“Non è il tempo della lentezza della conoscenza, – prosegue Ranaldi – è il tempo dell’affermazione che brucia idee sul rogo informatico e indica il Luogo. Non si vuole indicare la centralità di un cortile, l’Axis è accadimento cosmico, nientemeno, e gli tocca invece confrontarsi, non solo col disegno nobile del palazzo, ma anche con la rastrelliera piena di biciclette sotto il porticato. La funzione terrifica della sua convulsa bellezza senza sconti gli fa ambire di suscitare stizza nei cittadini e la necessità di una rimozione. Nella sopravvenuta età dell’epigonismo tanto costa la responsabile perentorietà di indicare il Centro.
Conoscendo, risparmio agli altri la fatica e il dolore connessi alla conoscenza: di questo dovrebbero essermi grati quando dimostro di avere eliminato la prova oggettiva dell’applicazione manuale con un’edificante bugia che ne ha preso il posto. E’ la condizione scaturita dall’accordo coatto fra l’assialità e il desiderio perturbante di negarsi a una funzione. Ma la ribellione è fittizia come lo scintillio di un pezzo di vetro che vuol passare per un diamante: è la verticalità, cocciuta e solida come sempre, che s’impone e sviluppa il suo discorso: dipende da se stessa. L’ovvietà sacra dell’Axis sta di casa in ognuno, per fortuna c’è la devianza del fuoriasse che fissa la nuova regola secondo la quale devi leggere il feticcio come un racconto, senza forzare troppo l’attenzione e, casomai, se incontrassi qualche difficoltà, fare finta di nulla.
Fare vuol dire covare la potenzialità del divenire storia che è come la depressione, è dietro l’angolo; tutti rischiamo di essere bollati come dato storico, purtroppo. Ti salvi se fai il proprio dovere: non adempiere alla verità per non morire di questa – vedi l’unilateralità scandalosa del vero.