Sotto l’ultima luna d’inverno, la Camerata.

Nessuna prima donna, o virtuoso a fianco dell’orchestra. L’ospite d’onore era proprio lui.  Günter Pichler ha alle spalle una carriera luminosa e ieri sera ha donato ai suoi ospiti preziose partiture di un eccellente programma musicale. Il maestro ha iniziato la sua carriera al Conservatorio di Vienna giovanissimo. A diciotto anni è stato chiamato a ricoprire il ruolo di primo violino dei Wiener Symphoniker e a 21 anni Herbert von Karajan lo ha voluto come primo violino dei Wiener Philharmoniker. Una folgorante carriera: insegna al Conservatorio di Vienna e nel 1969 vince il Premio Mozart-Interpretation. Nel 1970 fonda il Quartetto Alban Berg cui i quartetti mozzartiani, restano nei miei ricordi, un esempio del suo e loro valore. Più di recente, Pichler nel 1999 e nel 2000 ha diretto concerti in Italia con l’Orchestra della Toscana. Non si è fermato qui, ma oggi ha rinnovato quel passato rapporto con la nostra regione. In programma la sinfonia 39 Hoboken I/ 39. L’originalità di Haydn emerge nella forma e nello stile di questa sinfonia scritta in un periodo fecondo, per il piccolo complesso di Eisenstadt, quando egli era al servizio dei principi Esterhazy (1768 ca.). Una delle tante sinfonie di Haydn, questa, che l’orchestra di Prato ha esposto in modo eloquente, che contende, probabilmente alla Passione (Hob. 1:49) del 1768, la qualifica di prima Sinfonia in minore del compositore. Ciò non è, un semplice rilievo statistico, ma rappresenta, la data battesimale di un'epoca nuova per l’uso delle tonalità minori, fino allora utilizzate. Tema centrale della serata, la sinfonia K 201 in La Maggiore del giovane Mozart, episodio, anche questo, fondamentale per la crescita artistica del genio di Salisburgo. Esiste, quindi, un elemento, per così dire, del concerto di giovedì sera al Politeama che Alberto Batisti, direttore artistico della Camerata, ha voluto mostrare. Tre grandi della musica di tutti i tempi, colti in uno dei momenti fondamentali della loro evoluzione artistica musicale espressa attraverso l’impianto sinfonico. Mozart amplierà gli spazi sinfonici fino allora conosciuti e Brahms, li condurrà molto più avanti. Per questo motivo il Sestetto in Si bemolle maggiore op 18, di Brahms nell’elaborazione per orchestra, chiude brillantemente la trilogia di questa serata. Come per un abito, gli accostamenti dei colori stanno nella medesima misura alle opere scelte, con sfumature differenti, ma ben intonate al gusto. L’ascolto della Camerata diretta da Günter Pichler, ha raccolto un sincero quanto sobrio e lungo applauso del pubblico, folto ed attento, consueto frequentatore di questa compagnia d’artisti.   

Enrico Martelloni
 

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