Pisa – È una collaborazione che ha al centro lo scavo archeologico del sito di Misis e che, per il prossimo futuro, svilupperà programmi di ricerca e di lavoro con un ruolo pilota dell’Università di Pisa. Sono questi i contenuti della cooperazione che l’Ateneo pisano definirà con la Turchia in occasione dell’incontro con le due delegazioni in visita a Pisa dal 16 al 18 dicembre, una dell’Università di Çukurova (Adana), guidata dal rettore Mustafa Kibar, e un’altra della Municipalità di Yüreğir, nella stessa provincia di Adana, guidata dal sindaco Mahmut Çelikcan. Avviato nel 2012, lo scavo di Misis è condotto da un gruppo italiano guidato da Giovanni Salmeri dell’Università di Pisa e da Anna Lucia D’Agata, del CNR-Istituto di Studi sul Mediterraneo Antico, in collaborazione con il Municipio di Yüreğir e il Museo Archeologico di Adana.
«Quella di Misis è un’area archeologica protetta di primo grado – spiega il professor Salmeri – Oggi il sito dell’antica città, i cui resti sono ancora in molti tratti visibili, è occupato da una popolazione di 5000 abitanti che vivono in circa 800 case. Una tale ‘occupazione delle rovine’ non corrisponde ai moderni criteri di tutela e valorizzazione dei siti archeologici, e per ovviare a tale situazione il Municipio di Yüreğir ha lanciato nel 2012 il progetto ‘Misis città di eterna vita’ (Ölümsüzlük Şehri Misis). Esso prevede da un lato la riqualificazione del centro con opportuni interventi di carattere urbanistico ed economico e dall’altro l’avvio dello scavo e della progettazione di un parco archeologico e culturale nell’ambito di un’ampia collaborazione italo-turca».
La presenza del fiume Ceyhan e la posizione di controllo su una delle principali rotte di comunicazione tra l’altopiano anatolico e la Siria e il Levante hanno contribuito in modo determinante alla storia di lunga durata e alla precoce urbanizzazione del sito di Misis. Sviluppatasi su un terrazzo antico che domina il corso del fiume, lo höyük (collina artificiale) di Misis ha restituito le tracce di un insediamento neolitico e calcolitico, il più antico finora venuto alla luce nella piana inferiore del Ceyhan. Alle deboli testimonianze dell’età del Bronzo fa seguito la massiccia frequentazione nella media età del Ferro (IX-VII secolo a.C.), quando Misis conosce un’autentica esplosione insediamentale. Entrata nell’orbita del potere romano nel I secolo a.C., la città, allora chiamata Mopsuestia, assunse man mano le caratteristiche di un grande centro dell’area orientale dell’impero, che dopo la fondazione di Costantinopoli nel 330 d.C. restò inserito per quasi trecento anni nell’orbita bizantina. Con il VII secolo d.C. la città, adesso chiamata Al Massisa, venne trasformata in fortezza e sino al XIV secolo furono frequenti i suoi passaggi di mano, dai Bizantini agli Arabi, ai Turchi, ai Crociati. Sotto l’impero ottomano infine prese il nome di Misis.
Aperto all’estremità sud-occidentale della sommità e sulle pendici immediatamente sottostanti, in un’area strategica per il controllo della piana inferiore del Ceyhan e delle vie di comunicazione verso est e verso ovest, lo scavo di Misis si pone come uno dei più importanti della Turchia sud-orientale: «L’area indagata, che supera ad oggi i 1000 metri quadrati, ha restituito infatti una imponente sequenza stratigrafica che va dall’età contemporanea al IX-VIII secolo a.C. e documenta le trasformazioni nella funzione che il centro conobbe nei secoli – aggiunge il professor Salmeri – Le strutture messe in luce mostrano che se in età medievale l’höyük aveva la fisionomia di area fortificata, in età ellenistica e romana era occupato da un’area abitativa che doveva includere anche un importante santuario. L’individuazione infine di enormi edifici in mattoni crudi, che risalgono all’VIII secolo a.C. – il cui scavo è attualmente in corso – è certo il dato di maggiore rilevanza: i resti della città neoittita di Misis vengono così lentamente alla luce».