Lucca, terremoto Baccelli in casa Pd

Che succede a Lucca?
Tutti d’amore e d’accordo, tutto il Pd unito dietro quello che poteva ben essere considerato il suo candidato naturale alle prossime amministrative per la corsa a sindaco, quell’Alessandro Tambellini che dopo avere perso per un soffio le primarie scorse vinte dal candidato ufficiale del partito (con l’ok delle gerarchie romane) Andrea Tagliasacchi (scelta che permise poi l’elezione senza colpo ferire del candidato di un pur disastrato centrodestra Mauro Favilla) era stato presentato dallo stesso partito come l’unico, il solo, il candidato senza se e senza ma del centrosinistra.

Tutti d’amore e tutti d’accordo finchè non irrompe sulla scena Stefano Baccelli che, come Pierino la peste, interrompe l’idillio, punta i piedi e dice: “No, ci sono io”.

Tu? Sembra rispondergli attonita una consistente parte del Pd lucchese e regionale. Ah, tu … risponde con soddisfazione un’altra parte del pd lucchese e regionale.

Già, Stefano Baccelli. Un Baccelli che dopo aver ingoiato la bastonata del preside (un certo Monti, per intendersi) che ha deciso di sopprimere le province nel 2012 e le poltrone nel 2016, improvvisamente ricorda che esiste l’istituto delle primarie e che il momento è propizio per il blitz: a pochi mesi dal termine della campagna elettorale, si propone ostentando appoggi e evviva di una parte del Pd. Tutti i partiti della sinistra invece (e non è da sottovalutare) gli rispondono picche.

Fin qui il racconto dei fatti.
Ma cosa ci può essere davvero sotto questo improvviso voltafaccia di Baccelli? E’ lo stesso Baccelli, vien da chiedersi, che andò in pompa magna e grandi sorrisi all’inaugurazione del comitato elettorale dell’ “amico” (compagno è un po’ troppo) Tambellini?

Per esser lui è lui. Ma c’è da supporre che di improvvisato, in questa operazione che lo vede entrare in campo con grancassa e fiati al seguito, non ci sia proprio niente.

Innanzitutto, la prima cosa che colpisce, è la “congruenza” del personaggio con l’onda renziana che monta da Firenze. Appartenenze simili, quell’area che un tempo era la corrente “progressista” della balena democristiana e che ora, inglobata nel Pd, sembra essere attratta da osmosi incontrollabile verso quell’altro pezzo che va dal centrosinistra al centro fino alle prime propaggini del centrodestra. Tant’è vero che è lo stesso Baccelli a dichiarare in pubblico che lui sì, che verrebbe votato dal centro. Sì, ma anche il professor Tambellini non è certo noto per essere un pericoloso estremista di sinistra.

Dunque, cosa succede a Lucca?
Come spesso accade, forse è dall’esterno che arriva qualche aiuto a comprendere. Forse la strada si sta preparando per uno sbarco terzopolista, centrista, casinista (scusate l’assonanza), montezemoliano, baudoniano dentro le mura della Pantera.

In perfetto vecchio stile, lanciando un richiamo ineludibile ai vari dc sparsi di qua e di là, l’armata di Casini si prepara a entrare in Lucca. Ma per la porta principale: scartata quella ormai troppo compromessa col vecchio berlusconismo e portando in pancia anche qualche finiano in guerra disperata con gli ex-camerati che a Lucca sono stati tutti  presenti nella morsa di governo che ha stritolato la provenienza “civica” di Favilla, è il centrosinistra il vero cavallo di Troia della balena bianca rediviva e mai così in forma, come insegna Matteo il Giovane nelle sue stanze fiorentine. Dove, sia detto per inciso, strane maggioranze sostengono le privatizzazioni di youthful Renzi (come lo chiama il NYT): dal Pd all’Udc passando per Fli.

 

Ma se tutto questo fosse vero, Alessandro Tambellini diventa improvvisamente un peso.
Perché?
Non è un estremista di sinistra, il professore. Certo, non lo è, è tutt’altro e tutta la sua storia politica ne fa fede. Però, una cosa ce l’ha: Alessandro Tambellini, pur nella sua Lucca che gli ha tributato sempre un credito bipartisan di persona onesta e lontana da bizantinismi politici, è tuttavia un uomo di rottura.

Un lucchese profondamente lucchese e tuttavia un out-sider. Non appartiene a consorterie, che si sappia. Non è dentro strutture di potere. Non deve niente né al suo cognome, né a favori fatti o resi. Rischia di non essere controllabile, di portare la rottura di schemi di potere consolidati da decenni.
Tutto ciò viene incontro a una certa stanchezza trsversale della città verso giochi sempre uguali e nomi sempre ricorrenti. Verso baronie (vecchie o rinnovate) sempre in piedi, qualsiasi sia il vento.

Domani si saprà. Si saprà se il partito (come per ora sembra) farà quadrato intorno a Tambellini, scacciando le sirene del terzopolo centrista. Si saprà se Baccelli (o chi intorno a lui) insisterà per le primarie a tutti i costi, pur rischiando di spaccare il partito e ripresentarsi divisi nei confronti di un centrodestra che (ancora un volta!) si potrebbe ritrovare nella condizione di chi ringrazia e porta un cero al Volto Santo. 

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