Toscana e usura criminale, fenomeno sommerso presidio delle cosche

Firenze – È meglio fallire che rivolgersi a un usuraio, meglio veder morire la propria attività piuttosto che affidarsi alla criminalità e rimanerne strozzati. Nicola Gratteri, Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria, ne è convinto e lo ha ribadito più volte al convegno di stamattina al polo di scienze sociali, organizzato dall’Assessorato alle politiche sociali di Firenze e dal centro interuniversitario di sociologia politica.

Lo strozzinaggio di quartiere esisterà sempre, è un “fenomeno ancestrale”, ma il problema più serio risiede nella criminalità organizzata. Le mafie utilizzano l’usura non tanto come forma di finanziamento, poiché non ne hanno bisogno, ma come strumento di riciclaggio e di giustificazione delle proprie attività illecite. Se il negozio fallisce per l’incapacità di pagare gli interessi, le organizzazioni lo spingono a vendere a un prestanome e ne acquisiscono la proprietà: a questo punto si innesca un sistema di vendita fondato su ricevute false, battute in cassa all’infinito, in modo da giustificare al fisco l’ammontare di ricchezza acquisito con il traffico di droga: ogni cassa diventa uno “scontrinificio”.

Dall’usura non si esce o si esce raramente, come dalla tossicodipendenza: occorre la presenza di un pubblico ministero sensibile e capace di cogliere i dettagli che si annidano nella mole di carta di assegni e ricevute – PM non semplice da trovare, dato che le indagini sono soggette a molti errori dettati dalla fretta, spiega Gratteri – e soprattutto occorre il supporto di un’associazione: il volontariato assume un ruolo centrale nell’ascolto e nel sostegno, non solo economico, talmente centrale che “senza le associazioni non riusciremo a fare nulla”. Convincere l’usurato che se ne può uscire è difficilissimo, perché la persona è ormai “un pugile suonato”, tramortito e distrutto dalle continue minacce, dalle telefonate in piena notte, da una famiglia che gli si disgrega attorno. Se ne può uscire solo rivolgendosi alle persone giuste.

I dati toscani sono allarmanti. In questa regione è la ‘ndrangheta ad essere più attiva, la più ricca grazie al traffico di droga, ma la presenza si estende a tutte le mafie che “cercano di comprare tutto ciò che è in vendita da Roma in su” per praticare il riciclaggio. Si parla di 8000 commercianti toscani coinvolti solo nel 2009, e le denunce sono sempre troppo poche: una ventina. Il centro interuniversitario ha elaborato un rapporto di ricerca che evidenzia come “il fenomeno usuraio in Toscana sia radicato e diffuso”, con una commistione di usura e criminalità organizzata, intrecciata alla diffusione del gioco d’azzardo e alla gestione di locali notturni. La Toscana “si configura come una regione cuscinetto rispetto alle strategie di infiltrazione della criminalità organizzata”. I territori più colpiti: Isola d’Elba, Lucca e provincia, la Versilia, Viareggio, la Valdinievole, il circondario di Montecatini, il comparto orafo dell’aretino. Ma “il fenomeno si estende alle province di Livorno, Prato e Firenze”.

L’elemento poco noto sottolineato da Gratteri è la strategia di sostegno praticata dalle organizzazioni tramite l’usura, che si configura come parte di un sistema di “welfare” in cui si praticano tassi d’interesse più bassi rispetto alle banche praticando una sorta di concorrenza: si viene a creare “non solo un binario economico, ma un binario di sostegno”. Tutto questo per praticare una strategia di penetrazione del territorio, anche eludendo la costituzione di reato.

 

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