Ho trovato la risposta. Sin dai tempi dei Medici, i fiorentini sono noti per la loro parsimonia. Però, oggi mentre rievocano gli atteggiamenti della dinastia, dimenticano che a partire da Lorenzo il Magnifico, i Medici davano molto peso alla qualità, ed erano disposti a pagare. Altrimenti, Michelangelo Buonarroti non poteva diventare ricco com’era soltanto grazie alla sua dieta frugale! E’ vero che stiamo vivendo un momento – e speriamo che sia soltanto un momento – di profonda crisi economica. Questo impone frugalità e scelte oculate. Però, a volte, anzi molto spesso, cercando di risparmiare i centesimi si finisce per sperperare le lire (magari le lire!) e, mettere a repentaglio una reputazione. E qui abbiamo la mia spiegazione della storia, alquanto incresciosa della pecorella smarrita. Credo che sia andata più o meno così: bando per la costruzione del sito web “chiavi in mano” che comprendeva la versione inglese; offerte ricevute e valutate; poi l’aggiudicazione – ovviamente all’offerente più basso. E dov’è era il risparmio? Nella versione inglese, che non esiste, c’è semplicemente un collegamento al “traduttore Google”. Click ed è fatto. No, davvero. Negli ultimi giorni ho visitato i siti di diverse università italiane, da Bolzano a Bari, passando per Venezia, Milano, Siena, Perugia, Roma, Napoli, e Reggio Calabria per citarne alcune. Ho trovato tanti pulsanti per “English Version”, e ho trovato i testi in inglese – non in Googlish. Non ho letto tutti in modo approfondito, ma quello che ho visto era più che decoroso. Invece, purtroppo, qui a Firenze c’è veramente da piangere.
Non so dove cominciare: forse dal fatto che l’ateneo fiorentino ha tanti docenti di fama anche mondiale, e ho visto che quelli cui cognomi possono essere sostantivi o aggettivi sono stati “tradotti”. Siamo matti? E se per caso, la macchina ha risparmiato il cognome nell’elenco dei docenti, si è data da fare nei riferimenti bibliografici. C’è una magra consolazione, anche il nome del “responsabile” del sito è stato tradotto – ma forse non sa che la prima regola per l’inglese è: non si traducono nomi propri salvo poche eccezioni, quali Titian (Tiziano), Raphael (Raffaello Sanzio), per esempio. Anche gli indirizzi sono “tradotti”, la facoltà di giurisprudenza si trova ora nella Way of the Pandects (Via delle Pandette per chi la vorrebbe trovare).
Poi, ogni volta che si sposta il cursore la “macchina” chiede se vuoi “migliorare” la traduzione. Quando la “pecorella” è finita sui giornali il mio primo pensiero era “hackers” – sono penetrati nei siti del Pentagono e della CIA, sono riusciti a prelevare 500 mila dollari dal conto del sindaco Bloomberg di New York, quindi entrare nel sito dell’Università di Firenze doveva essere uno scherzo. Ma non c’è bisogno di una Lisbeth Salander: chiunque può modificare qualsiasi cosa, senza lasciare traccia. Un divertimento pazzesco. Questa funzione apre la porta a tutti e a tutto, compreso il sabotaggio.
Chiunque – individuo o commissione – abbia preso la decisione di optare per questa non-soluzione chiaramente aveva in mente soltanto il risparmio immediato. Non ha pensato al costo a lungo termine, e soprattutto non si è resto conto dell’aura di provincialismo che ha fatto scendere sull’università e soprattutto su Firenze. Meglio nulla che questo che c’è.