con forza la domanda di “analisi” da parte di tutti i portatori di interessi. I conflitti possono essere generati sia dalla mala politica, sia dalla mala informazione o da un'informazione troppo generica.
Oltre al modello francese del débat public, anche i paesi del nord Europa sono un riferimento in fatto di partecipazione alle questioni dell'energia e dell'ambiente. In Italia c'è da ricordare la prima legge regionale sulla partecipazione emanata dalla Toscana (n. 69/2007), che ha dato un contributo importante alla politica.

La formula del Festival è grande autorevolezza dei relatori e dibattito pubblico. Quest'anno ci sarà Vaclav Smil della Manitoba University, riconosciuto tra i più grandi scienziati del mondo. E numerosi saranno i talk show all'infopoint in piazza della Repubblica. In quali altri ambiti della società civile occorre agire per una cultura diffusa dell'energia ?

Sicuramente è importante incidere sul sistema educativo. Partire dalla scuola dell'obbligo, molto prima  di arrivare all'Università, per educare i giovani ai temi dell'ambiente e dell'energia, e a comportamenti intelligenti soprattutto riguardo al consumo di energia. L'energia tocca ogni aspetto della nostra vita quotidiana. Sull'efficienza energetica ad esempio non si comunica e non si forma abbastanza, e non illudiamoci che in Italia l'alfabetizzazione ambientale sia un problema superato. Perché poi non sviluppare format televisivi, sul modello di Superquark, come spazi di approfondimento e dibattito sulle tecniche e i temi più complessi. C'è bisogno di rendere più popolare scienza e innovazione.

Si parla di green economy, soprattutto quando si parla di energie da fonti rinnovabili. E' uno di quei concetti suggestivi, come a suo tempo lo fu “sviluppo sostenibile”, forse più concreto di quest'ultimo, perché noi tutti vorremmo che la nostra vita fosse più verde. Il suo pensiero ?

I due concetti sono chiaramente collegati, hanno profonde radici nell'economia ambientale. Penso che green economy sia un ottimo titolo sotto il quale ricomprendere tutte quelle politiche e quegli interventi che tengono conto non solo della produzione e dell'impresa ma anche del benessere collettivo. La green economcy è anche una visione della società e della vita, una prospettiva che, attraverso l'innovazione, ci consentirà di transitare ad un futuro migliore, soprattutto se intesa come “economia collettiva”.

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